Index   Back Top Print

[ IT ]

ALLOCUZIONE DI SUA SANTITÀ PIO XI 
DURANTE IL CONCISTORO SEGRETO
SULLA CHIESA CATTOLICA

«GRATUM NOBIS» 

23 maggio 1923

 

Venerabili Fratelli.

Ci è molto gradito rivedervi radunati un’altra volta intorno a Noi per trattare importantissimi interessi della Chiesa nei quali si associano la gloria di Dio e la salute delle anime. E questo Ci è tanto più gradito perché non mancano, grazie alla bontà divina, motivi che con grande gioia ricorderemo e che voi ascolterete con viva soddisfazione.

Vogliamo innanzi tutto riferire degli onori che solitamente si porgono oggi alla Santissima Eucaristia, sia in Italia, sia in tutto il mondo cattolico, con tanta meravigliosa magnificenza che possiamo ragionevolmente rievocare i fasti più gloriosi tributati al Santissimo Sacramento nella storia della Chiesa. Infatti, i generosi fervori dei primi cristiani, la pronta reazione popolare sviluppatasi in tutti i tempi contro gli errori degli eretici, i miracoli eucaristici avvenuti in vari luoghi, i decreti e i canoni dei grandi Concili, le incessanti sollecitudini dei Romani Pontefici per il culto eucaristico, le loro solenni e ripetute sanzioni, il favore delle grandi devozioni e pratiche eucaristiche (il Corpus Domini, le Quarant’ore, l’Adorazione Perpetua, la Prima Comunione, la Comunione frequente, nuove famiglie religiose interamente consacrate al culto eucaristico) sono a dimostrare che come la Divina Eucaristia è sempre stata nella Chiesa e per la Chiesa l’apogeo, il centro e la ragione d’essere di tutto il culto, la sorgente e l’alimento di tutta la vita soprannaturale, così il quotidiano incessante culto eucaristico assurse ben spesso nei diversi tempi a manifestazioni di particolare importanza, grandiosità e bellezza della devozione popolare. Tutti questi avvenimenti che si svolgono nei Congressi eucaristici, i discorsi e le sacre predicazioni, la frequenza ai Sacramenti e i non rari ritorni alla vita cristiana, le adorazioni diurne e notturne, gli affollati cortei che si svolgono trionfalmente costituiscono certamente, nella loro bellezza e grandiosità, un valore importantissimo degli stessi Congressi.

Di tutto questo Venerabili Fratelli, uniti a voi ringraziamo vivamente Iddio dal profondo del cuore, e nello stesso tempo tributiamo il meritato elogio all’Episcopato e al Clero, alle iniziative e alle apostoliche fatiche dei quali è dovuta un’opera di tanta gloria a Dio e di tanta salute per le anime. Del pari lodiamo, come è giusto, quei laici cattolici all’aiuto e alla generosa collaborazione dei quali i Vescovi e i loro ministri debbono, presso Dio, il successo e il frutto della loro attività.

Altro motivo di intima gioia e di profonda consolazione è stata per Noi l’accoglienza piena di fede e di pietà filiale che tutto il mondo cattolico ha fatto alla Nostra prima Enciclica: accoglienza della quale Ci sono giunte e ancora continuano a giungere da ogni parte importanti testimonianze.

Vivamente, poi, Ci allietano lo zelo fervoroso e il senso del dovere con i quali il clero e i laici, assecondando le Nostre esortazioni e le Nostre raccomandazioni, sotto la direzione dei Vescovi si dedicano a quelle iniziative e a quelle istituzioni che fanno capo all’Azione Cattolica. Questa, per la sua stessa natura, ha quale scopo la formazione delle coscienze, secondo i genuini princìpi di Gesù Cristo, sotto la guida della sacra gerarchia e tenendo conto dei doveri e dei bisogni individuali e sociali dei diversi Stati e delle diverse classi; non è chi non veda di quanto beneficio, di quanta importanza e necessità essa sia non soltanto per la vita religiosa e per la Chiesa, ma anche per la vita civile e per l’umano consorzio. Per questo, nell’Enciclica che abbiamo ricordato, abbiamo dichiarato apertamente e con insistenza che l’Azione Cattolica partecipa senza dubbio del ministero pastorale e della vita cristiana, al punto che tutto ciò che si fa in favore o contro di essa, costituisce di per sé una garanzia o una violazione dei diritti della Chiesa e delle anime.

