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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 30 settembre 1970

 

L' «ora et labora» fulcro di ogni attività benedettina

«Non chiunque mi dice: Signore! Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi farà la volontà del Padre mio, Che è nei cieli». Questa è una celebre parola di Gesù Cristo, nostro Signore, che scegliamo oggi per tema della nostra breve riflessione, sempre intenti al grande avvenimento, il Concilio, il quale non deve essere passato indarno ai nostri giorni, ma deve imprimere un rinnovamento morale nella nostra vita cristiana.
Era questo il pensiero dominante del Nostro venerato Predecessore, quando convocò il Concilio: «. . . dalla rinnovata, serena e tranquilla adesione a tutto l’insegnamento della Chiesa nella sua interezza e precisione, quale ancora splende negli atti conciliari da Trento al Vaticano I, lo spirito cristiano, cattolico ed apostolico del mondo intero attende un balzo in avanti verso una penetrazione dottrinale ed una formazione delle coscienze, in corrispondenza più perfetta alla fedeltà dell’autentica dottrina, anche questa però studiata ed esposta attraverso le forme dell’indagine e della formulazione letteraria del pensiero moderno» (A.A.S., LIV (1962), p. 792). Per questo il Concilio volle assumere il carattere d’un magistero prevalentemente pastorale.
E il pensiero dell’intento morale del Concilio ritorna sovente nei suoi insegnamenti. Così, ad esempio, nel Decreto sull’Ecumenismo, che sembrerebbe per sé remoto da scopi direttamente personali e morali, è detto: «Non vi è vero ecumenismo senza conversione interiore» (Unitatis redintegratio, 7). Così nella costituzione sulla Liturgia si parla di conversione e di penitenza come condizione per avvicinarsi al contatto con Cristo nella celebrazione dei santi misteri (Unitatis redintegratio, 9). E questa simbiosi fra dottrina e condotta morale s’incontra in tutto il Vangelo. Il Signore, ci è stato Maestro di verità e di vita ad un tempo; ci ha istruiti con la parola e con gli esempi; non ci ha lasciato libri, ma una forma di esistenza nuova, trasmessa e realizzata da una comunità guidata da un magistero e da un ministero (l’uno e l’altro autenticamente continuatori della sua missione redentrice), e consistente in una vivificazione soprannaturale nella grazia, cioè nello Spirito di Gesù.

Così che, se noi vogliamo accogliere l’influsso del Concilio, dobbiamo chiedere a noi stessi quale sia l’applicazione che ne vogliamo fare. Non basta sapere, bisogna fare. Vi sono due modi d’intendere questa applicazione: la prima, possiamo dire, in estensione, cioè per via di deduzioni dottrinali e canoniche, delle quali ora non intendiamo parlare, anche perché questa via, se non guidata dal magistero della Chiesa, può portarci al di là degli insegnamenti e degli intenti del Concilio; e la seconda, in profondità, cioè per via di riforme interiori alle nostre anime e alla vita ecclesiale, in modo che il Concilio abbia una sua efficacia rinnovatrice, specialmente nella concezione della nostra appartenenza a Cristo e alla Chiesa, nella partecipazione alla vita ecclesiale, sia di preghiera, che di azione, nel ricorso alla nostra coscienza e all’uso responsabile della nostra libertà, nell’impegno alla nostra personale santificazione e nella diffusione dello spirito e della vocazione cristiana, nello sforzo di riavvicinare i nostri Fratelli cristiani separati, nel confronto del cristianesimo col mondo moderno per riconoscerne i valori positivi ed i bisogni a cui noi possiamo prestare servizio, e, per tutto riassumere, nell’accresciuto amore per la santa Chiesa, Corpo mistico di Cristo e sua storica e vitale continuazione, per la quale Egli profuse il suo Sangue redentore.
Potremmo distinguere in vari campi e varie forme questa applicazione del Concilio, cominciando a fare nostre con filiale fiducia le riforme esteriori, giuridiche, che da quello sono autenticamente derivate : la riforma liturgica per prima, senza critiche esitazioni e senza arbitrarie alterazioni. Così le riforme strutturali della comunità ecclesiale. Sarebbe già grande risultato del Concilio se noi tutti dessimo pronta ed esatta adesione a queste innovazioni esteriori, ma tanto strettamente collegate col rinnovamento nostro e della Chiesa. Applicazione canonica.

