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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
ALLE LAVORATRICI DELLA CASA*

Basilica Vaticana - Domenica, 19 gennaio 1958

  

Il paterno benvenuto che vi diamo, dilette figlie Lavoratrici della casa, vuol essere la conferma dell'assidua premura che Noi dedichiamo alla vostra categoria, più volte dimostratavi, ora accogliendovi con vivo gradimento alla Nostra presenza, ed ora esponendo il Nostro pensiero sul vostro lavoro, come facemmo parecchi anni or sono, nel corso di tre distinte Udienze concesse ai novelli Sposi, nelle quali illustrammo ampiamente in che modo il senso cristiano debba animare i rapporti tra padroni e domestici (cfr. Discorsi e Radiomessaggi, vol. IV, pagg. 151-158; 165-173; 177-184). Che anzi anche più di recente rivolgemmo nuovamente la parola ad un numeroso gruppo di lavoratrici della vostra categoria (cfr. Discorsi e Radiomessaggi, vol. XVIII, pagg. 263-267). Sicché la presente Udienza, tutta per voi, sarà come la ripresa di quei colloqui ideali, ispirati dal senso di paternità, propria del Vicario di Cristo, che volge l'amore, nello stesso tempo, a tutti e a ciascuno, scevro di debolezze e di parzialità, rispettoso dei diritti degli uni e degli altri, esigendo però da ambedue le parti corrispettivi doveri.

Poiché Ci sembra che in quelle Nostre esposizioni non abbiamo tralasciato alcuno dei punti essenziali sull'argomento, basterà ora che accenniamo a qualche particolare applicazione, non senza raccomandarvi, se è possibile, la conoscenza o la rinnovata lettura di quei Nostri insegnamenti.

Il nome di « Lavoratrici della casa », che avete prescelto in questi ultimi anni per designare la vostra categoria, sostituendolo ad altri, denota che qualche cosa è mutato intorno a voi ed in mezzo a voi. Nella rinnovata coscienza sociale del dopoguerra, ha trovato posto la revisione delle vostre condizioni di lavoro; ma, nello stesso tempo che si è cercato, e tuttora si cerca con buoni risultati, di dare un assetto più conveniente alla vostra categoria, si è notato — e lo notavamo Noi stessi nelle citate esposizioni — che a questa stessa veniva sempre più mancando stabilità. Il servizio domestico, cioè, è spesso abbracciato non più come un'attività stabile della vita di un giovane o di una fanciulla, ma di un determinato periodo di essa, quasi come un ripiego e un'attesa : ed anche nei casi di persone, che intendano dedicarsi stabilmente a questo genere di lavoro esso è ben lontano dall'essere inteso come un rapporto di quasi-adozione con la famiglia ospite, bensì rimane confuso con qualsiasi altra prestazione di opera, ben definita nella specie e nel tempo. Tale evoluzione, molto pronunziata nei paesi esenti dalla piaga della disoccupazione, in quanto significa legittima tendenza alla autonomia personale ed economica, è in certo senso un progresso, al quale è necessario che si adatti la società contemporanea; tuttavia viene a sparire un'istituzione, che, se intesa ed esercitata cristianamente, non è priva di una « sua modesta e discreta bellezza », né di altri concreti vantaggi, quale la sicurezza dell'avvenire per coloro che, nel lavoro, sono associati ad agiate famiglie, quasi come membri di esse. Comunque sia per svilupparsi in avvenire la vostra categoria, a voi interessa soprattutto il suo presente, che vi conta in gran numero tra i suoi addetti, ai quali, specialmente alle « lavoratrici », Ci rivolgiamo, per ricordare loro alcuni principi cristiani, validi anche se la prestazione della vostra opera in casa altrui è provvisoria o saltuaria.