Pertanto, che l’Azione Cattolica si venga sempre più largamente svolgendo e consolidando, che questo avvenga mercé una orientazione ed ispirazione sempre più pia e profonda della divina Eucaristia; che clero e laicato, giovani dell’uno e dell’altro sesso vi concorrano gareggiando di attività e di abnegazione in spirito d’apostolato, tutto questo Ci riempie di santissima gioia e Ci apre il cuore alla speranza di un avvenire molto migliore.

Una speranza non dissimile, dilatata fino agli estremi paesi della terra nei quali si predica il Vangelo, Ci ispira quella Esposizione generale delle Missioni cattoliche che si terrà nel prossimo Anno Santo in questo Nostro Palazzo Vaticano, e della quale, come vi è noto, Venerabili Fratelli, già demmo l’annunzio nell’atto stesso in cui ne davamo il mandato al Nostro diletto figlio il Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione « de Propaganda Fide ». Ci è gradito comunicarvi, in questa nobilissima assemblea, che già da ora il successo sembra assicurato, in quanto il Cardinale e i collaboratori che egli ha scelto lavorano con grande impegno per preparare l’Esposizione, e le lettere d’invito inviate in tutte le parti del mondo hanno ricevuto una calorosa accoglienza e suscitato grandi promesse di partecipazione.

Abbiamo pertanto la certezza che ne deriverà grandissimo vantaggio all’opera delle Missioni, che è la più importante e la più santa di tutte le opere cattoliche. Effettivamente, i fedeli che accorreranno da tutte le regioni del mondo alle tombe degli Apostoli in occasione dell’Anno Santo per ottenere la totale remissione dei peccati e un’abbondante quantità di grazie, abbracceranno in un solo colpo d’occhio tutta l’estensione e l’ampiezza di quell’Opera divina; si renderanno conto delle risorse e dei mezzi di cui essa abbisogna, delle difficoltà di ogni genere che i santi messaggeri di Cristo debbono superare, dei numerosi e meravigliosi risultati raggiunti finora dai missionari, e dei tanti immensi sforzi che restano da compiere. Quindi comprenderanno facilmente da quali gravi ed urgenti necessità di aiuto siano assillati i missionari, in modo che tutti, secondo le proprie possibilità, possano soccorrere questi eroici uomini che, abbandonata la propria patria e i più stretti amici, vanno verso lontane regioni barbare a profondere le loro fatiche e la stessa vita per la salvezza delle anime che Gesù Cristo ha redente con il proprio sangue. Inoltre, da questo particolare incontro le stesse Missioni cattoliche avranno la possibilità non trascurabile di scambiarsi i loro punti di vista, e i loro dirigenti potranno mettere in comune le proprie esperienze. Infatti confidiamo soprattutto che nel futuro i metodi missionari si adegueranno alle esigenze ed ai criteri moderni, in modo da fornire ogni giorno strumenti sempre più intelligenti ed efficaci ai ministri della grazia e della santità. In realtà, i benefici della grazia e della santità devono e dovranno avere la precedenza su tutto, in quanto si tratta di condurre gl’infedeli a Cristo: opera assolutamente soprannaturale e divina.

Sarebbe per Noi certamente consolante, Venerabili Fratelli, intrattenerCi più a lungo con voi su questi lieti argomenti se altre cose — alle quali non si accompagnano certamente né letizia né consolazione, ma piuttosto sofferenze e angosciose preoccupazioni — non richiamassero la Nostra mente e il Nostro animo.

Nel vicino Oriente Europeo ed Asiatico, dove sopravvivono tanti santissimi ricordi del Cristianesimo e dove si svolgono importantissime trattative, una spaventosa incessante tormenta continua a procurare a quelle popolazioni e a quei paesi indicibili tribolazioni e difficoltà, con incalcolabile danno non soltanto per la religione, ma anche per la civiltà e l’umanità. È del tutto superfluo affermare in questa sede che Noi, nei limiti delle Nostre possibilità, abbiamo sempre difeso e sempre difenderemo i diritti dei cattolici nei Luoghi Santi: diritti di un’evidenza assoluta e di gran lunga superiori a qualsiasi altro diritto, tali da non poter mai essere soggetti a qualsiasi prescrizione. Pertanto Noi continueremo a portare tutti i conforti e gli aiuti compatibili con le Nostre possibilità alle immense miserie di quelle popolazioni. E piacesse a Dio che a tutti gli esuli e a tutti i bambini orfani dell’uno o dell’altro genitore potessimo offrire un rifugio sicuro e una salutare protezione come abbiamo potuto fare — certamente per pochi, di fronte a tanta moltitudine! — grazie alla generosità dei fedeli che in questa solenne sede Ci piace segnalare e ringraziare.

