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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 14 luglio 1971

 

Esigenze assolute della legge morale nella vita contemporanea

Ancora una volta, Noi ci domandiamo quale linea di svolgimento, quale aspetto prevalente il Concilio abbia voluto imprimere alla vita cristiana. La risposta non è dubbia: il Concilio ha voluto ricordare che la vita cristiana deve essere santa. La santità sembra comunemente un termine estremo e superlativo, una manifestazione eccezionale ed inaccessibile ai più di perfezione morale e religiosa, non uno stato normale a tutti offerto e da tutti esigibile, perché di solito riserviamo questa qualifica di santità alle figure umane che hanno realizzato in misura piena e sublime l’ideale del seguace di Cristo, l’eroe, il martire, l’asceta, l’uomo-campione, che si distacca dalla moltitudine e presenta una statura superiore e singolare della personalità umana ingigantita non solo da uno sforzo ben riuscito nella imitazione del Maestro divino, ma altresì da una preferenziale abbondanza di doni carismatici e da una mistica comunione con la vita stessa di Cristo, per la quale egli, il santo, può dire a buon diritto: «Per me, la vita è Cristo» (Phil. 1, 21). Cioè abbiamo fatto dell’agiografia il paradigma della santità.

Il Concilio rettifica questa concezione fenomenica e rara della santità, e ne riporta il concetto alle origini storiche, a quando cioè tutti i fedeli cristiani erano chiamati i «santi» (1 Petr. 1, 15; ecc.); e alle origini teologiche della santità conferita all’uomo dal battesimo e dagli altri sacramenti, mediante i quali ci è infusa quella misteriosa ed operante presenza soprannaturale di Dio santificante, che chiamiamo la grazia e che ci fa santi, figli di Dio, consorti in qualche misura alla sua stessa ineffabile e trascendente natura (2 Petr. 1, 4). Donde subito concludiamo: la santità è un dono; la santità è comune e accessibile a tutti i cristiani; la santità è lo stato, possiamo dire, normale della vita umana, elevata ad una misteriosa e stupenda dignità soprannaturale; è la novità portata in dono da Cristo all’umanità, da Lui redenta nella fede e nella grazia (Cfr. Rom. 6, 4).

Non solo dono, però, ma dovere, altresì. La santità, presupponendo il dono divino della grazia, che ci consacra santi, diventa un obbligo, diventa l’esercizio più impegnativo della nostra libertà. I cristiani, dice il Concilio, «devono, con l’aiuto di Dio, mantenere e perfezionare, vivendola, la santità che hanno ricevuta» (Lumen Gentium, 40). La santità non è passiva; essa non esonera l’uomo da uno sforzo morale continuo (Cfr. DENZ. SCH. 2351 (1327) ss.), ma scaturisce come un’impellente vocazione dal fatto della elevazione dell’uomo al grado di figlio di Dio: «Siate perfetti, insegna Gesù, com’è perfetto il vostro Padre celeste» (Matth. 5, 48); «come si conviene a santi», aggiunge S. Paolo (Eph. 5, 3).

Come mai si spiega la tendenza, tanto pronunciata ai nostri giorni, ad interpretare il Concilio come una «liberazione» da obblighi morali, che il costume cristiano aveva sempre considerato (se non, purtroppo, sempre osservato) come gravi e vincolanti? Come si tende a squalificare come norme puramente giuridiche, e perciò esterne e mutabili, le leggi della Chiesa? Come si eccede nel dichiarare «tabù», specialmente in materia di decenza morale, certe esigenze e certe regole, che l’educazione cristiana e civile era riuscita ad iscrivere nello stile della vita nobile e corretta? Siamo in un periodo di lassismo morale, veramente grave e punto conforme alla retta interpretazione del vero senso cristiano ed umano. Al senso dell’onesto e del dovere si sostituisce spesso quello dell’istinto e del tutto lecito. Pansessualismo degradante, edonismo frivolo e passionale, culto della violenza e della ribellione nell’ambito della convivenza sociale, arte superlativa del furto e dell’estorsione, del peculato e della concussione, e poi ora la droga con i suoi criminali commerci e con la sua fatale disintegrazione psichica e morale minacciano davvero di avvilire il livello morale della nostra generazione, che sembra dimenticare gli insegnamenti salutari delle terribili esperienze delle guerre recenti.

È perduto il senso morale? No, speriamo! Forse, in alcune di queste manifestazioni anormali e sconcertanti si nasconde una reazione a false condizioni di vita associata, a ipocrisie farisaiche di pseudo-ordine sociale e morale, al vuoto pedagogico di scuole materialistiche e agnostiche; reazione di cui ‘tutti noi dovremmo cercare di scoprire l’intimo ed inconscio bisogno di una sincerità umana più autentica e più fondata su principi logicamente validi ed imperativi. Ma dobbiamo, noi cristiani, noi cattolici, correggere la facile piega al conformismo ideologico e pratico della cultura ambientale, e alla imbelle suggestione che per essere moderni bisogna comportarsi «come gli altri», cioè affrancati non solo da forme contingenti e storicamente pereunti del costume pratico, ma altresì da esigenze irrinunciabili della fede e della comunione ecclesiale. Non dobbiamo pensare che il Concilio, invitandoci a più diretti e fraterni rapporti col mondo contemporaneo, abbia autorizzato un’ambigua e accomodante interpretazione del Vangelo, un cristianesimo facile, senza dogmi, senza autorità e senza virtuosi sacrifici. La voce di Cristo ci risuona alle spalle: «Se la vostra giustizia (cioè la vostra perfezione morale) non sarà maggiore di quella degli scribi e dei farisei (della gente «bene», si direbbe oggi), non entrerete nel regno dei cieli» (Matth. 5, 20). Cristo non diminuisce l’esigenza della legge morale; la rincara piuttosto e la sottrae alla pseudo sufficienza d’una pura osservanza legale e formale, rendendola più interiore, più personale, più vincolante: rileggiamo il discorso della montagna, e vedremo in quale direzione la norma della vita cristiana si perfeziona con esigenze più umane, più profonde e più religiose, che troveranno nel supremo duplice mandato dell’amore sovrano a Dio e dell’amore egualitario al prossimo la sintesi-chiave di tutto l’ordinamento etico cristiano. La scala morale di Cristo non discende, ma sale; è la scala del «più», non del «meno».

E non sembri intollerabile, né anacronistico, né impossibile il destino, che la vita cristiana ci apre davanti, quello della perfezione; una perfezione sempre da raggiungere, e non mai paga di sé, in questa esistenza nel tempo, ma sempre tesa, sempre alacre, sempre disposta a correggersi, e perciò sempre umile e sostenuta dalla preghiera e dalla speranza, e sempre in rispondenza allo stimolo e all’aiuto della grazia. Sempre, fin da questo doloroso presente cimento, beata.

E la Chiesa, con la sua dottrina, ch’è quella di Cristo, con i suoi sacramenti, che sono quelli dello Spirito Santo e santificante, con la sua autorità pastorale, ch’è quella per l’unità e per la carità ci assiste e ci guida, rivelandoci ad ogni passo del nostro faticoso cammino la direzione giusta, quella della via, della verità e della vita ch’è Cristo Signore.

Con la sua, ecco la Nostra Benedizione Apostolica.


Il servizio del quotidiano cattolico alla comunità ecclesiale

Un pensiero di particolare riconoscenza, con una parola di saluto e di augurio, di plauso e di incoraggiamento, indirizziamo ora ai Religiosi e alle Religiose che, guidati dal venerato e stimato Monsignor Pangrazio, sono venuti a testimoniarci la loro fede e la loro filiale devozione, in occasione della settimana di studio sul tema «Strumenti della comunicazione sociale: il quotidiano cattolico», organizzata dalla C.E.I. e dal suo Ufficio Promozionale Stampa.

È questo un Ufficio del quale anche Noi sentivamo la mancanza e l’urgenza; la cui realizzazione ci è ora motivo di sincero compiacimento; e della cui operosa attività vediamo già le primizie, mentre altri frutti, continui e copiosi, vogliamo e dobbiamo auspicare e speriamo di poter presto raccogliere, con l’aiuto di Dio.

Rivolgendosi a voi, cari Religiosi e Religiose, l’Ufficio Promozionale Stampa della C.E.I., diretto dal bravo Mons. Chiavazza, si è rivolto al cuore della comunità ecclesiale italiana. Chi potrebbe dubitare dell’opportunità e della chiaroveggenza di questa scelta? E a voi l’Ufficio Promozionale Stampa ha fatto appello per sollecitare una sicura e indispensabile corrispondenza, in ordine alla soluzione dei vari problemi che interessano il quotidiano cattolico italiano. Come potrebbero i Religiosi e le Religiose, che della Chiesa sono parte così importante, qualificata e imprescindibile, sottrarsi alla fiducia in essi riposta, alle responsabilità ineludibili che pur su di essi gravano in questo settore? Come potrebbe il cuore non pulsare e non essere propulsore di vita anche per ciò che riguarda il giornale cattolico?

Il breve tempo ora a disposizione non permette che ci dilunghiamo sulla necessità del quotidiano dei cattolici italiani quale impegno morale collettivo di primo ordine; quale pubblica espressione di vitalità, di presenza, di coerenza e di coraggio ecclesiale; quale punto di incontro e di manifestazione delle diverse esperienze di pensiero e di azione maturate in seno alla Chiesa italiana nell’unità della fede e della carità; quale mezzo insostituibile di informazione e di formazione; quale strumento d’incidenza sull’opinione pubblica nazionale, a vantaggio del bene comune. Del resto, sappiamo che voi già conoscete tutto ciò, e che non mancate di esservi profondamente sensibili. Ne è prova la lodevole sollecitudine con cui vi radunate in questi giorni, per fare oggetto di ulteriore intelligente riflessione e di conseguenti decisioni operative i temi predetti.