Il primo è — secondo quanto esponemmo — che il servizio domestico non cede, quanto a dignità, a qualsiasi altro lavoro, sia agricolo che « di ufficio » o nelle industrie, tutti servizi resi alla società. Anzi, se ben si riflette, li supera in dignità, poiché, mentre il termine di questi ultimi risiede ordinariamente nelle «cose», quello del servizio domestico è più vicino alla persona umana : vale a dire, voi aiutate più immediatamente i vostri prossimi nei loro bisogni. Affinché, però, tale intrinseca dignità riceva riconoscimento ed onore, è necessario che le persone, da voi aiutate, condividano il medesimo sentire intorno alla comune fraternità dei figli di Dio. L'assenza di questa persuasione e fede, come creò nel paganesimo l'obbrobrio della schiavitù, così è pronta a crearne una nuova, in qualsiasi caso in cui un uomo è costretto dalle circostanze a dipendere da un altro, sia pure per poche ore al giorno ed in una limitata attività. Se non che, prescindendo da questi casi estremi, ognuno può riscuotere onore e stima in qualsiasi veste di lavoro, se egli per il primo onorerà se stesso con la dignità del cristiano. Una lavoratrice della casa, che Professa apertamente la sua fede, che conforma ad essa la sua vita negli atti e nelle parole, nel rispetto ai principi morali, nell'esercizio della carità e della onestà, nell'aborrire la impurità e la frivolezza, non può non riscuotere la stima ed il rispetto nella famiglia in cui vive, anche se superficialmente religiosa, poiché la luce cristiana supera in splendore qualsiasi umano privilegio ed ornamento. Siate, dunque, fedeli ed alacri nel servizio di Dio, prima che in quello degli uomini, dedicando il necessario tempo alla preghiera e mostrandovi risolute nella osservanza della sua santa legge.

Il « lavoro della casa », inoltre, si distingue dagli altri, sopra di essi innalzandosi, perché, come accennavamo, ha per oggetto i prossimi; pertanto è un lavoro eminentemente « umano », simile, in debita proporzione, a quello della infermiera e della insegnante. Quante volte in una casa, ove siano bambini, vecchi, malati, si chiede a voi l'ufficio di sorveglianza, di assistenza e di conforto, che non potreste disimpegnare senza mettervi molto della vostra anima. Di qui il secondo principio : i rapporti tra chi presta l'opera e chi se ne avvantaggia debbono essere regolati non solo dalle comuni norme della giustizia commutativa, ma anche da un alto senso di umanità, che si esplica in un equo scambio di valori umani. Voi non potreste fare a meno di amare la famiglia che servite, se desiderate che il vostro lavoro sia più lieve a voi e più gradito a quella. Ora l'impegno dell'anima, gli affetti del cuore, non possono essere compensati dal solo danaro, ma dal ricambio di affetto e di riconoscenza, dalla stima, dalla comprensione e dalla comunanza nella gioia. In una casa, dove aleggi questo spirito di cristiana carità, non riecheggeranno alteri comandi, aspri rimproveri, motti offensivi, da una parte; né, dall'altra, mormorazioni maligne, grida ribelli e segreti rancori. Il servizio non sarà come gettato là, senza garbo, e quasi con l'animo di chi si sente schiavo di un destino nemico, ma prestato lietamente come un aiuto amorevole, che Dio chiede per Sé, meritevole, pertanto, del Suo premio; dall'altra parte, il comando saprà essere tanto dolce da confondersi con un'amichevole preghiera. Quell'ideale di « relazioni umane », che da qualche tempo viene promosso dal progredito senso sociale in ogni campo di lavoro, è giusto che trovi immediata attuazione nel vostro, più degli altri bisognoso e più adatto al loro sviluppo.

Il terzo principio, derivato dai precedenti, è che le responsabilità del vostro lavoro, sia in voi che lo prestate, sia in coloro che se ne giovano, sono, per sé stesse, importanti e gravi. Esse peraltro non riguardano propriamente il lavoro saltuario del rigovernare la casa per qualche ora al giorno; bensì l'opera stabile con coabitazione e permanente convivenza.

