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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA CHIESA DI ETIOPIA E DI ERITREA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM
»

Venerdì, 12 settembre 1997

 

Signor Cardinale,
Cari Fratelli Vescovi,

1. E' per me motivo di grande gioia dare il benvenuto a voi, Vescovi della Chiesa di Etiopia e di Eritrea, in occasione della vostra visita "ad Limina Apostolorum": "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1, 7). L'antica pratica di "venire a consultare Cefa" è una reminiscenza della visita fatta dall'apostolo Paolo a Gerusalemme, per passarvi qualche tempo con Pietro (cfr Gal 1, 18), che il Signore aveva costituito "Roccia" su cui costruire la sua Chiesa. Nell'abbraccio fraterno di Pietro e Paolo la prima comunità cristiana lesse il dovere di trattare i pagani convertiti da Paolo come veri fratelli e sorelle nella fede. Al tempo stesso, nel racconto di Paolo circa l'abbondante effusione di grazia su questi nuovi fratelli, l'intera comunità trovò ragioni sempre più chiare per lodare la infinita misericordia di Dio (cfr At 15, 16ss). In modo analogo questo nostro raccoglierci oggi insieme riafferma la comunione delle vostre Chiese particolari con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale. Così raccolti in intima comunione di cuore possiamo unire le nostre voci al canto del salmista: "Verranno i grandi dall'Egitto, l'Etiopia tenderà le mani a Dio. Regni della terra, cantate a Dio, cantate inni al Signore (Sal 68, 32-33).

2. Cari Fratelli nell'Episcopato, ambedue i vostri Paesi in questi ultimi tempi sono stati sottoposti a vasti cambiamenti politici e culturali. Tra i più significativi voglio ricordare lo sviluppo di forme democratiche di governo e l'impegno di favorire la crescita economica ed il progresso tecnologico nelle vostre società tradizionali. Condivido con voi la preoccupazione pastorale per lo sviluppo pacifico dei vostri popoli, non solo in termini di progresso materiale, ma soprattutto in rapporto alla genuina libertà politica, all'armonia etnica e al rispetto per i diritti di tutti i cittadini, con particolare attenzione alle situazioni delle minoranze ed alle necessità dei poveri. La questione che vi sta davanti in questo momento, alla luce della situazione che prendete in considerazione nella vostra Lettera pastorale Thy Kingdom Come, pubblicata all'inizio di quest'anno, può essere così formulata: come può il Vangelo essere incarnato nelle circostanze attuali? Come possono la Chiesa ed i singoli cristiani affrontare al meglio i decisivi problemi che incontrano, se vogliono costruire un futuro migliore per se stessi?

Una risposta a queste domande può essere trovata negli stessi obiettivi che, come Pastori delle Chiese locali di Etiopia e di Eritrea, vi siete proposti: trasformare l'umanità dal di dentro, rinnovare l'innocenza del cuore dell'uomo e, come raccomandato dalla Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, costruire la Chiesa come famiglia (cfr Thy Kingdom come, Lettera Pastorale dei Vescovi cattolici di Etiopia e di Eritrea, 6). Proprio quest'ultimo impegno offre una chiave importante per la realizzazione dei primi due, infatti, come i Padri sinodali riconoscono, la Chiesa come famiglia di Dio è "una espressione della natura della Chiesa particolarmente adatta per l'Africa. L'immagine pone, in effetti, l'accento sulla premura per l'altro, sulla solidarietà, sul calore delle relazioni, sull'accoglienza, il dialogo e la fiducia" (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 63). In effetti, quando l'evangelizzazione riesce a costruire la Chiesa come famiglia, si rende possibile un'autentica armonia tra differenti gruppi etnici, è evitato l'etnocentrismo e la riconciliazione viene incoraggiata, una più grande solidarietà e la condivisione delle risorse tra il popolo e tra le Chiese particolari diventano una realtà.

