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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 17 febbraio 1974

 

Oggi preghiamo per Roma, la nostra, la vostra Diocesi, per la sua comunità ecclesiale, e per quante altre chiese locali si trovano in analoghe condizioni.
Il Convegno diocesano, promosso dal nostro Vicariato, e ieri l’altro concluso, per riflettere sulle responsabilità dei cristiani di fronte alle attese di carità e di giustizia, ispiri la nostra preghiera.
E allora preghiamo, fratelli, innanzi tutto per sentirci e per essere fratelli. Sì, per sentirci e per essere fratelli. La residenza d’una popolazione eterogenea e enormemente accresciuta in pochi anni e affluita in una città impreparata ad ospitarla degnamente e priva di mezzi per una adeguata accoglienza, non basta a infondere negli abitanti, antichi e nuovi, unità, solidarietà, coscienza storica comune, lavoro, assistenza, benessere, ordinata compagine civile. La triste diagnosi, resa talora da alcune voci anche più amara del giusto, fatta in questi giorni circa i malanni e i bisogni di tanti quartieri, ha accresciuto e anche crudelmente inasprito la sofferenza umana e cristiana, che già tanti di noi portavano nel cuore; abbiamo sentito con pena acuta la necessità, anzi il dovere d’un nuovo spirito comunitario. Offriamo ora al Signore questa sofferenza, affinché Egli la converta in nuovi propositi di vera e operante socialità.

Preghiamo quindi a questo fine, d’essere noi maggiormente «sociali», cioè capaci di prodigarci gli uni per gli altri, ricordando le parole dell’Apostolo: «Portate i pesi gli uni degli altri, così adempierete la legge di Cristo» (Gal. 6, 2). Spesso invece siamo tentati di pensare che il rimedio alla penosa convivenza nella massa, non ancora diventata popolo, sia l’indifferenza verso le altrui condizioni, quando non avvenga perfino di cedere al perverso studio di profittare astutamente dell’altrui indifesa indigenza per rischiare avare speculazioni, ovvero per tentare ingordi guadagni economici o demagogici.
Nasca, Fratelli, in noi un nuovo spirito comunitario: l’amore generoso verso la nostra Città - oh, quanto lo merita! -, l’adesione spirituale alla nostra diocesi: come dosarla? come rifiutarla? - il rispetto cordiale per le nostre Scuole - ogni scuola è un nido, un santuario! l’inserzione pratica nelle nostre rispettive Parrocchie (la Parrocchia! vero nucleo formativo al senso d’unità, di pietà, di carità!), e la fedeltà perseverante alle nostre buone associazioni cattoliche.
E poi preghiamo affinché siano riconosciuti, non contestati o avviliti i meriti di innumerevoli istituzioni benefiche, bisognose, sì, di rinnovamento, ma ancora attestate su formule di carità e di giustizia, degne d’encomio e di rigenerazione. E così siano promosse quant’altre istituzioni benefiche e sociali sono richieste dai bisogni dei tempi e dal genio cristiano.
Preghiamo, preghiamo, di qui scaturisca una nuova onda di carità e di giustizia.

                       



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