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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL SEMINARIO
PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI
«MOVIMENTI ECCLESIALI E NUOVE COMUNITÀ
NELLA SOLLECITUDINE PASTORALE DEI VESCOVI»

 

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato!

1. Siete convenuti a Roma da Paesi di tutti i continenti per riflettere insieme sulla vostra sollecitudine di Pastori nei riguardi dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. E' la prima volta che il Pontificio Consiglio per i Laici, in collaborazione con le Congregazioni per la Dottrina della Fede e per i Vescovi, raccoglie un gruppo così considerevole e qualificato di Vescovi per esaminare insieme realtà ecclesiali, che non ho esitato a definire «provvidenziali» (cfr Giovanni Paolo II, Discorso all'Incontro con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità, n. 7, in L'Osservatore Romano, 1-2 giugno 1998) a motivo degli stimolanti apporti recati alla vita del Popolo di Dio.

Vi ringrazio per la vostra presenza e per il vostro impegno in questo importante settore pastorale. Manifesto, altresì, ai promotori, al Pontificio Consiglio per i Laici, alle Congregazioni per la Dottrina della Fede e per i Vescovi il mio vivo compiacimento per quest'iniziativa di indubbia utilità per la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo.

Il Seminario, che vi ha occupato in questi giorni, si iscrive infatti felicemente in un progetto apostolico, a me molto caro, scaturito dal mio incontro con i membri di oltre cinquanta di questi movimenti e comunità, avvenuto il 30 maggio dello scorso anno in Piazza San Pietro. Gli effetti della vostra riflessione, ne sono certo, non mancheranno di farsi sentire, contribuendo a far sì che quel progetto e quell'incontro diano frutti ancor più abbondanti per il bene di tutta la Chiesa.

2. Il Decreto conciliare sul servizio pastorale dei Vescovi così indica il nucleo stesso del ministero episcopale: "Nell'esercizio del loro ministero di insegnare, annunzino agli uomini il Vangelo di Cristo, che è uno dei principali doveri dei Vescovi; e ciò facciano invitando gli uomini alla fede nella fortezza dello Spirito o confermandoli nella vivezza della fede. Propongano loro l'intero mistero di Cristo, ossia quelle verità che non si possono ignorare senza ignorare Cristo stesso" (Christus Dominus, 12). L'ansia di ogni Pastore di raggiungere gli uomini e di parlare al loro cuore, alla loro intelligenza, alla loro libertà, alla loro sete di felicità nasce dall'ansia stessa di Cristo per l'uomo, dalla sua compassione per quelli che egli paragonava ad un gregge senza pastore (cfr Mc 6, 34 e Mt 9, 36) e fa eco allo zelo apostolico di Paolo: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9, 16). Nei nostri tempi le sfide della nuova evangelizzazione si presentano non di rado in termini drammatici e spingono la Chiesa, e in particolare i suoi Pastori, alla ricerca di forme nuove di annuncio e di azione missionaria, più consone alle necessità della nostra epoca.

Tra i compiti pastorali oggi più urgenti vorrei segnalare, in primo luogo, l'attenzione per le comunità in cui è più profonda la consapevolezza della grazia connessa con i sacramenti dell'iniziazione cristiana, da cui scaturisce la vocazione ad essere testimoni del Vangelo in tutti gli ambiti della vita. La drammaticità del nostro tempo sprona i credenti ad un'essenzialità di esperienza e di proposta cristiana, negli incontri e nelle amicizie di ogni giorno, per un cammino di fede illuminato dalla gioia della comunicazione. Un'ulteriore urgenza pastorale da non sottovalutare è costituita dalla formazione di comunità cristiane che siano autentici luoghi di accoglienza per tutti, nella costante attenzione alle specifiche necessità di ogni persona. Senza tali comunità risulta sempre più difficile crescere nella fede e si cade nella tentazione di ridurre ad esperienza frammentaria ed occasionale proprio quella fede che al contrario dovrebbe vivificare l'intera esperienza umana.

3. E' in questo contesto che si situa il tema del vostro Seminario sui movimenti ecclesiali. Se il 30 maggio 1998 in Piazza San Pietro, alludendo alla fioritura di carismi e movimenti verificatasi nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, ho parlato di «una nuova Pentecoste», ho voluto, con questa espressione, riconoscere nello sviluppo dei movimenti e delle nuove comunità un motivo di speranza per l'azione missionaria della Chiesa. Essa, in effetti, a causa della secolarizzazione che in molti animi ha indebolito o persino spento la fede e aperto la strada a credenze irrazionali, si trova in molte regioni del mondo a dover affrontare un ambiente simile a quello delle sue origini.