Altra applicazione è quella spirituale. Il volume delle Costituzioni e dei Decreti del Concilio può servire come libro di lettura spirituale, di meditazione. Vi sono pagine bellissime, di densità sapienziale, di esperienza storica ed umana, che meritano questa riflessione suscettibile di convertirsi in cibo per l’anima. La parola di Dio vi è così diffusa e così aderente ai bisogni umani nell’età nostra da invitarci tutti alla sua scuola. Non dovrebbe andare perduta una tale lezione, sì bene educare i cristiani d’oggi alla vocazione del silenzio che ascolta, del cuore che concede alla Verità del Signore di diventare spirito e vita della nostra esistenza. Anche la forma semplice, piana, autorevole, con cui procede l’insegnamento conciliare, è di per se stessa una formazione al temperamento evangelico, allo stile pastorale, all’imitazione del Signore, che ha proposto a modello: «Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore» (Matth. 11, 29). Applicazione spirituale.
E avremo un’altra applicazione, sempre in linea morale, quella teologica. L’azione segue l’essere; e l’essere ci è noto dallo studio della verità. La verità teologica presiede all’ordine morale. La concezione della vita, quale ci è presentata dal disegno della salvezza, delineato dalla teologia del Concilio, contiene la legge superiore che noi dobbiamo seguire. Dal concetto di ciò che siamo come cristiani nasce l’imperativo di ciò che dobbiamo essere per corrispondere alla nostra definizione. Dall’essere deriva il dover essere, il fare; quel «fare la volontà del Padre celeste», di cui abbiamo citato il comando di Gesù, obbligante sopra la stessa espressione religiosa, quando questa fosse vacua di contenuto operativo conforme alla volontà divina. Così che dovremo cercare le basi della vita morale, quali il Concilio, riflesso del Vangelo, ci espone, se vogliamo darvi la applicazione fedele e felice del rinnovamento, dell’aggiornamento.

Questo richiamo ai principi teologici subordina ad essi i precetti della vita morale, e li sottopone ad esame, per diversi titoli: quello della priorità: «bisogna obbedire prima a Dio che agli uomini» (Act. 5, 29); donde il valore del martirio; ovvero quello della abrogazione, com’è avvenuto delle prescrizioni puramente legali della legge mosaica, come risulta dall’insegnamento della Chiesa primitiva e di S. Paolo specialmente (Cfr. Act. 15; Gal. 2, 16); oppure della riforma possibile della legge civile, o canonica, quando essa non sia espressione della legge naturale, ch’è poi legge divina iscritta nell’essere umano (Cfr. Matth. 5, 17-20; Rom. 2, 14), sempre rimanendo l’obbligo dell’obbedienza agli ordinamenti vigenti della società civile (Rom. 13, 7) e della società ecclesiastica (Hebr. 13, 17; Luc. 16, 10).
Ma non ha detto il Signore: «La verità vi libereri»?» (Io. 8, 32; Gal. 5, 1) Sì. Ma questa verità, liberatrice dagli errori e dagli arbitri dell’insipienza e della prepotenza umana, vincola poi in coscienza, e in maniera più forte, più logica e più responsabile la volontà che la conosce, e obbliga l’uomo alla legge dello Spirito, cioè della grazia e della carità, da cui deriva l’impegno superiore all’unione con Cristo, alla sua imitazione, all’amor di Dio e del prossimo (Matth. 22, 39; Rom. 13, 9; Gal. 5, 14), all’abnegazione di sé, al servizio del prossimo, fino al sacrificio, fino alla santità. La riflessione su questo disegno dell’autentica vita morale del cristiano ci è assai raccomandata dal Concilio (Cfr. Lumen gentium, 40; Optatam totius, 16; ecc.); e sarà uno dei frutti migliori del Concilio, se la vorremo fare nostra. Non sarà breve, ma sarà salutare.
Con la Nostra Benedizione Apostolica.

L’Unione Apostolica del Clero

A vous qui êtes venus à Rome en congrès international et qui avez choisi la Ville éternelle pour vos assises dans l’intention de vous unir plus étroitement au Pape, en ce 50ème anniversaire de son Ordination sacerdotale, Nous voulons adresser un mot jailli du cœur.
Le prêtre d’aujourd’hui a droit à l’affection spéciale du Pape, à la première place, avec les évêques, successeurs des Apôtres. Devons-Nous répéter ici ce que Nous avons eu l’occasion de déclarer à plusieurs reprises ces derniers temps, notamment dans Notre Lettre au Cardinal Secrétaire d’Etat sur le célibat sacerdotal, à savoir toute l’admiration et la reconnaissance que Nous éprouvons en pensant à nos frères prêtres du monde entier, en suivant leur apostolat dans des conditions parfois héroïques de désintéressement, de pauvreté ou d’incompréhension? Vraiment, l’esprit du Christ éclate en eux: «Non veni ministrari sed ministrare» (Matth. 20, 28).
Le thème de votre réunion internationale est: «La physionomie spirituelle du prêtre dans les structures actuelles de l’Eglise». Voilà certes un sujet opportun en cette heure où un grand nombre de vos confrères s’inquiètent de leur «identité».

Qu’est-ce que le prêtre? N’est-il pas d’abord celui qui, sur appel d’en-haut, s’attache d’une manière totale et inconditionnelle à Jésus-Christ? Homme de l’autel et du mystère, par l’intermédiaire de qui la Rédemption du Christ opère efficacement dans le monde, il est aussi l’homme de la Parole de Dieu, «envoyé» par son Maître au monde concret des hommes pour y être témoin, docteur et pasteur. Ce deux fonctions en apparence sources de dualisme se fondent au service d’une seule et même œuvre de salut, au cœur de l’Eglise, sacrement du salut.
Nous félicitons votre Union Apostolique pour avoir soutenu dans leur vocation tant de prêtres, avant la lettre du Concile Vatican II qui développe si nettement l’exigence de vie fraternelle qui s’attache à la mission sacerdotale (Cfr. Presbyterorum ordinis, 8).
Nous vous demandons d’être toujours plus attachés à la personne de Jésus-Christ, attachement alimenté avant tout à la source inépuisable de l’Eucharistie; d’être profondément liés à vos évêques, au-delà d’une adhésion juridique et disciplinaire, par une véritable communion spirituelle et vivante. Et de tout cœur Nous accordons à vos personnes, aux membres de l’Union Apostolique du Clergé et à tous ceux qui vous sont chers, Notre Bénédiction Apostolique.

