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GIOVANNI PAOLO II

ANGELUS

15 novembre 1981

1. Nel Vangelo dell’odierna domenica ascoltiamo la parabola dei talenti.

I pensieri, che suscita in noi questa parabola, li vogliamo dirigere oggi, ancora una volta verso il lavoro umano, con particolare riguardo al lavoro degli emigrati. Ci invita a ciò la circostanza che in questa domenica in Italia si ricordano questi figli e figlie della Patria, che per diversi motivi hanno dovuto lasciare la loro terra natia. Il più delle volte appunto in cerca di un lavoro.

Per una simile strada camminavano – e continuano a camminare – gli uomini di diverse nazioni, paesi e continenti. L’emigrazione è un rilevante problema sociale a livello internazionale. Ed esso è attuale nel nostro tempo non meno di quanto lo era nel passato, anzi ha assunto oggi dimensioni imponenti.

2. Il fenomeno emigratorio ha senza dubbio aspetti positivi in quanto procura un lavoro a chi ne manca e fomenta i legami di contatto tra i popoli. Esso però presenta anche aspetti negativi, in quanto – come ho scritto nell’enciclica Laborem Exercens – “costituisce, in genere, una perdita per il Paese dal quale si emigra. Si allontana un uomo e insieme un membro di una grande comunità, ch’è unita dalla storia, dalla tradizione, dalla cultura, per iniziare una nuova vita in mezzo ad un’altra società, unita da un’altra cultura e molto spesso anche da un’altra lingua” (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 23).

Ciò non avviene senza contraccolpi di ordine psicologico, ai quali si accompagnano non di rado situazioni di emarginazione sociale, che urtano contro le fondamentali esigenze della giustizia. È necessario, pertanto, ribadire che al lavoratore migrante si deve riconoscere, oltre al diritto a lasciare il proprio Paese d’origine e a stabilirsi in un nuovo Paese d’elezione, anche quello ad avere una dimora conveniente in cui poter abitare con la propria famiglia; ed inoltre il diritto al lavoro e ad un uguale trattamento economico e previdenziale con i lavoratori del Paese ospite, come anche il diritto alla sicurezza dell’impiego e del soggiorno, ad un’adeguata formazione e promozione professionale, alle varie forme di previdenza e di assistenza sociale.

Non va, peraltro, sottaciuto che a questi diritti corrispondono pure dei doveri da parte del lavoratore migrante verso il Paese in cui lavora, per quanto concerne la realizzazione del bene comune e la tutela dell’ordine pubblico. Giustamente desideroso che siano salvaguardate le proprie tradizioni culturali, il lavoratore migrante assumerà un atteggiamento di rispetto cordiale ed aperto verso il patrimonio di valori, di lingua, di costumi della Nazione che lo ha accolto.

3. In questa domenica in cui la Commissione per le Migrazioni e il Turismo della Conferenza Episcopale Italiana intende richiamare l’attenzione sui molteplici problemi, soprattutto di ordine morale, derivanti dal forzato abbandono della propria terra natale per la ricerca di un onesto sostentamento, noi vogliamo rivolgerci col pensiero e col cuore a quanti vivono lontani dalla loro Patria, sparsi nei diversi Paesi del mondo.

La nostra preghiera, mentre affida al Signore le trepidazioni, le ansie e le speranze di quanti sono coinvolti nella vicenda migratoria, vuole chiedergli di suscitare nel cuore dei cristiani un vivo senso di corresponsabilità e di condivisione, grazie al quale sia affrettata la soluzione dei problemi che angustiano molti di questi nostri fratelli.

4. Nel corso del mese di novembre i nostri pensieri e le nostre preghiere permangono vicino ai nostri morti. I defunti che riposano nei cimiteri della terra natale costituiscono anche un particolare anello di unione spirituale con la grande famiglia dei nostri emigrati. Perfino quando si sono già rotti gli altri legami, il ricordo dei morti, le visite alle loro tombe, gli anniversari e le altre circostanze familiari fanno tornare questi nostri fratelli e sorelle nella terra dei Padri.

Pregando oggi secondo le loro intenzioni, raccomandiamo, nello stesso tempo, a Dio quei defunti, le cui tombe li uniscono costantemente con la Patria che hanno lasciato.

5. La festa liturgica di san Alberto Magno, che ricorre oggi, richiama alla mente il ricordo del viaggio compiuto in Germania lo scorso anno esattamente in questi giorni. Rimangono incancellabili nel mio animo i momenti di quel pellegrinaggio apostolico, durante il quale ho potuto costatare la grande vitalità di quella cara Nazione e quanto profondo sia l’attaccamento alla Chiesa da parte di quei cattolici, come sia generoso il loro contributo per le molteplici iniziative di carità in favore della Comunità ecclesiale universale e come sia fervido il loro impegno per promuovere la causa dell’unità con tutti i fratelli cristiani.

A quel nobile Paese rivolgo, in questo primo anniversario della mia visita pastorale, il più cordiale saluto, unito a fervidi voti di serena prosperità e di ordinato progresso, mentre assicuro uno speciale ricordo nella preghiera alla Vergine Maria.


Dopo la recita dell'Angelus


Ai fedeli di alcune diocesi
della Repubblica Federale Tedesca

Besonders herzlich willkommen heiße ich heute die sehr zahlreichen Pilger aus Deutschland, die durch eine Dankpilgerreise nach Rom meinen letztjährigen Pastoralbesuch in ihrer Heimat erwidern. Ich danke euch für euer Kommen und auch für euer treues Gebet, mit dem ihr mich während meiner Krankheit begleitet habt.

In dankbarer Erinnerung an meinen denkwürdigen Deutschlandbesuch erbitte ich euch daraus als bleibende Frucht eine Vertiefung des religiösen Lebens und eures persönlichen Glaubenszeugnisses für Christus und seine Kirche in euren Familien und Gemeinden. Dazu erteile ich euch und euren Lieben daheim von Herzen meinen besonderen Apostolischen Segen.


Preghiere per l’incontro ecumenico
di Logumkloster

Vorrei oggi attirare la vostra attenzione e chiedere le vostre preghiere per il secondo incontro ecumenico europeo, che si svolgerà a Logumkloster in Danimarca dal 16 al 20 di questo mese, per iniziativa congiunta della Conferenza Episcopale delle Chiese Europee e del Consiglio delle Conferenze Episcopali dell’Europa.

L’incontro di riflessione comune è imperniato soprattutto sulla preghiera ed avrà per tema la speranza cristiana, così come la presentava san Paolo alla Chiesa di Efeso: “Siete chiamati a una sola speranza” (Ef 4,4).

Preghiamo perché la comune vocazione ad una sola speranza illumini i lavori del suddetto incontro e riscaldi i cuori di tutti i partecipanti, favorendo un’azione di reciproca comprensione, di collaborazione e di unità fra i cristiani per la riconciliazione e l’attiva convivenza di tutti i popoli europei nel vincolo della pace.

 

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