Sono ben cosciente che i movimenti e le nuove comunità, come ogni opera che, pur sotto la spinta divina, si sviluppa all'interno della storia umana, non hanno destato in questi anni solo considerazioni positive. Come dicevo il 30 maggio 1998 "la loro novità inattesa, e talora persino dirompente..., non ha mancato di suscitare interrogativi, disagi e tensioni; talora ha comportato presunzioni ed intemperanze da un lato, e non pochi pregiudizi e riserve dall'altro" (Ibid., 6). Ma, nella testimonianza comune da essi data quel giorno attorno al Successore di Pietro e a numerosi Vescovi, vedevo e vedo il sopraggiungere di una "tappa nuova: quella della maturità ecclesiale", seppur nella piena consapevolezza che "ciò non vuol dire che tutti i problemi siano stati risolti", giacché questa maturità "è piuttosto una sfida. Una via da percorrere" (Ibid.).

Quest'itinerario esige da parte dei movimenti una sempre più salda comunione con i Pastori che Dio ha scelto e consacrato per radunare e santificare il suo popolo nel fulgore della fede, della speranza e della carità, perché "nessun carisma dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa" (Christifideles laici, 24). Impegno dei movimenti, pertanto, è di condividere, nell'ambito della comunione e missione delle Chiese locali, le loro ricchezze carismatiche in modo umile e generoso.

Carissimi Fratelli nell'Episcopato! A voi, ai quali appartiene il compito di discernere l'autenticità dei carismi per disporne il giusto esercizio nell'ambito della Chiesa, chiedo magnanimità nella paternità e carità lungimirante (cfr 1 Cor 13, 4) verso queste realtà, perché ogni opera degli uomini necessita di tempo e pazienza per la sua debita e indispensabile purificazione. Con chiare parole il Concilio Vaticano II scrive: "Il giudizio sulla loro (dei carismi) genuinità e sul loro esercizio ordinato appartiene a quelli che presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cfr 1 Ts 5, 12 e 19-21)" (Lumen gentium, 12), affinché tutti i carismi cooperino, nella loro diversità e complementarietà, al bene comune (cfr Ibid., 30).

Sono convinto, venerati Fratelli, che la vostra disponibilità attenta e cordiale, grazie anche ad opportuni incontri di preghiera, di riflessione e di amicizia, renderà non solo più amabile ma più esigente la vostra autorità, più efficaci e incisive le vostre indicazioni, più fecondo il ministero che vi è stato affidato per la valorizzazione dei carismi in ordine all'"utilità comune". E' infatti vostro primo compito quello di aprire gli occhi del cuore e della mente, per riconoscere le molteplici forme della presenza dello Spirito nella Chiesa, vagliarle e condurle tutte ad unità nella verità e nella carità.

4. Nel corso degli incontri che ho avuto con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità, ho sottolineato a più riprese l'intima connessione tra la loro esperienza e la realtà delle Chiese locali e della Chiesa universale di cui sono frutto e, allo stesso tempo, espressione missionaria. L'anno scorso, di fronte ai partecipanti al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali, organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici, ho pubblicamente constatato "la loro disponibilità a porre le proprie energie al servizio della Sede di Pietro e delle Chiese locali" (Messaggio al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali, n. 2, in L'Osservatore Romano, 28 maggio 1998). In effetti, uno dei frutti più importanti generati dai movimenti è proprio quello di saper liberare in tanti fedeli laici, uomini e donne, adulti e giovani, un vivace slancio missionario, indispensabile alla Chiesa che si appresta a varcare la soglia del terzo millennio. Questo obiettivo, però, si raggiunge solo laddove essi "si inseriscono con umiltà nella vita delle Chiese locali e sono accolti cordialmente da Vescovi e sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali" (Redemptoris missio, 72).

Che significa ciò in termini concreti di apostolato e di azione pastorale? E' stata questa, appunto, una delle questioni chiave del vostro Seminario. Come accogliere questo dono particolare che lo Spirito offre alla Chiesa nel nostro momento storico? Come accoglierlo in tutta la sua portata, in tutta la sua pienezza, in tutto il dinamismo che gli è proprio? Rispondere in modo adeguato a tali interrogativi rientra nella vostra responsabilità di Pastori. Vostra grande responsabilità è di non rendere vano il dono dello Spirito, ma, al contrario, di farlo sempre più fruttificare nel servizio all'intero Popolo cristiano.

Auguro di cuore che il vostro Seminario sia fonte di incoraggiamento e di ispirazione per tanti Vescovi nel loro ministero pastorale. Maria, Sposa dello Spirito Santo, vi aiuti ad ascoltare ciò che lo Spirito dice oggi alla Chiesa (cfr Ap 2, 7). Io vi sono vicino con la mia fraterna solidarietà, vi accompagno con la preghiera, mentre volentieri benedico voi e quanti la Provvidenza divina ha affidato alle vostre cure pastorali.

Dal Vaticano, 18 giugno 1999.

GIOVANNI PAOLO PP. II

 

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