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DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
ALLA CURIA ROMANA IN OCCASIONE
DELLA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI

Sabato, 24 dicembre 1921

 

Accogliamo con animo grato gli augurî che Ella, signor Cardinale, Ci ha ora pòrto a nome del Santo Collegio, per le imminenti solennità Natalizie. E alla Nostra volta, in questa annua commemorazione del Natale del Signor Nostro Gesù Cristo, porgiamo a Lei, signor Cardinale, e a tutti i suoi Eminentissimi Colleghi il sincero ricambio dei voti di ogni miglior bene. Oh! con quanta ragione la memoria dei grandi beni, a noi largiti dal Salvatore quando « prese i nostri mali per darci i suoi beni », giustifica l’usanza dei doni natalizii! Con quanta ragione la frequenza degli augurii, che i figli della Redenzione si scambiano in questi giorni, è giustificata da quella singolare fiducia che deve ispirarci la manifestazione della « grande benignità del Salvatore », « apparuit gratia Dei Salvatoris » (ad Titum, II, 11), perché da Colui che tanto ci ha dato possiamo sperare altre grazie e favori, così per noi come per coloro ai quali ci legano dolci vincoli di stima e di benevolenza.

Ma non a torto possiamo sperare l’appagamento dei nostri voti anche dalla considerazione di quegli avvenimenti, che sembrano ordinati dalla Divina Provvidenza ad affrettarci il possesso di quei beni, ai quali noi più vivamente aneliamo. Alla classe di questi avvenimenti appartengono i principali centenarii, dei quali abbiamo celebrato la ricorrenza nell’anno che volge al fine. Epperò assai opportunamente l’Eminentissimo signor Cardinale Decano ha manifestato la speranza, che gli onori resi in quest’anno a chi per sapienza fu detto « di cherubica luce uno splendore » giovino ad accrescere il numero dei cultori della vera dottrina, come gli onori resi a chi fu « tutto serafico in ardore » devono affrettare il trionfo della cristiana carità in mezzo al mondo.

Se non che a toglier forza, alle liete speranze avrebbe tutto levarsi una voce molesta, la voce di chi avesse posto in dubbio che l’insegnamento dedotto dai centenarii testé celebrati possa valere oltre l’anno della fortunata loro ricorrenza. Ma oh! mirabile decreto di Dio! Ad un anno che ci ha rallegrati colla ricorrenza di due soli centenarii ordinati a scuotere il mondo coll’opportuno richiamo alla vera dottrina e alla carità verace, ecco sta per succedere un anno novello, in cui si compirà un maggior numero di centenarii, indirizzati anch’essi a migliorare gli individui e la società. Crediamo che anche i meno entusiasti delle commemorazioni centenarie dovranno darsi per vinti, riconoscendo in queste commemorazioni altrettanti disegni dell’amorosa Provvidenza di Dio. Noi li salutiamo, fin d’ora, come quelli che accrescono la fiducia di vedere appagati gli augurii a Noi pòrti in nome del Sacro Collegio.

Sembra quasi superfluo additare la scuola di virtù, che la Chiesa aprirà a tutti i suoi figli colla commemorazione del terzo centenario dalla canonizzazione di ben cinque servi di Dio, cinti ad un tempo dell’aureola dei Santi. Ma come tacere il Nostro vivo desiderio di far tornare la società alla pratica osservanza della legge evangelica? L’amabile figura di San Filippo Neri, che fu detto apostolo di Roma perché volse l’opera sua alla riforma dei costumi in quest’alma città, potrà esser presentata ai giovani dell’epoca nostra, affinché sentano rinnovata l’eco delle lezioni, che il Fondatore dell’Oratorio dava alla gioventù del secolo decimo sesto.

E come tacere l’altro Nostro desiderio, di veder reso anche alla classe degli umili quell’onore, che è dovuto a tutti i figli di un solo riscatto? Lo sguardo volto ad Isidoro di Madrid ci farà persuasi che, se un semplice agricoltore poté cingere la corona dei santi il giorno medesimo in cui se ne adornarono tre suoi connazionali usciti di nobile schiatta, ciò significa che innanzi a Dio, e nel mistero della Chiesa, gli onori sono dovuti non ai ricchi, non ai nobili, non ai dotti perché tali, ma soltanto a chi adempie fedelmente il proprio dovere.

Non vogliamo nemmeno tacere che Ci punge vivo anche il desiderio di indirizzare gli uomini dell’età nostra a quelle fonti, dalle quali possano attingere la vera dottrina, ed essere fatti capaci di respingere l’errore. Ma l’austera figura di Ignazio di Loiola non ci additerà un capitano, che conduce un esercito di valorosi a combattere gli errori di una falsa Riforma? Accanto a lui vedremo anche una monaca, che al serto della santità congiunse quello della dottrina… Oh! la doppia forza che emana dalla dialettica dei figliuoli di Sant’Ignazio e dalla teologia mistica di Santa Teresa di Gesù!… L’una e l’altra giovano per allontanare gli studiosi dai pascoli avvelenati del mondo; giovano l’una e l’altra per ricondurre le creature, sitibonde di verità e di amore, all’amplesso di quel Vero assoluto che è anche Bene Sommo.

E pertanto non è malagevole comprendere che la memoria, tre volte secolare, della contemporanea canonizzazione della Vergine di Avila e dell’Eroe di Pamplona darà alla Chiesa il modo di rinnovare, anzi di rendere più efficace, l’esortazione che in quest’anno ha rivolto ai suoi figli, ammonendoli di non sottrarsi alla « cherubica luce » di sana dottrina, diffusa dal Patriarca Gusmano.

Né vi sia chi ponga in dubbio che oltre l’anno presente possa estendersi anche l’efficacia dell’insegnamento dedotto dal ricorrente settimo centenario del Terz’Ordine di San Francesco. Imperocché è da ricordare anzittto che i cinque Servi di Dio dei quali si commemorerà dopo tre secoli la canonizzazione, non avrebbero potuto ricevere la corona dei santi, se non fossero stati accesi di « serafico ardore ». Perciò, anche il solo additarne le nobili figure avrebbe sempre dovuto trarre seco almeno un implicito invito ad imitare quegli eroi nella loro carità verso Dio e verso il prossimo. Ma, oltre a ciò, ecco un altro Francesco che, a breve distanza dalla centenaria commemorazione delle canonizzazioni suddette, ci annunzierà compiuti anche per lui tre secoli dalla beata sua morte. Ed oh! come sarà opportuno il ricordo del santo Vescovo di Ginevra, per confermare quell’esortazione alla carità cristiana, che ha fatto da poco il Patriarca di Assisi col centenario del suo Terzo Ordine!

Vorremmo anzi dire che la centenaria ricorrenza della morte di San Francesco di Sales, la quale anch’essa sarà celebrata nell’anno ormai imminente, potrà ad un tempo rinnovare e rendere più efficaci ambedue le lezioni date dai centenarii celebrati nell’anno che muore. Imperocché il Salesio, come dottore di Santa Chiesa, fu banditore della verità, e, come modello di vescovi, apparisce, nei suoi scritti e nelle opere sue, esempio insuperabile di quella mansuetudine che, meglio degli insegnamenti della cattedra, cattiva i cuori. Ma poiché Ci arride la speranza di poter volgere nell’anno prossimo uno sguardo più riposato e più attento al centenario di San Francesco di Sales, ci basti per ora rilevare che anche l’annunzio di questa centenaria ricorrenza esclude il timore che non abbiano ad estendersi oltre l’anno presente le lezioni dedotte dai centenarii in esso commemorati.

Se non che un siffatto timore sarà escluso ognora meglio dalla celebrazione, a cui pur ci prepariamo, del terzo centenario della istituzione della San Congregazione per la propagazione della fede. Faremmo torto all’eccelso grado dei personaggi ai quali rivolgiamo ora la parola se volessimo qui minutamente ponderare l’importanza dello storico avvenimento che annunziamo. E non sono a tutti noti i grandi benefìci, che una savia ed opportuna organizzazione dell’opera evangelizzatrice dei popoli ha recato al mondo negli ultimi tre secoli? Inoltre Noi confidiamo che i sacri Pastori, i parroci, e tutti i banditori della divina parola, indirizzeranno, nell’anno ormai imminente, le loro cure ed il loro zelo a rendere popolare lo « spirito missionario ». Questo spirito può, e deve, manifestarsi, non solo in coloro che da Dio sono chiamati a recare la luce del Vangelo ai popoli ancora sedenti fra le tenebre dell’ignoranza e nell’ombra della morte, ma anche in coloro che devono — e tutti i cristiani lo devono — avere a cuore la sorte del prossimo. È dunque ben giusta e naturale la speranza che i sacri Pastori, i parroci, e i banditori della divina parola facciano conoscere ai fedeli i molteplici modi, onde essi possono adempiere il divino precetto « Et mandavit illis unicuique de proximo suo » (Eccl. XVII, 12). Ma a questi insegnamenti nessuno potrebbe dare un’efficacia maggiore di quella, che darà ad essi la celebrazione del terzo centenario della istituzione del Sacro Consiglio che presiede alla propagazione della fede, perché questa Sacra Congregazione è istituita appunto per agevolare il modo di portare la luce del Vangelo a chi ne è privo, e per conseguire l’estensione del regno di Gesù Cristo mercé l’esercizio della verace carità. Oh! benediciamo dunque un’altra volta il Signore, che anche questa centenaria ricorrenza ha ordinato alla conferma degli insegnamenti dati colla celebrazione dei precedenti centenarii.

Dobbiamo anzi ammirare in particolar modo l’amoroso consiglio della Divina Provvidenza, che ha voluto congiungere il centenario della fondazione « de Propaganda Fide » non solo con quello della canonizzazione dell’apostolo delle Indie, meritamente chiamato « patrono delle missioni », ma anche con quello dell’umile cappuccino, che nella schiera dei missionarii inviati dalla novella Congregazione aprì la serie dei martiri. Non andrebbe infatti errato chi dicesse che il Signore ha voluto ravvivare anche la memoria di Francesco Saverio e di Fedele da Sigmaringa, affinché lo zelo dell’uno e la fortezza dell’altro giovino a propagare ognor meglio quello « spirito missionario », che abbiamo detto dover essere il frutto principale del centenario di Propaganda Fide. Ma l’entusiasmo che desta in Noi l’annunzio dei molteplici centenarii dei quali, a Dio piacendo, celebreremo la ricorrenza nell’anno prossimo, non deve farci perdere di vista che essi giustificano la Nostra fiducia di vedere non limitati al solo anno presente i vantaggi provenuti dai centenarii in esso celebrati. E, poiché a questi centeniarii ha fatto appello l’Eminentissimo Cardinale Decano quando additava in essi l’aurora di giorni migliori, oh! dall’accresciuto numero di centenarii, e dalle più efficaci lezioni che da essi promanano, sia dato a Noi augurare che alla promettente aurora debba presto tener dietro il fulgido meriggio di giorni più belli per la Chiesa, anzi per tutta la società religiosa e civile. Non sapremmo corrispondere con augurio migliore all’augurio graditissimo del Sacro Collegio, perché il reciproco voto, che si appunta in un desiderio identico, attesta comunanza di sentimenti e di affetti, di preoccupazioni e di speranze, fra Noi e i dilettissimi Nostri cooperatori.

Oh! quel Gesù di Cui domani la Chiesa ricorderà il santo Natale, versi in abbondanza le sue grazie sopra il Sacro Collegio, affinché sia appagato il voto che esso ha comune con Noi! E delle grazie che imploriamo dal Santo Bambino sia pegno la benedizione apostolica, che, con particolare affetto, impartiamo non solo ai signori Cardinali, ma anche a tutte le altre persone, ecclesiastiche e laiche qui presenti. A queste auguriamo che come si sono oggi adunate alla Nostra presenza, così nell’anno omai prossimo vogliano cooperare con Noi a rendere efficaci quelle lezioni, che la Divina Provvidenza si appresta a darci cogli avvenimenti da Essa predisposti a nostro vantaggio.

 

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