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VIAGGIO APOSTOLICO A ZAGABRIA

CERIMONIA DI BENVENUTO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Aeroporto Internazionale di Zagabria - Sabato, 10 settembre 1994

 

Signor Presidente della Repubblica,
Signori Rappresentanti del Governo,
Signori Rappresentanti delle Comunità religiose non cattoliche,
Signor Cardinale e Fratelli nell’Episcopato,
Carissimi cittadini della Croazia!

1. Nel momento in cui, per la prima volta, metto piede sul suolo croato e lo bacio con commozione, mi è gradito indirizzare un affettuoso saluto a questa amata Terra e a tutti coloro che vi abitano.

Ma il mio saluto va anche più lontano: va verso la Bosnia ed Erzegovina, va a Sarajevo, la città martire che era mio ardente desiderio visitare come pellegrino di pace e di speranza. Volevo portare alle martoriate popolazioni che colà vivono una parola di conforto e di solidarietà, ponendomi anche fisicamente al loro fianco. Da troppo tempo la guerra infuria in una terra i cui abitanti erano abituati da secoli a rapporti di reciproca tolleranza e di collaborazione esemplare.

Per fermare la sanguinosa guerra fratricida ho tentato ogni via, ho bussato ad ogni porta. Anche la progettata visita dello scorso 8 settembre intendeva collocarsi in questa stessa linea. Affido a Dio l’amarezza in me suscitata dalla forzata rinuncia e chiedo a Lui di far giungere ugualmente al cuore di tutti gli interessati il mio accorato invito alla riconciliazione ed alla pace.

2. Oggi sono qui, in terra croata, come inerme pellegrino del Vangelo di Gesù, che è annuncio di amore, di concordia e di pace. Rivolgo, in primo luogo, un saluto a Lei, Signor Presidente della Repubblica, che porta la grave responsabilità delle sorti di tutti gli abitanti della Croazia e La ringrazio per le sue elevate parole di benvenuto.

Il mio deferente pensiero va poi alle altre Autorità civili ed a quanti si prodigano per il bene di questa Nazione. Come Successore dell’apostolo Pietro nella Sede di Roma, abbraccio con fraterno affetto il Signor Cardinale Franjo Kuharic e tutti gli altri Pastori dell’amata Comunità Cattolica, le famiglie, in particolare gli infermi e i sofferenti. Un pensiero speciale va agli esuli ed ai rifugiati presenti attualmente in questo Paese; ad essi rivolgo, con il saluto, l’augurio cordiale di poter fare ritorno quanto prima alle loro case.

Il mio saluto si estende altresì a tutte le Comunità cristiane in Croazia e, in modo particolare, alla Chiesa Ortodossa Serba ed ai suoi Pastori; saluto anche la Comunità Islamica, notevolmente accresciuta negli ultimi anni in seguito ai forzati spostamenti della popolazione dalle martoriate regioni della Bosnia ed Erzegovina; saluto poi la Comunità Ebraica, radicata da secoli in terra croata.

3. Carissimi cittadini di Zagabria, sono lieto di trovarmi fra voi. Sono venuto per celebrare con voi uno storico evento dell’Arcidiocesi, il nono centenario della sua erezione. Ogni viaggio del Papa ha sempre una missione pastorale. Questo di oggi è un pellegrinaggio apostolico di comunione ecclesiale, che si propone di confermare i legami esistenti tra la Sede di Pietro e la popolazione cattolica in Croazia. Come Ella, Signor Presidente, ha ricordato, lunghissima è la storia del Cristianesimo in questa vostra Terra. Già prima dell’arrivo dei Croati nella regione, il seme del Vangelo fu diffuso nelle province imperiali della Dalmazia e della Pannonia. I vostri avi iniziarono ad accoglierlo - secondo la testimonianza di Costantino Porfirogenito - fin dai tempi dell’Imperatore Eraclio e di Papa Agatone, nel secolo settimo. I rapporti tra la Croazia e la Santa Sede andarono in seguito intensificandosi, specie nel secolo nono, col consolidamento dello Stato croato, al tempo del duca Branimiro e del pontificato di Giovanni VIII. Fu quella l’epoca della missione generosa e lungimirante dei santi Fratelli tessalonicesi Cirillo e Metodio tra le popolazioni slave della Grande Moravia, attività destinata a lasciare un segno indelebile nell’espressione linguistica e liturgica - soprattutto nella tradizione glagolitica - anche in alcune zone della Croazia.

4. I contatti tra la Comunità cattolica croata e la Sede Apostolica non si sono mai affievoliti. Nel succedersi dei secoli i cristiani di questa Terra, che non poche volte hanno dovuto combattere “per la santa Croce e il tesoro della libertà”, sono rimasti nel loro insieme fedeli al Vangelo ed uniti al Romano Pontefice, nonostante persecuzioni ed avversità di ogni genere.

Mi è caro, a questo proposito, richiamare alla memoria generazioni di credenti - sacerdoti, religiosi e laici - che si sono prodigati per proporre a tutti, anche ai popoli più lontani, le ricchezze del Vangelo di Cristo, impegnandosi con generosa dedizione nella cura pastorale e nella promozione umana nei diversi campi dell’educazione, della sanità, delle opere di misericordia verso i più poveri.

In particolare vorrei rendere omaggio ai Croati che si sono distinti nelle virtù evangeliche, dando prova di vita santa ed esemplare: penso, tra gli altri, al martire san Nicola Tavelic, francescano († 1391); al padre cappuccino san Leopoldo Bogdan Mandic, apostolo della Confessione, che ho avuto la gioia di canonizzare nel 1983; penso al beato Agostino Kazotic († 1323), illustre Pastore di questa diocesi, come pure al sacerdote e martire beato Marko da Crisio († 1619). È doveroso poi ricordare l’eminente e venerata figura del Cardinale Servo di Dio Alojzije Stepinac, baluardo della Chiesa in Croazia, e gli innumerevoli figli e figlie di questa Terra, che hanno dato prova di fede e di coraggio, anche in tempi recenti, nel resistere all’oppressione del comunismo ateo, in nome dei diritti dell’uomo e del valore della libertà, specie di quella religiosa.

5. Signor Presidente, nel suo indirizzo di benvenuto, Ella ha accennato agli eventi che hanno interessato di recente la Croazia. Un evento di rilevante significato si è avuto nel 1992, quando il crollo del regime comunista, la proclamazione della sovranità croata ed il successivo riconoscimento internazionale portarono - per la prima volta nella storia più che millenaria della Nazione croata - allo scambio di Rappresentanze diplomatiche tra la Croazia e la Santa Sede.

Purtroppo, simile gioia è stata offuscata dalle atroci sofferenze di un conflitto che lascia tuttora profonde ferite nel Paese. Chi non ricorda Vukovar, Dubrovnik, Zara e tante altre città e villaggi croati, travolti dall’uragano della guerra? Sopito in Croazia, il conflitto è poi malauguratamente divampato nella vicina Bosnia ed Erzegovina. Quanto sangue innocente è stato versato! Quante lacrime hanno rigato il volto di mamme e bambini, di anziani e di giovani! La Santa Sede continua ad adoperarsi con ogni mezzo disponibile per il superamento delle tensioni esistenti e per il ripristino della giustizia e della pace nei Balcani.

Quantunque ardua, la fatica della pace è un dovere sacro per ogni credente. La pace, se la si vuole veramente, è sempre possibile! Per poterla costruire sulle fondamenta della giustizia e della verità, essa va innanzitutto implorata da Dio. È a tal fine che nel gennaio del 1993 ho invitato ad Assisi i cattolici e i rappresentanti di altre confessioni cristiane e di religioni non cristiane, mentre un’analoga celebrazione ho promosso quest’anno nella Basilica di san Pietro, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Ma alla preghiera deve accompagnarsi l’iniziativa generosa degli uomini di buona volontà. È necessario promuovere una cultura della pace, ispirata a sentimenti di tolleranza e di universale solidarietà. Una tale cultura non respinge un sano patriottismo, ma lo tiene lontano da esasperazioni e chiusure nazionalistiche. Essa è capace di formare animi grandi e nobili, ben consapevoli che le ferite prodotte dall’odio non si sanano col rancore, ma piuttosto con la terapia della pazienza e col balsamo del perdono: perdono da chiedere e da concedere, con umile e generosa magnanimità. Senza questa cultura di pace, la guerra resta sempre in agguato, e cova anche sotto la cenere di fragili tregue.

Con cristiana speranza, io desidero pertanto profittare di questa solenne circostanza per elevare il mio appello accorato: cessi finalmente il linguaggio delle armi ed i cuori si aprano al compito appassionante di costruire la pace! Pertanto, auguro che i responsabili della vita pubblica di questa nobile Nazione seguano sempre un cammino di pace, confortato dall’appoggio della comunità internazionale, per risolvere i difficili e delicati problemi ancora pendenti, come quelli riguardanti la sovranità sull’intero territorio nazionale, il ritorno dei profughi e la ricostruzione di quanto è stato distrutto dalla guerra.

6. Carissimi, è proprio nella parola “Pace” che vorrei riassumere il mio augurio al vostro popolo. Con questa parola Gesù risorto si rivolse agli Apostoli nel giorno di Pasqua. Così desidero anch’io ripetere, oggi, a tutte le vostre città e contrade, ad ogni famiglia, specialmente a quelle più provate e sofferenti: la pace sia con voi! Pellegrino di riconciliazione, il Papa vi invita a guardare al grande Giubileo del Duemila ed a prepararvi a tale storico appuntamento lavorando, alla luce dei valori del Vangelo, alla costruzione di una società tollerante, giusta, concorde, solidale.

Al vostro popolo generoso, alla vostra Repubblica sovrana, a tutti i cittadini senza distinzione di lingua, tradizioni religiose e sentimenti nazionali, in special modo alla Chiesa di Dio che è in Croazia auguro, per intercessione di Maria, Vergine Santissima, ogni vero bene nel Signore. E quale segno di abbondanti grazie celesti, a tutti i presenti, a quanti ci seguono mediante la radio e la televisione ed a tutti gli abitanti della Croazia imparto di cuore l’apostolica benedizione.

Siano lodati Gesù e Maria!

 



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