Missionari di Emigrazione

Un particolare elogio e incoraggiamento rivolgiamo ora ai duecento sacerdoti italiani, Delegati Diocesani e Missionari di Emigrazione, che partecipano al loro III Convegno Nazionale, indetto dall’Ufficio Centrale per l’Emigrazione italiana. Vi ringraziamo del pensiero che avete avuto, di ricordare la promulgazione del nostro Motu Proprio Pastoralis Migratorum cura, avvenuta nello scorso anno; vi esprimiamo il nostro compiacimento per lo studio dedicato all’importante tema delle «Migrazioni e Comunità ecclesiali», di grandissimo interesse per l’azione pastorale da rivolgere al settore; e vi esortiamo a spendere generosamente le vostre energie, col tesoro dell’esperienza fatta, in tale campo. Voi conoscete le premure della Chiesa, che, specialmente nei tempi moderni, con l’evolvere del fenomeno migratorio, ne ha preso profondamente a cuore i problemi, crescenti, vasti, talora drammatici; la Exsul Familia di Pio XII, il citato Motu Proprio, e l’istituzione della Pontificia Commissione De spirituali Migratorum atgue Itinerantium cura, segnano le tappe salienti di questa materna sollecitudine, che attende la risposta dei generosi per l’applicazione delle sue sapienti norme di apostolato: voi, carissimi sacerdoti, ne siete una consolante conferma. Per questo, come abbiamo detto, vi lodiamo e vi incoraggiamo; e, con la Nostra Benedizione Apostolica, vi seguiamo affettuosamente nel vostro lavoro, affinché sia ricco di consolazioni per voi, di bene per le anime, di edificazione per la Chiesa.

Società ginnastica «Panaro»

Il degnissimo Arcivescovo di Modena, Monsignor Giuseppe Amici, ci ha procurato una viva consolazione, guidando a questa udienza il numeroso gruppo di giovani atleti, di soci e di loro familiari della Società di Ginnastica e Scherma «Panaro», di quella città, che celebra un secolo di vita. Lo ringraziamo di cuore per questo gesto di pastorale sollecitudine; e ci complimentiamo con la Società, che giunge al traguardo del suo centenario con consolanti affermazioni competitive, e, soprattutto, col merito di aver contribuito ad educare le giovani generazioni, susseguitesi in tutti questi anni, a nobili ideali di rettitudine, di onestà, di sanità morale attraverso la disciplina che gli esercizi sportivi impongono, il senso della solidarietà e dell’amicizia, che essi alimentano, la costante temperanza e la resistenza fisica costante, che ad essi preparano. Lo sport è una scuola di formazione umana, che la Chiesa vede con simpatia e con speranza, quando è esercitato, come voi fate, nelle debite forme: per questo ci piace dirvi il Nostro compiacimento, con l’augurio che lo spirito animatore della Società « Panaro » continui intatto a tramandarsi, come segno della vostra vitalità e della vostra bravura. Il Signore vi accompagni sempre; e nel suo Nome vi benediciamo di cuore.

Desideriamo rivolgere il Nostro saluto ai numerosi pellegrini della Diocesi di Lodi, i quali, sotto la guida del loro benemerito ed amato Pastore, Mons. Tarcisio Vincenzo Benedetti, hanno voluto farci questa visita per celebrare il nostro giubileo sacerdotale.
Vi ringraziamo, carissimi figli, per questo gesto di fervida devozione, che testimonia ancora una volta la fede cristiana e la bontà del vostro popolo, sempre legato nei secoli alla Cattedra di Pietro.
Invochiamo di cuore sul vostro Pastore, su di voi, sulle vostre famiglie, su tutta la vostra nobile Diocesi le più elette grazie del Signore, in pegno delle quali impartiamo l’Apostolica Benedizione.

We would like to say a special word to the group of participants in the Ecumenical World Planning Session for Missionaries on Credit Unions.
Our Lord Jesus Christ, who “went about doing good” (Act. 10:38), when asked what was the greatest commandment of the Law, did not give the love of God as his full reply, but added the second commandment of love of our neighbour. So you are called upon to preach, as missionaries, and to live, as Christians, a faith which is concerned also with the concrete conditions of social life.
You have gathered in Rome to discuss means of making more effective your work in the field of credit unions, considering them as a way by which communities can from their own resources promote their development. In your studies and discussions We would like you to be assured of Our paternal and cordial encouragement. And may God grant that your conclusions will contribute to the building of a world fashioned more humanly.

                         



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