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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE D
’IRLANDA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 26 settembre 1992

 

Vostra Eminenza,
Cari fratelli Vescovi,
“Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo”
 (2 Cor 1, 2).

1. È una grande gioia per me ricevere voi, Vescovi d’Irlanda, in occasione della vostra visita “ad limina” e di condividere con voi questo momento di comunione fraterna ed ecclesiale. Quando i vescovi di una regione o di un Paese particolare vengono congiuntamente a pregare sulla tomba del Principe degli Apostoli e a incontrare il Vescovo di Roma, danno tangibile espressione dei vincoli di fede e di amore che uniscono tra loro le Chiese particolari ed esse alla Sede apostolica. La vostra visita “ad limina” è un segno concreto e tangibile dello spirito collegiale che è “l’anima della collaborazione tra i Vescovi a livello regionale, nazionale e internazionale” (Dichiarazione Finale della Sessione Straordinaria del Sinodo dei Vescovi 1985, II, 4). Desidero incoraggiarvi a continuare a lavorare insieme nella Conferenza Episcopale, condividendo le responsabilità del vostro ufficio, sostenendovi l’un l’altro in amicizia fraterna, e promuovendo quella apertura ai bisogni della Chiesa intera per cui la Chiesa irlandese è rinomata. Una Conferenza ben organizzata ed efficace assicura che i vostri sforzi, attraverso un costante interscambio di idee e di risorse siano meglio coordinati e quindi più fruttuosi. Essa può essere un magnifico strumento di evangelizzazione, divenendo fonte di dinamismo nell’affrontare le sfide e incombenze del vostro ministero.

2. Come successori degli Apostoli, vicari e ambasciatori di Cristo nelle vostre diocesi (cf. Lumen gentium, 27), siete consapevoli della vostra personale responsabilità dinanzi a Dio stesso. Voi siete stati chiamati ad essere i vigilanti guardiani posti a guardia della casa del Signore (cf. Ez 3, 17). Cristo vi ha mandati a predicare la Parola di vita “in ogni occasione, opportuna e non opportuna” (2 Tm 4, 2), mai arrendendosi alla falsa “sapienza che non è di questo mondo, né ai dominatori di questo mondo”(1 Cor 2, 6), specialmente quando c’è il pericolo che alcuni “rifiutino di dare ascolto alla verità rivolgendosi alle favole” (1 Cor 4, 4). Più di ciò, voi siete “servi di Cristo e dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). Soprattutto voi siete i buoni pastori che conoscete il vostro popolo (cf. Gv 10, 14), e che siete da lui conosciuti: cioè, voi vi sforzate di essere meritori della fiducia e dell’obbedienza religiosa con cui la comunità dei fedeli ascolta quando percepisce che la voce del pastore è la voce del Signore stesso: “essi conoscono la sua voce... essi non conoscono la voce di stranieri” (Gv 10, 4-5). Dalle vostre relazioni e dalle nostre conversazioni ho avuto chiara conferma del vostro profondo amore per il popolo di Dio che servite nel nome di Gesù Cristo. Le vostre Chiese particolari sono abbondantemente benedette con sacerdoti, religiosi e laici, uomini e donne, che non solo vivono la loro fede con costanza esemplare ma che fanno un notevole lavoro in ogni forma di apostolato e di servizio ai giovani, ai malati, agli anziani e a coloro che si trovano in ogni forma di bisogno materiale e spirituale. Per me, parlare del vostro ministero pastorale è, prima di tutto, tenere in considerazione e ringraziare il Signore per i molti aspetti positivi e fruttuosi della vita cattolica nel vostro Paese. Il pensiero del caro popolo cattolico d’Irlanda mi richiama alla mente i sentimenti espressi da San Paolo: “Ho grande fiducia in voi; sono molto orgoglioso di voi; sono colmo di conforto” (2 Cor 6, 4).