Né va esente da molteplici e gravi mali l’Europa. Sul continente e nelle grandi isole, popoli già floridissimi e maestri di antica civiltà, si dilaniano in lotte fratricide che causano agli uni e agli altri perdite incalcolabili, minacciando di provocare danni ancora maggiori, che colpirebbero tutta l’Europa e l’intiero consorzio umano. Non riusciamo ad esprimere con le parole quanto sia il Nostro dolore, tenuto conto dell’affetto paterno che Noi nutriamo nei confronti di coloro che combattono dall’una e dall’altra parte. Sia che i popoli dissentano fra di loro sul concetto di libertà politica, o siano in disaccordo sull’interpretazione dei trattati o la determinazione dei diritti e degli obblighi che ne derivano, oppure che siano sempre rimasti nella casa paterna o ne siano usciti in giorni più o meno lontani, tutti sono figli del Padre comune che, mentre si siede alla tavola di famiglia con i presenti, aspetta fiducioso l’arrivo degli assenti. Infatti, tutti sono pecore e agnelli dello stesso ovile, al quale il Pastore divino sempre li invita e li chiama incessantemente con amore.

Se poi gettiamo il Nostro sguardo nella turba dei contendenti, in ogni parte ci sono dei figli che si offrono a questa Sede Apostolica: figli fra i migliori, a Noi carissimi per titoli diversi. Vengono dall’Isola dei Santi, dalla Terra degli Angeli, dalla Nazione primogenita della Chiesa, da quella Germania cattolica che, con il suo zelo ardente e con la sua solida ed operosa organizzazione di vita cristiana, ha saputo compensare la dolorosa defezione dalla Chiesa Romana di quattro secoli fa, pur in mezzo agli orrori della guerra, e la compensa anche ora, nelle presenti tribolazioni.

E neppure Ci sfuggono i tanti danni che subiscono tutte le istituzioni che quei Nostri figli avevano saggiamente creato per affermare ed estendere la fede cristiana: essi Ci sono tanto più cari quanto più sono oppressi da gravi disgrazie. Non occorre dire con quanto dolore seguiamo il prolungarsi indefinito di vicende così drammatiche.

Abbiamo fatto tutto il possibile, nei limiti delle Nostre disponibilità e della Nostra autorità — e Dio ne è testimone — per fare cessare tutte queste miserie, e non desisteremo da tale impegno finché risplenda la luce della speranza, sia predicando la pace fra i contendenti, sia invocando la pace: quella pace che anche in questo momento invochiamo dal profondo del cuore. In ogni caso, in Noi è presente, e lo sarà per sempre, il proposito di implorare il Dio della pace, affinché ristabilisca e affermi la sua pace in tutti gli spiriti, ispirandoli a giustizia e carità, inducendoli ad amichevoli intese. Con tutto l’ardore della Nostra anima, questo chiediamo ora e chiederemo in avvenire.

Avvenimenti ancora più tristi e luttuosi si sono verificati nelle regioni della Russia. Tutti li conoscono, in quanto diffusi ovunque dalla stampa; inutile, quindi, riferirli qui dettagliatamente, ma su di uno non possiamo tacere. Il Capo della Cattolicità invia cola dei personaggi che per la loro pazienza e la loro abnegazione sono degni dell’ammirazione e degli elogi di tutti. Essi dispensano alle afflitte ed affamate popolazioni di quella grande nazione i mezzi di soccorso che Ci era stato possibile raccogliere e che con meravigliosa generosità Ci erano stati inviati dai cattolici di tutto il mondo. Mentre questo avviene, ecco che qualificati Prelati e ministri della religione cattolica vengono imprigionati, interrogati urgentemente, condannati a duro carcere, ed uno di loro viene crudelmente ucciso. A titolo di onore vogliamo qui ricordarli: Giovanni Battista Cieplak, Arcivescovo di Acrida ed i suoi compagni sacerdoti: Leonida Fedorow, Costantino Budkiewicz, Stanislao Eismont, Edoardo Junewicz, Luciano Hwiecko, Paolo Hodniewicz, Antonio Wasilensky, Pietro Janukiewciz, Teofilo Matulanis, Giovanni Trojgo, Domenico Iwanow, Francesco Rutkowsky, Agostino Pronsketis, Antonio Malecki e il giovanissimo Giacomo Sciarnas.