3. L'Esortazione apostolica post-Sinodale Ecclesia in Africa, che costituisce una sorta di piano pastorale generale per il vostro continente, sottolinea l'importanza di coinvolgere effettivamente i laici nella vita della parrocchia e della diocesi, nella pastorale e nelle strutture amministrative (cfr n. 90). Infatti, i laici "in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo" (Christifideles Laici, n. 23). E' necessario quindi assicurare ai laici un'adeguata formazione, che li metta in grado di rispondere efficacemente alle enormi sfide a cui sono posti dinanzi come seguaci di Cristo e come cittadini di paesi che lottano per lo sviluppo.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica è uno strumento molto prezioso per questa formazione ed evangelizzazione in generale. Ora che possedete la sua traduzione in Amarico, e mentre state lavorando alla traduzione in Tigrino, vi incoraggio a far sì che il numero più grande possibile di persone possa avvicinarsi al testo: occorre favorire una sufficiente disponibilità di copie specialmente per le piccole comunità cristiane, che tanto contribuiscono al rafforzamento della vita ecclesiale. I Padri Sinodali hanno riconosciuto che "la Chiesa come famiglia potrà dare la sua piena misura di Chiesa solo ramificandosi in comunità sufficientemente piccole per permettere strette relazioni umane" (Ecclesia in Africa, 89). Nella tradizione etiopica, le associazioni "Mehaber" sono un'espressione molto valida di queste comunità e, come voi stessi riconoscete nella vostra Lettera pastorale, il valore ed il dinamismo di questi gruppi "può avere una influenza molto positiva nella evangelizzazione di ( . . .) famiglie, villaggi e comunità parrocchiali" (Thy Kingdom Come, 32)

4. Nel contesto di un'apertura alle sfide del futuro, l'attenzione ai giovani rimane di primaria importanza e deve continuare ad occupare un posto preminente nel vostro ministero pastorale. "Il futuro del mondo e della Chiesa appartiene alle giovani generazioni ( . . .) Cristo aspetta grandi cose dai giovani" (cfr Tertio Millennio Adveniente, n 58). La recente celebrazione della XII Giornata Mondiale della Gioventù in Parigi è stata una chiara conferma della capacità dei giovani di impegnare le proprie energie ed il proprio entusiasmo in funzione delle esigenze della solidarietà con gli altri non meno che della ricerca di un'autentica santità cristiana. L'intera comunità cattolica deve darsi da fare per assicurare che le giovani generazioni siano efficacemente allenate ed adeguatamente preparate ad adempiere le responsabilità che un giorno graveranno su di loro e che in qualche misura fin d'ora già sono loro proprie. Tutto questo voi state facendo attraverso un forte impegno per la formazione dei giovani, in particolare mediante il notevole sforzo a cui vi sottoponete nelle vostre scuole cattoliche, ed in altre forme di servizio sociale e di assistenza sanitaria. So che il sostegno alle scuole richiede da parte vostra un grande sacrificio. Ma è compito che si rivela essenziale per la vita della Chiesa e che assicura un capitale vantaggio sia per le famiglie che per la società stessa. E' pure importante continuare a cercare modi adeguati per recare il beneficio di una sana morale e dell'insegnamento religioso alle scuole pubbliche, come già si fa in Eritrea, promuovendo nell'opinione pubblica il consenso sull'importanza di tale formazione. Questo servizio, che può venire da una più stretta cooperazione con i rispettivi governi, è una forma significativa di attiva partecipazione cattolica alla vita sociale dei vostri paesi, specialmente perché è offerta senza discriminazione religiosa od etnica e nel rispetto dei diritti di tutti.