3. La vostra visita “ad limina” coincide felicemente con la Beatificazione dell’Arcivescovo Dermot O’Hurley, di Francis Taylor, di Margaret Ball e dei loro compagni Martiri. I tempi sono cambiati dall’oscuro periodo in cui la professione di fede era spesso ostacolata con l’imprigionamento, con la tortura e con la morte. Ma l’essenza della loro testimonianza, la loro fedeltà a Cristo e alla Chiesa, è sublimemente rilevante oggi. I Martiri sfidano la fede che voi e la vostra gente professate come eredi delle verità per le quali essi hanno offerto le loro vite. Essi stimolano la vostra fedeltà a Cristo, che è egli stesso “Il testimone fedele” (Ap 1, 5). La loro intercessione e il loro eroico esempio servono come punti di riferimento per l’impegno e la generosità con cui siete personalmente chiamati ad adempiere al ministero episcopale: la beatificazione dei martiri ci ricorda dell’“unica cosa necessaria” (cf. Lc 10, 42), ed è fonte di incoraggiamento per tutti coloro in Irlanda la cui vita cristiana generosa e fatta di donazione è pegno di amore divino e migliore garanzia di una società fondata sulla giustizia, sulla verità e sull’amore.

4. I quesiti sulla vostra responsabilità aumentano con la crescente complessità della vita moderna. Non solo ci sono maggiori opportunità di manifestare l’amore del Buon Pastore nella sollecitudine e nella solidarietà con le persone nel bisogno; c’è anche una sfida primaria di proclamare efficacemente il messaggio del Vangelo di salvezza nel nostro Signore Gesù Cristo ai nostri contemporanei in ciò che talvolta è definito il “mondo post-moderno”. La nuova evangelizzazione di cui ho spesso parlato implica, da una parte un rinnovato zelo missionario per predicare la Parola di Dio a coloro che non l’hanno ancora udita. Il “mandato missionario” di Cristo è di validità permanente e universale, e io spero e prego che le future generazioni degli Irlandesi non abbandonino l’ideale missionario che ha caratterizzato la Chiesa del vostro Paese. D’altro canto, in un ambiente tradizionalmente cristiano, la nuova evangelizzazione chiama a una migliore proclamazione e una migliore catechesi, capace di rispondere alle difficoltà poste da una “cultura” che ritiene che la verità religiosa debba essere confinata nel regno delle opinioni personali, in favore di una “neutralità” e di un “secolarismo” che, per dire il meno, costituiscono un’idea di minoranza per quanto propagandata. In questa prospettiva, la nuova evangelizzazione non può essere diretta meramente a difendere la vita cristiana trasmessaci dalle generazioni passate: La Parola di Dio deve essere annunciata con nuovo vigore in ogni tempo. Ciò di cui c’è bisogno è una più efficace trasmissione del messaggio cristiano con gli argomenti e con l’esempio; in altre parole, per mezzo di una vera e completa presentazione della fede, sostenuta da una convincente testimonianza di santità, giustizia e amore. In questo grande compito è certamente Dio che dà la crescita, ma egli fa affidamento sugli apostoli che attivamente piantano ed irrigano (cf. 1 Cor 3, 6). Questo vigore nell’adempiere al compito apostolico dovrebbe essere nella preoccupazione di ogni pastore, il soggetto delle sue preghiere e degli urgenti appelli che lancia alla comunità ecclesiale.

5. La Chiesa in Irlanda è ricca di personale, doni e carismi. Come comunità di fede è stata sfidata a rispondere alla richiesta di una più solida cultura cristiana. Un Piano pastorale coordinato può aiutare a dirigere e a focalizzare gli sforzi. Un Piano pastorale non può sostituire l’impegno personale, ma può aiutare a identificare le aree bisognose di attenzione pastorale specifica: la famiglia; la difesa della vita umana; scuole e università; valori etici nella vita privata e pubblica, nei mezzi di comunicazione sociale; speciali categorie nella società. Esso può assicurare un uso migliore delle risorse spirituali e apostoliche: può rilasciare nuove energie, favorire nuove iniziative, promuovere nuovi approcci. Esso dovrebbe dare spazio ed impulso a tutte quelle energie che lo Spirito Santo fornisce alla comunità, in particolare attraverso le associazioni e i movimenti laici o attraverso le attività che rispondono ai bisogni dei giovani. In Irlanda tali energie non mancano, ma hanno bisogno di guida, supporto e incoraggiamento. Un piano pastorale dovrebbe assicurare che una buona ed efficace catechesi è garantita a ogni livello. Inoltre, la distinzione tra catechesi e generica istruzione religiosa richiede un attento addestramento degli insegnanti che non solo hanno una profonda comprensione delle fede che devono trasmettere e delle abilità pedagogiche e metodologiche di cui hanno bisogno, ma che posseggono anche una profonda maturità umana e cristiana, una profonda comprensione della gente e dell’ambiente culturale, e che positivamente e gioiosamente condividono la vita della comunità ecclesiale. Approfitto di questa opportunità per rendere omaggio agli insegnanti cattolici irlandesi. Il loro impegno nel trasmettere ai bambini il prezioso dono della fede è un’immensa risorsa per la Chiesa del vostro Paese. Le scuole cattoliche con il loro ethos pervaso di valori spirituali e morali danno un insostituibile contributo al benessere della società.

6. Siamo tutti consapevoli che oggi c’è una tendenza a guardare la Chiesa come una struttura puramente istituzionale, priva del suo mistero. Per questo ho scritto nella recente Enciclica Redemptoris missio: “La tentazione oggi è di ridurre la cristianità a una sapienza meramente umana, una pseudo-scienza di benessere. Nel nostro mondo pesantemente secolarizzato “ha luogo una graduale secolarizzazione della salvezza”, in modo che la gente si sforza per il bene dell’uomo, ma di un uomo che è troncato, ridotto a una dimensione puramente orizzontale” (op. cit., 11). I Vescovi, in primo luogo, hanno una responsabilità nel mostrare che la salvezza recata da Gesù Cristo abbraccia l’intera persona ed è inseparabile dalla misteriosa prospettiva della filiazione divina (cf. Ivi). A tal riguardo la Chiesa in Irlanda può intonare un gioioso inno di gratitudine al Signore per la santità di vita, per la profonda vita di preghiera, per la solida pratica sacramentale, e per la gentilezza e l’amore generosi di molti dei suoi membri. In molte delle vostre Diocesi c’è un aumento dell’adorazione eucaristica. L’Eucaristia, come dice il Concilio, è la fonte e il vertice di tutta la vita della Chiesa (cf. Lumen gentium, 11). Una spiritualità centrata sull’Eucaristia ci aiuta ad essere consapevoli del perenne potere del Vangelo, “il potere del Dio della salvezza” (Rm 1, 16), che, diversamente dalle ideologie transitorie e cangianti, è sempre capace di ispirare nuova vita e vigore ai cuori umani, in ogni circostanza storica.

7. Come Pastori di anime siete completamente consapevoli che i mali della società contemporanea minacciano la vita e i valori familiari. In molte occasioni avete fatto dichiarazioni individuali e collettive su questa materia, mirando spesso a rendere i responsabili della vita pubblica più consci della fondamentale importanza della famiglia per il bene della società. Quando la famiglia è indebolita, la società declina verso la confusione e il conflitto. Né la società né lo Stato possono sostituire l’influenza formativa ed educativa della famiglia. Difendere la famiglia, cioè l’istituzione basata sulla natura umana e sui bisogni più profondi della persona umana, come la “prima e vitale cellula della società” (Apostolicam actuositatem, 11) e il baluardo della civilizzazione, è un compito imperativo per i rappresentanti politici della società. Fare ciò non è, come taluni potrebbero affermare, promuovere una posizione cattolica “unilaterale”. Una simile considerazione può essere fatta circa il grave problema dell’aborto. Il Concistoro tenuto dal 4 al 6 aprile 1991 sulla materia delle minacce alla vita umana ha chiamato l’intera Chiesa universale alla coraggiosa difesa della vita, una difesa che impegni e sfidi le coscienze di tutti. Allo stesso tempo dev’essere chiaro che la ragione contro l’aborto non è solo basata su dati di fede ma anche sui principi dell’ordine naturale, includendo le vere ragioni dei diritti umani e della giustizia sociale. Il diritto alla vita non dipende da una particolare convinzione religiosa. Esso è un diritto primario, naturale e inalienabile che sgorga dalla stessa dignità di ogni essere umano. La difesa della vita dal momento del concepimento fino alla morte naturale è la difesa della persona umana nella dignità che è sua propria per il solo fatto di esistere, indipendentemente dal fatto che questa esistenza sia pianificata o ben accetta dalla persona da cui scaturisce. Ogni riflessione su questo serio problema deve iniziare dal chiaro presupposto che l’aborto procurato significa prendere la vita di un essere umano già esistente. Fare proprio questo principio e collocarlo democraticamente nella Costituzione e nelle leggi dello Stato non implica insensibilità verso i diritti degli altri, incluse le madri che si trovano in situazioni difficili e complesse. La vita della madre e la vita del nascituro sono ugualmente preziose e vanno ugualmente difese. Non ci può essere “diritto” ad uccidere un essere umano già esistente per quanto non ancora nato. Allo stesso modo, non ci può essere giustificazione dal punto di vista morale nel diffondere informazioni il cui scopo è facilitare l’uccisione di nascituri. Nella vostra recente “Dichiarazione sulla sacralità della vita umana” avete giustamente fatto appello ai fedeli affinché essi appoggino e siano comprensivi verso le donne in situazioni difficili, e avete riaffermato il vostro impegno pastorale nel garantire ogni forma di assistenza e aiuto attraverso Cura e organizzazioni simili. In questo modo la comunità ecclesiale dimostra effettivamente la pietà di Cristo e la sua salvezza.

8. Cari fratelli Vescovi, molti altri aspetti del vostro ministero meritano considerazione. Abbiamo parlato di alcuni di essi in privato, e voi avete discusso di essi nelle vostre visite ai vari Uffici della Santa Sede. C’è un punto tuttavia che non posso tralasciare. Sono certo che ogni giorno rendete grazie a Dio per l’impegnato ministero e la vita esemplare dei vostri sacerdoti. Essi sono uomini di fede e amore, profondamente consapevoli che essi “esistono e agiscono per proclamare il Vangelo al mondo e per edificare la Chiesa in nome e nella persona di Cristo Pastore Supremo” (Pastores dabo vobis, 15). È la loro identificazione con il mistero di Cristo e della Chiesa che ispira nei fedeli fiducia al loro ministero. È estremamente importante che essi siano sempre vicini al popolo di Dio che servono, specialmente agli umili, ai malati, ai bisognosi, alle persone colpite dalla violenza. I sacerdoti non sono immuni dalle particolari difficoltà che una società consumistica pone sulla strada di coloro che cercano una vita di santità e di autodonazione. Sono fiducioso che un’attenta lettura dell’Esortazione apostolica postsinodale Pastores dabo vobis garantirà a voi e ai vostri sacerdoti lo stimolo per promuovere quella “continua conversione” che è l’essenza della fedeltà e della efficacia evangelica (cf. op. cit., cap. VI). Approfitto di questa opportunità per incoraggiarvi a continuare a promuovere un intenso programma pastorale per sostenere le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Nella vostra apertura ai bisogni della Chiesa universale vi chiedo anche un’attenzione speciale per la vocazione missionaria, seguendo la magnifica tradizione irlandese. La vostra sollecitudine personale verso le vocazioni e la formazione dei vostri seminaristi è un compito basilare del vostro ministero episcopale, e raccomando alla vostra sollecita attenzione la Visita apostolica che, in linea con simili procedure in altri paesi, la Congregazione per l’Educazione Cattolica sta preparando per l’Irlanda.

9. La situazione in Irlanda del Nord continua ad essere per voi una grave preoccupazione. Mentre noi speriamo e preghiamo per i progressi politici verso la fine della violenza, e incoraggiamo coloro che lavorano a questo scopo, lo sforzo incessante della Chiesa deve essere quello di predicare ad alta voce il Vangelo della riconciliazione (cf. 2 Cor 5, 19) e di offrire una attenzione particolare ai problemi pastorali e alle condizioni di vita che rendono difficili da ottenere la giustizia e la pace. I vostri continui sforzi per promuovere buone relazioni ecumeniche tra le Chiese e le comunità in tutta l’Irlanda sono un importante contributo all’opera di riconciliazione e di pace.

Gesù Cristo ci dice: “Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente” (Ap 1, 17-18). È questo Gesù, divino e incarnato, che la Chiesa presenta all’umanità oggi come sempre. Egli è la via per l’umanità (cf. Sant’Agostino, Tract. in Ioannem, 34, 9). Egli è la ragione della nostra fiducia, la fonte del nostro zelo missionario e apostolico perché “tutte le cose sussistono in lui” (Col 1, 17). Lavoriamo alacremente per il “nuovo Avvento” (Redemptor hominis, 1) che deve contrassegnare la fine del Secondo Millennio cristiano e l’inizio del prossimo. Questo evento, che acquista particolare significato alla luce del mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio, costituisce “un appuntamento” per la Chiesa intera. Possa la Chiesa in Irlanda celebrare questo giubileo con la sua fede intatta e con il suo indefettibile amore! Maria, Regina della Pace, guidi voi e i fedeli sacerdoti, religiosi e laici dell’Irlanda! I beati martiri intercedano per voi! Con la mia apostolica benedizione.

 

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