Tutto questo è accaduto a Nostra insaputa, e successivamente non siamo stati né consultati né ascoltati quando chiedevamo che essi, in quanto ecclesiastici sottoposti alla Nostra autorità spirituale, fossero rimessi al Nostro tribunale, unitamente ai documenti della loro eventuale colpabilità; nello stesso tempo prendevamo solennemente l’impegno che li avremmo giudicati secondo giustizia. Ma v’è di peggio, se sono vere le informazioni pervenute: quei rappresentanti di una religione che si mostrava tanto benemerita del popolo russo, venivano condannati alla prigione e alla morte in mezzo a manifestazioni di odio e di disprezzo nei confronti di quella santa e divina religione che essi avevano il compito di difendere, e della quale dichiaravano di volere ad ogni costo osservare le leggi e propugnare i diritti.

Qualunque valore e peso possano darsi alle altre accuse formulate contro l’Arcivescovo Cieplak e ai suoi « compagni di sofferenza », e specialmente contro il sacerdote Budkiewicz, caduto sotto un colpo d’arma da fuoco, i dolori che abbiamo sofferto e soffriamo per la sorte di questi eroici figli sono mirabilmente consolati per una parte dalla gloria che ne deriva alla nostra religione e a Dio stesso, e per l’altra dalla sicurissima fiducia che le condanne, le torture e soprattutto il sangue saranno i semi di numerosi ed eccellenti cattolici, come ai primordi della Chiesa furono « seme di Cristiani ».

Questa speranza è in Noi ancora più viva per coloro che condividono le condanne e le sofferenze dei Nostri Fratelli e figli e che, quantunque separati dalla Nostra comunione, tuttavia Noi amiamo nella carità di Gesù Cristo nella desideratissima unità dell’Ovile, e che pertanto non vogliamo assolutamente separare dai cattolici, invocando per tutti, allo stesso titolo, quelle misure di umanità che sono nei voti di tutto il mondo civile.

È quindi superfluo aggiungere che quanto è avvenuto non arresterà mai l’opera di misericordia e di beneficenza intrapresa, e proseguita ininterrottamente da diversi mesi a sollievo di tante strazianti miserie. Pertanto Noi la continueremo finché sarà necessario e ne avremo i mezzi, memori delle parole dell’Apostolo: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene ». In questo modo Noi mostreremo fino a qual punto vogliamo conservare la pace con tutti, fatti salvi naturalmente i diritti che sono proprî delle creature più deboli, come i bimbi, gl’infermi, gli afflitti, e particolarmente coloro che sono sofferenti per la giustizia e per la verità; fatti salvi soprattutto i diritti che tutelano il bene del civile consorzio e della Chiesa cattolica, che per disposizione divina è l’unica protettrice e maestra della verità presso gli uomini, in quanto è la sola che conserva per l’eternità l’incorruttibile dottrina e il sangue del Dio Redentore.

L’inviolabilità di questi diritti sarà per Noi una legge sacrosanta, per quanto desiderosi di avere pace e di concludere la pace con tutti. Siamo pronti, per quanto possibile, a fare tutte le concessioni che possano procurare ovunque migliori condizioni di vita alla Chiesa e nello stesso tempo riportare la pacificazione degli animi.

Ma torniamo agli argomenti di letizia e di consolazione: su questi Nostri voti e propositi di pace invochiamo con particolare fiducia il patrocinio dei venerabili servi di Dio, che la divina bontà Ci ha concesso recentemente di elevare al titolo ed agli onori di beati celesti: la Beata Teresa del Bambino Gesù, il Beato Michele Garicoïts, il Beato Roberto Bellarmino, a proposito dei quali Ci piace usare le parole del nostro Ambrogio: «Questi sono i difensori ai quali ricorro ».



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana