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VIAGGIO APOSTOLICO
NELLA REPUBBLICA DOMINICANA,
MESSICO E BAHAMAS

SANTA MESSA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Santo Domingo, Cattedrale
Venerdì, 26 gennaio 1979

 

Carissimi fratelli e sorelle!

Sia benedetto il Signore che mi ha condotto qui, su questo suolo della Repubblica Dominicana, donde fortunatamente, a gloria e lode di Dio in questo Nuovo Continente, spuntò anche il giorno della salvezza. Ho desiderato venire in questa cattedrale di Santo Domingo per stare un momento in mezzo a voi, amatissimi sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose e seminaristi, proprio per manifestare il mio speciale affetto per tutti voi, sui quali si fondano le migliori speranze del Papa e della Chiesa, perché vi possiate sentire più gioiosi nella fede, di modo che il vostro orgoglio di essere quello che siete trabocchi per causa mia (cf. Fil 1,25).

Soprattutto però desidero unirmi a voi per ringraziare Dio. Un grazie a lui per la crescita e lo zelo di questa Chiesa, che possiede numerose e belle iniziative e che mostra tanto impegno nel servizio di Dio e degli uomini. Rendo grazie a Dio con immensa allegrezza – e per riprendere le parole dell’Apostolo Paolo – “per la parte che avete avuto nell’annunciare la buona novella dal primo giorno fino ad oggi; sicuro inoltre di una cosa: che colui che dette principio alla buona impresa sarà anche colui che la porterà a compimento, fino al giorno del Messia Salvatore Gesù” (Fil 1,3ss.).

Mi farebbe molto piacere poter disporre di maggior tempo per potermi trattenere con voi, conoscere i vostri nomi, e ascoltare dalle vostre labbra “ciò che trabocca dal cuore” (Mt 12,34), ciò che di meraviglioso avete sperimentato nel vostro animo – “fecit mihi magna qui potens est” (Lc 1,49): Colui che è potente ha fatto grandi cose di me – essendo stati fedeli all’incontro col Signore. Da parte sua un incontro di preferenza.

È questo precisamente l’incontro pasquale con il Signore, che desidero proporre alla vostra riflessione, per ravvivare maggiormente la vostra fede e il vostro entusiasmo in questa celebrazione eucaristica; un incontro personale, vivo, a occhi spalancati, con cuore palpitante, con Cristo risorto (cf. Lc 24,30), deve essere l’obiettivo del vostro amore e di tutta la vostra vita.

Invece succede talvolta che la nostra sintonia di fede con Gesù si indebolisce e si attenua – cosa che subito viene notata dal popolo fedele che ne resta contagiato di tristezza – perché lo portiamo dentro di noi, ma in modo alle volte confuso con le nostre inclinazioni e ragionamenti umani (cf. Lc 15), senza far brillare tutta la grandiosa luce che racchiude per noi. In qualche occasione parliamo forse di lui, un po’ influenzati da alcune premesse e varianti, oppure da alcuni dati di sapore sociologico, politico, psicologico, linguistico, invece di far derivare i criteri-base della nostra vita e della nostra attività da un Vangelo vissuto con integrità, con gioia, con quella confidenza e con quella immensa speranza che racchiude la Croce di Cristo.

Una cosa è ben chiara, fratelli carissimi: la fede in Cristo risorto non è il risultato di una conoscenza tecnica o frutto di un bagaglio scientifico (cf. 1Cor 1,26). Ciò che a noi si chiede è che annunciamo la morte di Gesù e proclamiamo la sua risurrezione (Sacra Liturgia). Gesù vive. “Dio lo ha risuscitato rompendo i legami della morte” (At 2,24). Ciò che all’inizio fu un tremulo mormorio tra i primi testimoni, si trasformò subito in una gioiosa esperienza di vita reale con colui “con il quale abbiamo mangiato e bevuto... dopo che risuscitò da morte” (At 10,41-42). Sì, Cristo vive davvero nella Chiesa, sta in noi tutti, portatori di speranza e di immortalità.

Se avete quindi incontrato Cristo, vivete Cristo, vivete con Cristo! Annunciatelo in prima persona, come autentici testimoni: “Per me la vita è Cristo” (Fil 1,21). Sta proprio qui anche la vera liberazione: proclamare Gesù libero da legami, presente negli uomini, trasformati, fatti nuova creatura. Perché invece alle volte la nostra testimonianza risulta vana? Perché presentiamo Gesù senza tutta la forza seduttrice della sua Persona; senza rivelare le ricchezze del sublime ideale che comporta il seguirlo; perché non sempre arriviamo a mostrare una convinzione tradotta in termini di vita, a riguardo del valore stupendo del nostro donarci alla causa ecclesiale che serviamo.

Fratelli e sorelle, è importante che gli uomini vedano in noi i dispensatori dei misteri di Dio (cf.1Cor 4,1), i testimoni credibili della sua presenza nel mondo. Pensiamo frequentemente che Dio, quando ci chiama, non ci chiede solo una parte della nostra persona, ma ci chiede tutta la nostra persona e tutte le energie vitali, per annunciare agli uomini la gioia e la pace della nuova vita in Cristo, per guidarli all’incontro con lui. Perciò sia nostra prima cura cercare il Signore, e una volta incontratolo, costatare dove e come vive, rimanendo con lui tutto il giorno (cf. Gv 1,39). Rimanendo con lui, in modo speciale, nell’Eucaristia, ove Cristo si dona a noi; e nella preghiera, mediante la quale noi ci diamo a lui. L’Eucaristia deve completarsi e prolungarsi nelle nostre faccende quotidiane come un “sacrificio di lode” (Messale Romano, I Preghiera Eucaristica). Nella preghiera, nel tratto fiducioso con Dio nostro Padre, discerniamo meglio dove sta la nostra forza e dove sta la nostra debolezza, perché lo Spirito viene in nostro aiuto (cf. Rm 8,26). Il medesimo Spirito ci parla e ci immerge piano piano nei misteri divini, nei disegni di amore per gli uomini, che Dio realizza mediante la nostra disponibilità a servirlo.

Come San Paolo, durante la riunione eucaristica a Troade, anch’io continuerei a parlare con voi fino a mezzanotte (cf. At 20,6ss.). Avrei ancora molte cose da dire, ma che non posso dire ora. Intanto vi raccomando di leggere attentamente ciò che ho detto recentemente al clero, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, in Roma. Quel discorso allargherà l’orizzonte di questo incontro, che continuerà con altri discorsi simili, nei prossimi giorni. Che il Signore e Maria Santissima, nostra dolce Madre, vi accompagnino sempre e riempiano la vostra vita di un grande entusiasmo nel servizio della vostra altissima vocazione ecclesiale.

Continuiamo adesso la Messa, ponendo sulla tavola delle offerte il nostro desiderio di vivere la nuova vita, le nostre necessità e le nostre suppliche, le necessità e le suppliche della Chiesa e della Nazione dominicana. Poniamo pure i lavori e i frutti della III Conferenza Generale dell’Episcopato latinoamericano a Puebla.



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