In effetti l'universalità, che è una nota essenziale della Chiesa (cfr Il Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 811 e 830ss.) e che spinge verso una condivisione di beni, sia materiali che spirituali, è anche una condizione di efficacia del vostro ministero. L'universalità e la condivisione si manifestano molto chiaramente nello scambio di personale religioso: sacerdoti e religiosi etiopi ed eritrei che prestano servizio pastorale ai loro fratelli e sorelle in terre straniere, e sacerdoti e religiosi di paesi stranieri che offrono i loro talenti e la loro solidarietà all'Etiopia e all'Eritrea sintonizzandosi con una Chiesa che è giustamente orgogliosa delle sue antiche tradizioni e della sua cultura. Le Costituzioni di ambedue i paesi riconoscono il diritto fondamentale alla libertà di religione ed alla pratica religiosa. Confido che un ulteriore dialogo con le autorità civili per chiarire le basi giuridiche della presenza e dell'attività della Chiesa arrecherà grande beneficio ad ognuno, ed oso sperare che la cooperazione dei missionari, che contribuiscono così efficacemente al benessere ed all'avanzamento dei vostri popoli, sarà così facilitata.

5. Le comunità cattoliche, di cui voi siete pastori, vivono fianco a fianco ed in stretta relazione con i fratelli e le sorelle, che sono maggioranza, della Comunità Ortodossa Etiopica. Entrambe le comunità condividono radici comuni ed una comune spiritualità che deriva dalla antichissima e ricca tradizione cristiana presente nelle vostre terre. La prospettiva dell'anniversario del secondo millennio della Nascita del Salvatore deve costituire un invito per tutti a fare della riflessione su tale comune patrimonio cristiano, che è per se stesso sorgente di rispetto e di comprensione reciproca, l'occasione per un più esteso dialogo e una più ampia cooperazione. Come fratelli e sorelle che aderiscono ad un unico Signore, dovete costantemente cercare di costruire fra voi comunione per offrire una concorde testimonianza al mistero di Cristo e della sua Chiesa. Una saggia ed ordinata inculturazione della liturgia "dovrà essere perseguita . . . affinché il popolo fedele possa meglio comprendere e vivere le celebrazioni liturgiche" (Ecclesia in Africa, 64). Dovranno inoltre continuare gli sforzi per acquisire una più profonda comprensione della storia e dello sviluppo del rito Alessandrino, così che la comune tradizione cristiana della regione possa contribuire al cammino verso l'unità, sia all'interno della Comunità cattolica che con le altre Chiese.

Allo stesso tempo, l'aspetto missionario della Chiesa, che non è una questione di rito ma è direttamente radicata nel Vangelo, dovrà essere rinnovato sotto la spinta che proviene dal desiderio di annunciare Cristo a coloro che ancora non credono in lui. Il dovere di evangelizzare è parte integrante della identità cattolica e non deve essere compromesso da un'incompleta comprensione dell'inculturazione o dell'ecumenismo. Il Sinodo riconosce l'urgenza di portare la Buona Novella a milioni di Africani che non sono stati ancora evangelizzati. La Chiesa certamente rispetta e stima le Religioni non cristiane professate da molti Africani, ma, secondo quanto diceva il mio Predecessore il Papa Paolo VI, "la Chiesa pensa che queste moltitudini hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo (cfr Ef 3, 8), nella quale noi crediamo che tutta l'umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull'uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità" (Evangelii Nuntiandi, 53).

6. Poiché le vostre Chiese locali cercano di adempiere il mandato missionario dato loro dal Signore stesso (cfr Mt 28, 19), non possiamo far a meno di ringraziare per le molte vocazioni con cui siete benedetti. Vi esorto ad assicurare che i vostri programmi vocazionali promuovano e proteggano con sollecitudine questo dono di Dio. I giovani candidati dovranno ricevere una formazione spirituale e teologica appropriata che li radichi saldamente nella tradizione spirituale etiopica e li prepari ad affrontare i complessi problemi pastorali, sociali, ed etici che la modernizzazione della società presenta. Vi incoraggio a continuare nel vostro sforzo di assicurare personale qualificato al gruppo degli educatori dei tre Seminari maggiori. In tal modo questi diventeranno autentici centri di studio e di ricerca teologica, capaci di illuminare la missione pastorale ed evangelizzatrice della Chiesa in ambedue i paesi. Anche le comunità di religiosi e religiose hanno dato vita nella vostra terra a corsi sistematici di formazione. Essi guardano a voi, Pastori del gregge che Cristo vi ha affidato, per avere appoggio e guida, perché anche i religiosi sono oggetto della vostra cura e preoccupazione pastorale (cfr Lumen Gentium 45; Christus Dominus, 15, 35).