A Noi soprattutto importa, in occasione di questo significativo e gradito incontro, raccomandarvi di considerare il problema del quotidiano cattolico come cosa vostra, poiché è cosa della Chiesa; di dare al quotidiano dei cattolici italiani ogni possibile appoggio, facendovi sentire la vostra voce e contribuendo così sia ad arricchirne i servizi informativi come a consolidarne la bontà degli orientamenti; di zelarne con successo la diffusione, la lettura, il sostegno anche materiale, nei vostri Istituti e tra le persone con cui siete in contatto a causa dei vostri molteplici ministeri. È un dovere della vostra professione cristiana e religiosa. Adempitelo fedelmente e generosamente con la Nostra Benedizione.

Gruppi giovanili di formazione religiosa

Con particolare soddisfazione del Nostro animo accogliamo e salutiamo i partecipanti al Corso per «Animatori del Movimento Oasi» che, diretto dal Rev. P. Virginio Rotondi, S.I., si sta svolgendo in questi giorni presso la Villa Sorriso di Castelgandolfo.

Provenienti da diverse nazioni, voi carissimi figli Sacerdoti e laici, non avete esitato a portare una sosta agli importanti quotidiani impegni pastorali e professionali, per convenire nel menzionato centro di preghiera e di studio, pensosi delle odierne necessità della Chiesa; e per concordare un programma di azione al fine di rendere attenti, specialmente i giovani, verso l’altissimo dono della vocazione, la grande missione di cooperare alla salvezza degli uomini e gli incomparabili beni connessi col sacro ministero.

Mediante il vostro raccoglimento e la vostra opera, voi offrite al mondo - non sempre sensibile a tali manifestazioni di solidarietà fraterna - la riprova della vitalità della Comunità ecclesiale che può sempre fare affidamento sulla generosità dei suoi membri fedeli. Noi, pertanto, mentre vi ringraziamo per l’omaggio così significativo che avete voluto offrirci, vi esortiamo - secondo la forte espressione del Concilio Vaticano II - ad essere, nei vostri luoghi di azione pastorale e di lavoro professionale, sempre più autentici animatori, mettendo a frutto - che auspichiamo largamente fecondo - gli insegnamenti dei vostri maestri e le indicazioni derivanti dal vostro dialogo fraterno.

Nella vostra non facile opera, vi seguirà la Nostra preghiera e vi accompagnerà la Nostra confortatrice Benedizione, che con paterna benevolenza impartiamo a ciascuno di voi e alle vostre famiglie.

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Sappiamo che è presente all’udienza un gruppo numeroso di giovani, i quali aderiscono al Movimento GEN - cioè la «Nuova Generazione» - e sono in questi giorni riuniti per un convegno di studio presso il Centro Mariapoli di Rocca di Papa.

Cari giovani, Noi vi ringraziamo della vostra visita, che ci porta la visione così varia e multiforme dei Paesi a cui appartenete, e costituisce, al di là dell’omaggio alla Nostra persona, una testimonianza aperta e sincera di fiducia nella Chiesa di Dio. E, da parte sua, la Chiesa - c’è forse bisogno di ricordarlo? - ripone molta fiducia e speranza in voi.

Nel vostro incontro state studiando i problemi del mondo contemporaneo alla luce del Vangelo e, mirando ad un’azione diretta, cercate di mettere a punto un preciso programma di lavoro in favore dei Paesi dell’Africa. Ebbene, Noi vi esprimiamo compiacimento per tali iniziative e paternamente incoraggiamo questa vostra ricerca, centrata sulla verità evangelica e sull’insegnamento sociale, che la Chiesa ne ha coerentemente dedotto. Quel che voi stabilirete per dare un seguito concreto alle vostre riunioni, sarà un test indicativo della vostra genialità, della vostra generosità, dell’operoso contributo che intendete offrire alla grande causa del progresso e della fratellanza dei popoli. A questo impegno vi sia di conforto la Nostra affettuosa Benedizione, che amiamo estendere ai vostri genitori ed alle vostre famiglie.

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Cosa diremo a voi, carissimi alunni del Collegio «Don Folti» di Valle Colorina, che avete lasciato la suggestiva bellezza e la verde pace dei vostri magnifici monti, per trasferirvi presso la tomba del Principe degli Apostoli, in funzione di servizio liturgico nella Basilica Vaticana?

Voi certamente ne siete onorati e considerate come un premio questo soggiorno romano. Il Papa, salutandovi con paterno affetto, vi incoraggia in codesto vostro sentimento, sicuro come Egli è che voi, in santa emulazione coi vostri condiscepoli, vorrete attendere con esemplare diligenza e fervorosa pietà al servizio affidatovi.

Di cuore vi benediciamo unitamente ai vostri Superiori e alle vostre care famiglie.

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We are happy to welcome the very large group from the United States, among whom there are over a thousand students. We hope that your visit to Rome is a very beneficial one for all of you. When you return home to America We would ask you to convey our greetings and blessing to your families and friends. It is a pleasure for us to extend a greeting to the special delegation of Labor Leaders. We know the role you play in today’s society and our prayer is that through your efforts you will indeed make a worthy contribution to the improvement of man’s lot and to the peace of the world. Be assured of Our best wishes for your persons and your dear ones.

                                                       



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