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DISCORSO DI PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO
DALL'ASSOCIAZIONE CRISTIANA ARTIGIANI ITALIANI


Sabato, 23 ottobre 1965

                  

Egregi Signori e carissimi Figli!

Siamo lieti di accogliervi per rispondere ad un vostro desiderio, che non Ci è fatica, ma diletto di soddisfare: quello d’incoraggiare e di benedire lo scopo che vi riunisce e che qua vi conduce: e cioè «il rinnovamento dell’artigianato sacro nello spirito del Concilio ecumenico». Volentieri! Incominciamo intanto a dire «brava» alla Presidenza Nazionale dell’Associazione Cristiana degli Artigiani Italiani, la quale alle altre iniziative, alle altre benemerenze, aggiunge quella di assistere con particolare cura quel settore artigianale, suddiviso in tante categorie, quante sono le varie sue produzioni, che si dedica agli oggetti del culto sacro: ottima cosa codesta, e per il bisogno di dare all’artigianato sacro sviluppo e assistenza, e per il numero delle persone che vi sono impegnate, e per l’interesse dovuto ad una nobilissima tradizione italiana, e per l’onore infine che ne può risultare sia alla religione, che all’arte.

Il Nostro plauso e il Nostro incitamento, già altra volta espressi alla vostra Associazione, vi sono oggi tanto più cordialmente espressi in quanto si tratta dell’artigianato sacro.

Daremo poi lode alle autorevoli ed esperte persone che hanno animato il Convegno col contributo della loro parola e della loro perizia. Noi non dubitiamo che tutto sia stato detto da voci tanto qualificate circa gli aspetti propriamente religiosi del tema, come pure circa quelli estetici, quelli tecnici, quelli organizzativi, economici, professionali e commerciali, che vi si riferiscono. La saggezza dei vostri maestri e l’ampiezza delle loro trattazioni Ci esonera, nella presente brevità di tempo, dall’aggiungere amplificazioni e commenti.

Non però taceremo un’osservazione ed un augurio.

L’osservazione riguarda il giudizio abituale, che è dato dal pubblico sul lavoro dell’artigiano dedicato alla produzione di oggetti sacri in confronto con l’opera dell’artista, che mira ad una espressione d’arte religiosa. 

Artigiano e artista; lavoro ed opera d’arte: è chiaro che nel giudizio estetico nessuno può togliere all’artista e alla sua opera il primo posto; e ordinariamente anche nella classifica dei valori spirituali; lo prova il fatto che l’artigiano tende a diventare artista e a fare del suo lavoro un’opera d’arte.

Ma sarebbe da chiedersi se sia esatto il giudizio che attribuisce a priori e in via generale alla produzione artigiana un livello modesto, e degno più di compatimento che di ammirazione, .quasi che il lavoro artigianale, specialmente nelle arti figurative, non possa superare le forme empiriche e quasi paesane, da cui nasce, forme spesso convenzionali e prive di gusto, che intendono piuttosto servire a bisogni primitivi della pietà, che non alle esigenze raffinate dell’arte. Sarebbe disconoscere virtù originali e spesso meravigliose dell’artigianato sacro; sarebbe marcare una distinzione troppo profonda fra artista e artigiano; sarebbe dimenticare la gloria delle botteghe artigiane, dalle cui scuole familiari e dai cui laboratori rudimentali sono usciti artisti di primissimo ordine e spesso capolavori della grande arte, non meno che squisite testimonianze di finissimo senso religioso. L’artigiano, se appena sa il suo mestiere, se ha una scintilla di genio, se non è imbrigliato e impigrito da modelli scadenti e volgari, conferisce facilmente al suo lavoro i segni commoventi d’uno sforzo espressivo personale e spirituale, le tracce d’una umanità ingenua, se volete, ma autentica e viva; e rivela talvolta, nella produzione religiosa specialmente, un barlume carismatico di candida pietà. La bottega artigiana è stata moltissime volte la culla dell’arte nuova e potente, e il sacrario espressivo della vera fede; e ciò non solo nel settore figurativo, ma in ogni altro settore in cui si esercita la sua abilità.

Quel che fa torto all’artigiano, in quanto si distingue dall’artista, è d’essere assimilato al mercante, che talora non bada propriamente né all’arte, né alla fede, ma tende a produrre l’«articolo» religioso, da lanciare in serie sul mercato con facile profitto economico, ma spesso, oggi specialmente, con non poco detrimento del vero sentimento religioso.

Ecco allora il Nostro augurio: che sia aiutato l’artigiano a diventare artista! È ciò che certamente voi fate, e che Noi appunto auguriamo possa ottenere vero e felice successo. Artista di popolo, s’intende; artista, che pur, accettando gli influssi estetici del suo tempo, li umanizza, li semplifica, li innalza, li rende capaci di linguaggio comprensibile (quello che tanti artisti d’oggi, dimentichi d’uno dei canoni fondamentali dell’arte, vanno perdendo); e linguaggio religiosamente ortodosso. Perché nel campo, di cui ora Ci occupiamo, essere artista non basta se l’operatore deve imprimere all’opera sua quel carattere misterioso, che si chiama sacro, ad esprimere il quale nulla più giova che l’intima e personale sensibilità religiosa dell’artigiano-artista: egli tende a vivere e a documentare la sua fede e ad offrire espressione e conforto alla fede di chi farà suo e ammirerà l’oggetto delle sue fatiche. Egli vuole servire la preghiera. Egli vuole compiere il prodigio di fondere insieme la bellezza e la fede, e vuoi fare della faticata perfezione del suo lavoro una scala d’ascesa alla pietà dei fratelli ed un umile e beato omaggio alla gloria di Dio. Ed anche questo voi fate, e con grande merito, quando aiutate gli artigiani a professarsi cristiani, anzi a lavorare con fierezza religiosa e con forza spirituale nel settore dell’artigianato sacro. È un grande servizio che rendete, e non solo a codesti nobili Lavoratori, ma alla causa del regno di Dio.

Qui dovremmo aprire lo sguardo alla grande varietà di oggetti religiosi e di suppellettili sacre, a cui l’artigiano può dedicarsi, e per cui la vostra assistenza può essere provvida; ma troppo vi sarebbe da dire.

Noi pensiamo sovente, ad esempio, al tempo, alla fatica, all’amore che in tante case religiose sono dedicati alla confezione di ornamenti sacri: quanto sarebbe benemerito chi indirizzasse quelle mani pure e volonterose a produrre le cose semplici e belle, che la Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia reclama per il culto religioso elevato alle sue nuove e degnissime forme. E ciò che si dice degli ornamenti sacri, per tante altre suppellettili religiose si può ripetere. Il culto cattolico si serve di moltissime cose, e fa delle creature materiali un alfabeto per le sue voci spirituali; occorre l’artigiano e l’artista che le sappiano elevare a tale potenziale efficacia, che il Sacerdote poi saprà dispiegare. Una volta di più sul sentiero logico del discorso ricompare l’antico e aureo binomio, che associa l’opera umana e profana all’opera sacra e divina, l’artista al sacerdote: ora et labora. E per l’uno, l’artista, non potrebbe essere maggior gloria; e per l’altro, il sacerdote, come ministro delle cose invisibili mediante quelle visibili, maggiore felicità.

È quanto basta perché sia chiaro il senso, il valore, il merito della vostra attività.

Ad essa, perciò, come alle vostre persone e a quanto avete nel cuore e rappresentate di cuore benediciamo.

                                    



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