Sapete bene che tra i molti doveri del ministero episcopale, la formazione permanente - umana, spirituale ed intellettuale - dei sacerdoti è uno dei compiti principali. Per realizzare la loro sublime missione di maestri e dottori dell'animo umano, i vostri preti hanno bisogno del vostro sostegno paterno e fraterno (cfr Christus Dominus, 16); hanno bisogno di contare sulla amicizia vostra e dei loro fratelli sacerdoti (cfr Lumen Gentium 28). Quanto più essi apprezzeranno il privilegio unico di agire in persona Christi, tanto maggiormente si dedicheranno completamente al ministero in castità e semplicità di vita, ed il lavoro pastorale sarà per loro una sorgente inesauribile di gioia e di pace.

7. Rilevo con piacere che la vostra Conferenza Episcopale, mossa dalla raccomandazione della speciale Assemblea del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, ha istituito la Commissione Giustizia e Pace per trattare le questioni fondamentali concernenti lo sviluppo delle vostre democrazie, compresi i diritti umani, l'onestà nella pubblica amministrazione e il ruolo delle donne nella società. Certamente la Chiesa ha un compito speciale da svolgere in questo campo e può offrire un aiuto nel processo di costruzione di una società in cui tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro appartenenza etnica, culturale e religiosa, possano sentirsi a proprio agio ed essere trattati giustamente. Per questo la Chiesa in Etiopia ed in Eritrea è chiamata a mostrare coraggio e lungimirante sapienza nel portare avanti una grande missione, una missione che sgorga dalla sua stessa natura di sacramento dell'unione con Dio e dell'unità tra tutti i membri della famiglia umana (cfr Lumen Gentium, 1). La ricerca della pace e dell'armonia dovrà anche essere perseguita dentro la Chiesa, dove le differenze non siano viste come ragione di conflitto e di tensione, ma come fonte di forza e di unità nella legittima diversità. Armonia e cooperazione generosa tra i fedeli, specialmente tra i sacerdoti e tra voi, Vescovi, sarà un potente incentivo per promuovere la buona volontà e la solidarietà nella società nel suo insieme. "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli . . ." (Mt 5, 16).

8. Cari Fratelli, questi sono alcuni dei pensieri che la vostra visita alle Tombe degli Apostoli Pietro e Paolo ha suggerito alla mia mente. Prego affinché il vostro pellegrinaggio vi rafforzi nel vostro ministero, così che possiate non sentirvi mai stanchi di predicare la Parola di Dio, di celebrare i sacramenti, di pascere il gregge affidato alle vostre cure e di cercare la pecora smarrita. Vi invito a volgere risolutamente il vostro sguardo verso il Grande Giubileo che, a causa del sublime Mistero che commemora, costituisce uno squillante richiamo alla gioia cristiana (cfr Ecclesia in Africa, 142). Possa questa gioia, frutto del rafforzamento della fede e della santità di vita, diventare realtà per i vostri popoli. Mi unisco a voi nella preghiera per la Chiesa in Etiopia ed in Eritrea, e affido voi, il vostro clero, i religiosi ed i laici alla amorevole protezione di Maria, Stella dell'Evangelizzazione e Regina dell'Africa.

Come pegno di grazia e di comunione con il suo Figlio Divino imparto a voi di cuore una speciale Benedizione Apostolica.

 

© Copyright 1997 - Libreria Editrice Vaticana



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