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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AGLI ARCIVESCOVI E AI VESCOVI DELLA SICILIA
IN VISITA «AD LIMINA»

Sabato, 5 marzo 1977

 

Un cordialissimo saluto desideriamo rivolgere a voi tutti, Arcivescovi e Vescovi della Conferenza Episcopale Siciliana, che siete venuti a Roma per pregare insieme sulla tomba del Principe degli Apostoli e per incontrarvi con il suo Successore.

Il nostro affettuoso benvenuto è anzitutto rivolto a voi in quanto rappresentanti spirituali di una terra illustre, carica e ricca di storia, e portatori altresì delle istanze più profonde di un popolo forte, umile e buono. Terra e popolo siciliani degni di speciale stima e di particolare interesse, posti come sono, geograficamente, quasi al centro del Mediterraneo, punto d’incontro tra Oriente ed Occidente, e, invero, protagonisti di alterne vicende, spesso luminose, talvolta anche dolorose e drammatiche, che ne hanno contrassegnato la cultura e l’indole.

E la Sicilia fu tra le prime regioni ad accogliere il Messaggio cristiano. Ricordiamo gli «Atti degli Apostoli», che menzionano esplicitamente l’approdo e la sosta di Paolo a Siracusa (Act. 28, 11-12), che possiamo ben considerare come l’inizio del Cristianesimo nella Sicilia.

La nostra gioia nel vedervi accanto a noi è motivata anche da cari ricordi personali: non possiamo dimenticare i vari viaggi in Sicilia - il primo risale al lontano 1924 - nei quali sia a Palermo che a Catania avemmo la soddisfazione di trovare, specialmente fra i giovani universitari cattolici, tanta fede, tanto entusiasmo, tanto impegno. Nella nostra vita abbiamo avuto inoltre la ventura di conoscere delle personalità siciliane, per nascita o per adozione, che hanno lasciato un’impronta indelebile nel loro ambiente: il Cardinale Lualdi; il Cardinale Ernesto Ruffini, Arcivescovo di Palermo; il Cardinale Francica Nava, Arcivescovo di Catania. E i nostri amici siciliani: Monsignor Mariano Rampolla del Tindaro; l’insigne filosofo Monsignor Trippodo; S. E. Monsignor Francesco Pennisi, primo Vescovo di Ragusa; Monsignor Vizzini di Acireale, e il suo successore Monsignor Russo; Monsignor Gennardi; Monsignor Paino, Arcivescovo di Messina; Monsignor Sturzo, Vescovo di Piazza Armerina; e specialmente Monsignor Ettore Baranzini, già Rettore del Seminario Lombardo, e per lunghi anni Arcivescovo di Siracusa.

In questa onda di commossi ricordi, che ci riportano agli anni della nostra giovinezza, rinnoviamo a voi, Pastori della Sicilia, la nostra profonda stima.

Che cosa dobbiamo noi raccomandarvi, oggi, in questo incontro così pieno di significato?

Il popolo siciliano possiede un forte attaccamento alle sue buone tradizioni, che si fondano sulla fede cristiana: il senso della generosità, dell’amicizia, del disinteresse, dell’impegno, e specialmente il rispetto religioso verso la sacralità della famiglia. Occorre far di tutto per conservare, onorare ed indirizzare tali tradizioni, pur in mezzo ai continui mutamenti sociali e pur prestando la debita attenzione alle istanze del tempo odierno. La fervida devozione verso le celebri Sante dell’Isola, Santa Rosalia, Sant’Agata, Santa Lucia è una garanzia per la salvaguardia delle autentiche tradizioni, civili e cristiane, che trovano espressione non solo nei tesori archeologici famosi, ma altresì nelle incomparabili chiese di Monreale, di Palermo, di Cefalù, e negli innumerevoli Santuari - come quello di Gibilmanna - nei quali Maria Santissima è tanto venerata, onorata, amata.