Quali siano le responsabilità dei padroni di casa verso le persone ad essi soggette, particolarmente versa le fanciulle e giovani donne, inesperte del mondo, spiegammo estesamente nei citati Discorsi agli Sposi (ibid. pagg. 177-184). Responsabilità nella scelta, nella sorveglianza delle loro amicizie e dei loro svaghi, nel tratto usato verso di esse, nel buon esempio loro dovuto. Le vostre responsabilità, invece, verso la famiglia che vi ospita riguardano l'onore e il buon nome di questa, la concordia tra i suoi membri, l'innocenza e le buone costumanze dei bambini, i rapporti con gli altri domestici. Il solo avere accennato a questi punti vi dice quanto sia impegnata la vostra coscienza morale, e quanto possa essere grave il danno arrecato da una condotta men che irreprensibile, dal parlare sventato dentro e fuori di casa, dal venir meno al sacro dovere del sommo rispetto verso l'infanzia, riconosciuto persino dall'antico paganesimo nella sentenza « maxima debetur puero reverentia » (Juven. Sat. 14, 47). Quest'ultima responsabilità esige che non si turbi il normale sviluppo della coscienza religiosa e morale dei bambini con discorsi e racconti arditi, con un tratto sconvenevole o troppo libero, nella errata supposizione che essi non comprendano ancora il male. Gli errori e le negligenze in tutto ciò sono di ben altra natura e gravità che non siano quelli di un'impiegata, di una commessa di negozio e di qualsiasi altra lavoratrice dell'industria. Non che le mancanze al proprio dovere in qualsiasi ufficio siano prive di responsabilità morale; tuttavia le negligenze e gli errori di queste ultime possono quasi sempre ripararsi col risarcimento materiale del danno. Ma chi potrebbe riparare adeguatamente le devastazioni provocate dalla calunnia, lo scompiglio gettato tra i familiari da dicerie riferite senza giusto motivo? Come, soprattutto, si potrà mai rimediare al perverso indirizzo dato ai fanciulli? Simili debiti graveranno sulla coscienza di chi li ha contratti per tutta la vita e fin dinanzi al tribunale di Dio, che però è sempre pronto ad accogliere il peccatore pentito.

Per concludere questa Nostra esortazione, ecco quale deve essere la vostra condotta positiva. Stimate il vostro ufficio come servizio prestata a Dio nelle persone dei prossimi, curando in primo luogo di custodire in voi stesse la dignità del cristiano. Amate il vostro ufficio, e vedrete che l'obbedienza vi sarà dolce e il lavoro lieve. Nutrite una particolare delicatezza di coscienza nell'esterno comportamento e nelle parole, consapevoli delle responsabilità a voi derivanti dal convivere nelle altrui famiglie.

Ma non vorremmo lasciarvi, senza dire una grave parola a coloro, ai quali dedicate con cristiana generosità la vostra opera. nelle case private o negli istituti pubblici, anche religiosi. Gl'insegnamenti sociali, emanati dai Sommi Pontefici e da Noi stessi, valgono per tutti, anche per i lavoratori e le lavoratrici della casa, onerando la coscienza dei datori di lavoro. Questi non soltanto sono tenuti a corrispondere ai loro domestici tutte le provvidenze stabilite dalle leggi, ma debbono altresì, secondo criteri di equità, agevolare loro la via verso una sistemazione di sicurezza, non esclusa la formazione di una propria famiglia. In tal caso, non vi sarebbe alcun motivo che giustifichi il diniego del salario familiare a chi dedica tutta la sua attività ad una famiglia o istituto con effettivo vantaggio di questi. Il gravame economico, che ne deriva, può essere, del resto, alleviato — come lodevolmente spesso si pratica —, occupando anche gli altri membri della famiglia del lavoratore o della lavoratrice.

Con il fervido voto che il senso cristiano della vita e del lavoro sia sempre presente ed attivo nel vostro spirito, innalzando preghiere all'Onnipotente Dio, affinchè la sua grazia vi sia di sostegno e di conforto, impartiamo a voi tutte qui presenti, alla vostra Associazione, all'intiera diletta categoria delle lavoratrici della casa, la Nostra Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIX,
Diciannovesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1957-1° marzo 1958, pp. 727-731
Tipografia Poliglotta Vaticana;

A.A.S., vol. L (1958), n. 2-3, pp. 85-90.

   



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