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DISCORSO DI PAOLO VI
AL NUOVO CONSIGLIO NAZIONALE
DELL'UNIONE APOSTOLICA DEL CLERO

Mercoledì, 22 marzo 1972

 

Figli carissimi,

È per noi una grande gioia il ricevervi in questa udienza, che ci permette di abbracciare con lo sguardo e con il cuore i rappresentanti più qualificati dell’Unione Apostolica del Clero, mettendo sulle nostre labbra l’espressione di San Paolo: «Fratres mei carissimi et desideratissimi, gaudium meum et corona mea» (Phil. 4, 1).

Vorremmo avere più tempo a nostra disposizione per intrattenerci a nostro agio con voi sullo spirito che informa la vostra benemerita Unione, sull’attività che essa svolge, sui propositi che viene formulando, sulle speranze ch’essa lascia di sé concepire. Come non rilevare con soddisfazione in questa circostanza il lungo e fruttuoso cammino di questa associazione, cui va il merito di avere alimentato la pietà e lo zelo di generazioni di sacerdoti?

Ma indubbiamente questo doveroso sguardo retrospettivo non basta; esso deve spingervi a guardare anche in avanti, a trarre cioè dalla buona operosità e dall’esperienza del passato, ispirazione e coraggio per proseguire, con l’aiuto di Dio, l’opera intrapresa.

Proseguire, dunque: sia questa la consegna risultante dal presente incontro, nonché della nostra paterna esortazione.

Essa si fa più forte ed autorevole dopo le norme emanate dal Concilio Ecumenico a favore delle associazioni sacerdotali, intorno alle quali il Concilio stesso così si esprime: «Vanno anche tenute in grande considerazione e diligentemente incoraggiate le associazioni che, in base a statuti riconosciuti dall’autorità ecclesiastica competente, fomentano - grazie a un modo di vita convenientemente ordinato e all’aiuto fraterno - la santità dei sacerdoti nell’esercizio del loro ministero e mirano in tal modo al servizio di tutto l’ordine dei presbiteri» (Presbyterorum Ordinis, 8).

Abbiamo voluto ricordare queste affermazioni del Concilio - riprese dal recente Sinodo dei Vescovi, che in tal modo ne ha riaffermata autorevolmente la validità - per manifestarvi Ia nostra stima e l’importanza che noi riconosciamo alla vostra Unione nel contesto della realtà sacerdotale di oggi.

Ci rendiamo ben conto delle difficoltà che la vita della Unione oggi incontra a motivo di una diffidenza largamente diffusa verso le strutture ufficiali e le forme associative; né ignoriamo che molte delle iniziative da voi lodevolmente promosse sono ormai entrate a far parte dei compiti e dei programmi del presbiterio diocesano. Non per questo, tuttavia, riteniamo superata o superflua l’attività dell’Unione Apostolica. Crediamo anzi che proprio in seno al presbiterio stesso essa potrà trovare il suo spazio operativo e la possibilità di offrire un servizio gradito e fecondo per il clero.

L’esperienza, infatti, dimostra che le iniziative ufficiali, per quanto bene organizzate ed efficienti, si manifestano insufficienti a soddisfare le attese e i bisogni più personali della spiritualità sacerdotale, e particolarmente le istanze della fraternità e dell’amicizia fra i sacerdoti, come si può costatare dal fatto che non pochi sacerdoti sempre più frequentemente sono alla ricerca di un tipo di incontro fraterno, in cui la spontaneità della partecipazione, la convergenza dei gusti, della mentalità e degli interessi creano facilmente un’atmosfera di calda intimità anche sul piano propriamente umano dell’amicizia.

È precisamente a questo punto che si colloca la funzione, discreta e preziosa, dell’Unione Apostolica; è in questa direzione che essa può trovare il suo giusto inserimento nella coscienza del sacerdote di oggi e nel presbiterio diocesano. Procedendo da libera e responsabile iniziativa della base, ma in piena adesione e con umile volontà di servizio al Vescovo e agli organismi presbiterali diocesani, essa potrà offrire questi momenti di comunione fraterna, di contenuto squisitamente sacerdotale e costruttivo per la spiritualità pastorale dell’intero presbiterio.

Quando poi si pensa all’azione che l’Unione svolge mediante le sue iniziative e soprattutto facendo leva sull’impegno personale e sull’attività di gruppo, allora si capirà quanto essa possa riuscire di sostegno all’azione dell’autorità, facendo sorgere per libera iniziativa della base quel clima propizio all’accoglimento delle direttive superiori o, in attesa di queste, realizzando tra i sacerdoti uno stile di vita più spiccatamente ispirato alla generosità evangelica. Ecco allora, anche per questo verso, giustificata la presenza e delineata la funzione dei gruppi dell’Unione Apostolica nel contesto del presbiterio diocesano: animarne, sostenerne e forse anche stimolarne dal di dentro la vitalità e le iniziative, non con iattanza o paternalismo verso i confratelli, bensì con i fatti e mediante la esemplarità degli aderenti all’Unione.

Permetteteci infine di ricordarvi che la vostra Associazione saprà raggiungere questi obiettivi nella misura in cui saprà mantener fede alle sue finalità specifiche, al primato cioè dello sforzo ascetico e del rinnovamento interiore dei singoli soci, come condizione previa e necessaria della loro azione sacerdotale. Tale fedeltà noi riteniamo che sia tanto più raccomandabile, in quanto la febbre dell’attivismo e il desiderio, anche sincero, di dedicarsi completamente agli altri e di inserirsi nella realtà sociale troppo spesso fanno abbandonare facilmente ai sacerdoti rispettabilissime abitudini della pietà e del costume ecclesiastico e fanno dimenticare la necessità di tenersi sempre collegati con la vera sorgente della fecondità apostolica. No, non è così che deve essere concepito il significato della parola di Gesù, che ci vuole nel mondo, ma non del mondo. Egli ha voluto i suoi apostoli specializzati e qualificati alla sua scuola per portare la salvezza alle anime, ma secondo una logica divina ben diversa da quella del mondo. È la logica del soprannaturale, che non soltanto fa riconoscere la preminenza della vita interiore, ma assegna ad essa un posto ben determinato nella scala di tutti gli altri valori e delle scelte che ne conseguono.

Perciò noi confidiamo e noi auguriamo che l’unione Apostolica del Clero, contribuendo a tener desta nei sacerdoti la coscienza della propria vocazione sacerdotale e dell’impegno nella propria santificazione, li aiuterà sempre più ad essere nel mondo il segno dell’amore di Cristo verso l’umanità e suoi strumenti per la salvezza degli uomini.

Così sia, con la Grazia di Dio, mediante la nostra Apostolica Benedizione.

                               



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