I valori religiosi popolari, se necessario, saranno debitamente purificati mediante un’assidua opera di catechesi. Voi, nella vostra responsabilità di Pastori, avete emanato delle norme per la degna celebrazione delle «feste», anche nelle loro esterne manifestazioni. Noi stessi, nell’Esortazione Apostolica «Evangelii Nuntiandi», dell’8 dicembre 1975, abbiamo detto che la «pietà popolare», se è ben orientata, «soprattutto mediante una pedagogia di evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrifici fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza operosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione» (PAULI PP. VI Evangelii Nuntiandi, 48).

Vorremmo, inoltre, accennare brevemente alla opportunità di un metodo di azione pastorale che sia unitario e attuato nella concordia delle Diocesi. È quanto già avviene nella vostra Regione: la Conferenza Episcopale Siciliana (CESi), a cui presiede saggiamente il caro Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo, nei suoi costanti e regolari incontri periodici, studia ed analizza i complessi problemi religiosi e pastorali dell’Isola per dare ai fedeli e ai sacerdoti un tempestivo orientamento di pensiero e di azione. Tale unità di intenti sia sempre più rafforzata per lo studio dei programmi di istruzione religiosa a tutti i livelli, e per il rinvigorimento c la promozione delle Associazioni Cattoliche: dall’Azione Cattolica a tutte le altre forme di associazionismo, che, in serena unione con i Vescovi, intendono dare una concreta testimonianza di vita cristiana nei vari settori della vita.

In questa prospettiva di metodo unitario, un validissimo apporto possono dare i Religiosi e le Religiose, pur nella fedeltà al loro specifico carisma di fondazione; «provvidenziali collaboratori dell’ordine episcopale» (Cfr. Christus Dominum, 34), svolgano il loro apostolato nelle parrocchie, in mezzo alle «élites», nei settori qualificati, come le Scuole e specialmente i Collegi, in cui gli alunni possano ricevere quella formazione umana, culturale e cristiana, sempre più necessaria nella presente situazione.

Ma uno dei doveri fondamentali del Vescovo è oltre il dono di sé a Dio, quello ai propri fedeli: «Per conto mio - dice San Paolo - mi prodigherò volentieri, anzi consumerò me stesso per le vostre anime» (2 Cor. 12, 15). Avvicinate, amate, ascoltate il vostro popolo. I suoi problemi si sono moltiplicati: problemi umani, sociali, intimamente connessi con quelli morali e religiosi: vaste zone decimate per l’esodo dei lavoratori, che cercano altrove un pane per loro stessi e per le loro famiglie; giovani, lavoratori o studenti, angustiati dal problema di una sistemazione, che si presenta talvolta aleatoria, ma specialmente in cerca di serene certezze in mezzo all’indifferenza e ad un certo decadimento del costume. Anziani, al tramonto della loro vita; malati, che cercano conforto; bimbi che vogliono trascorrere nella gioia la loro fanciullezza e sono talvolta costretti a vivere in condizioni non certo degne della persona umana.

Per tutti costoro siate padri, fratelli, amici. Ma siatelo in particolare per i Sacerdoti, vostri collaboratori nel ministero pastorale, e per gli aspiranti al Sacerdozio. Sappiamo che fervono iniziative per la formazione e per l’aggiornamento del Clero, a livello diocesano e regionale, e che i «Centri Vocazioni» lavorano con ritmo costante e con crescente impegno. Noi auspichiamo che i vostri sacerdoti siano sempre, in ordine alla loro preparazione spirituale ed intellettuale, all’altezza della complessità dei tempi.

Ecco alcune idee che abbiam voluto parteciparvi, dopo aver preso visione delle varie relazioni, da voi inviate in occasione della vostra visita «ad limina». Il lavoro è molto, lo sappiamo. Ma, coraggio e fiducia nel Signore!

Nel rinnovarvi la nostra benevolenza, vogliamo concludere facendo nostre le parole di San Pietro: «Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro (. . . .) pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza, ma volentieri, secondo Dio . . . facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce» (1 Petr. 5, 1-4).

Con la nostra Benedizione Apostolica.

 



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