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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(2-10 GIUGNO 1979)

SANTA MESSA NEL SANTUARIO DELLA SANTA CROCE

OMELIA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

Mogila, 9 giugno 1979

 

1. Ecco, sono nuovamente davanti a questa Croce, presso la quale così spesso sono venuto come pellegrino, davanti alla croce che è rimasta a noi tutti come la più preziosa reliquia del nostro Redentore.

Quando, nei pressi di Cracovia sorgeva Nowa Huta – enorme complesso industriale e nuova grande città: nuova Cracovia – forse non ci si rendeva conto che stava sorgendo proprio accanto a questa Croce, accanto a questa reliquia che, insieme all’antichissima abbazia dei cistercensi, abbiamo ereditato dopo i tempi di Piast. Era l’anno 1222, il tempo del principe Leszek Bialy, il tempo del vescovo Ivo Odrowaz, nel periodo antecedente alla canonizzazione di San Stanislao. In quei tempi, nel terzo centenario del nostro Battesimo, fu fondata qui l’abbazia dei cistercensi, e vi fu poi portata la reliquia della Santa Croce, che da secoli è divenuta meta di pellegrinaggi della regione di Cracovia: del Nord dalla parte di Kielce, dell’Est dalla parte di Tarnów, e dell’Ovest dalla Slesia. Tutto ciò ha avuto luogo su di un territorio sul quale, secondo la tradizione, si ergeva una volta Stara Huta, quasi antica storica madre dell’attuale Nowa Huta.

Desidero oggi salutare qui, ancora una volta, i pellegrini di Cracovia, i pellegrini della Slesia, i pellegrini della diocesi di Kielce.

Andiamo insieme, pellegrini, verso la Croce del Signore, poiché da essa inizia una nuova era nella storia dell’uomo. Questo è tempo di grazia, tempo di salvezza. Attraverso la Croce l’uomo ha potuto capire il senso della propria sorte, della propria esistenza sulla terra. Ha scoperto quanto Dio lo ha amato. Ha scoperto, e scopre continuamente, alla luce della fede, quanto sia grande il proprio valore. Ha imparato a misurare la propria dignità col metro ai quel Sacrificio che Dio ha offerto nel suo Figlio per la salvezza dell’uomo: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

Anche se cambiano i tempi, anche se al posto dei campi di un tempo, nei pressi di Cracovia, è sorto un enorme complesso industriale, anche se viviamo in un’epoca di vertiginoso progresso delle scienze naturali e di un progresso altrettanto sorprendente della tecnica, tuttavia la verità della vita dello spirito umano – che si esprime attraverso la croce – non tramonta, è sempre attuale, non invecchia mai. La storia di Nowa Huta è scritta anche attraverso la croce: prima, attraverso quella antica di Mogila, ereditata da secoli, poi attraverso l’altra, nuova... che è stata innalzata non lontano da qui.

Là dove si innalza la croce sorge il segno che v’è giunta ormai la Buona Novella della salvezza dell’uomo mediante l’Amore. Là dove si innalza la croce, v’è il segno che è iniziata l’evangelizzazione. Un tempo, i nostri padri innalzavano, in vari luoghi della terra polacca, la croce come segno che già vi era arrivato il Vangelo, che s’era iniziata l’evangelizzazione, la quale doveva protrarsi ininterrottamente fino ad oggi. Con questo pensiero è stata anche innalzata la prima croce in Mogila, nei pressi di Cracovia, nei pressi di Stara Huta.

La nuova croce di legno è stata innalzata non lontano da qui, proprio durante le celebrazioni del millennio. Con essa abbiamo ricevuto un segno, che cioè alla soglia del nuovo millennio – in questi nuovi tempi, in queste nuove condizioni di vita – torna ad essere annunziato il Vangelo. È iniziata una nuova evangelizzazione, quasi si trattasse di un secondo annuncio, anche se in realtà è sempre lo stesso. La croce sta alta sul mondo che volge.

Ringraziamo oggi, davanti alla croce di Mogila, alla croce di Nowa Huta, per questo nuovo inizio dell’evangelizzazione, che qui si è attuata. E chiediamo tutti che fruttifichi, così come la prima, anzi, ancor di più.

2. La nuova croce, che è sorta non lontana dall’antichissima reliquia della Santa Croce nell’abbazia dei cistercensi, ha annunziato la nascita della nuova chiesa. Questa nascita si è incisa profondamente nel mio cuore, ed io, lasciando la sede di San Stanislao per la sede di San Pietro, l’ho portata con me come una nuova reliquia, come una reliquia inestimabile dei nostri tempi.

La nuova croce è apparsa, quando sul terreno delle antiche campagne dei dintorni di Cracovia, che è diventato terreno di Nowa Huta, sono venuti uomini nuovi per iniziare un nuovo lavoro. Prima qui si lavorava duramente, si lavorava nei campi, e la terra era fertile, si lavorava quindi con piacere. Da qualche decennio è iniziata l’industria; la grande industria, l’industria pesante. E gli uomini qui giunti, venuti da varie parti, sono arrivati per spendervi le loro energie quali operai siderurgici.

Proprio essi hanno portato con sé questa nuova croce. Sono stati loro ad innalzarla come segno della volontà di costruire una nuova chiesa. Proprio questa croce, davanti alla quale ci troviamo in questo momento. Ho avuto la fortuna, come vostro arcivescovo e cardinale, di benedire e consacrare, nel 1977, questa chiesa che è nata da una nuova croce.

Questa chiesa è nata dal lavoro nuovo. Oserei dire, che è nata da Nowa Huta. Tutti, infatti, sappiamo che nel lavoro dell’uomo è profondamente inciso il mistero della croce, la legge della croce. Non si verificano forse in essa le parole del Creatore, pronunziate dopo la caduta dell’uomo: “Col sudore del tuo volto mangerai il pane” (Gen 3,19)? Sia il vecchio lavoro nei campi che fa nascere il frumento, ma anche spine e cardi, sia il nuovo lavoro negli altiforni e nelle nuove fonderie, sempre si realizza “col sudore della fronte”. La Legge della croce è inscritta nel lavoro umano. Col sudore della fronte ha lavorato l’agricoltore. Col sudore della fronte lavora l’operaio siderurgico. E col sudore della fronte, col tremendo sudore della morte, agonizza il Cristo in croce.

Non si può separare la croce dal lavoro umano. Non si può separare Cristo dal lavoro umano. E questo è stato confermato qui a Nowa Huta. E questo è stato il principio della nuova evangelizzazione, agli inizi del nuovo millennio del cristianesimo in Polonia. Questo nuovo inizio l’abbiamo vissuto insieme e l’ho portato con me, da Cracovia a Roma, come una reliquia.

Il cristianesimo e la Chiesa non hanno paura del mondo del lavoro. Non hanno paura del sistema basato sul lavoro. Il Papa non ha paura degli uomini del lavoro. Essi gli sono sempre stati particolarmente vicini. È uscito di mezzo a loro. È uscito dalle cave di pietra di Zakrowek, dalle caldaie di Solvay in Borek Falecki, poi da Nowa Huta. Attraverso tutti questi ambienti, attraverso le proprie esperienze di lavoro – oso dire – il Papa ha imparato nuovamente il Vangelo. Si è accorto e si è convinto quanto profondamente nel Vangelo sia incisa la problematica contemporanea del lavoro umano. Come sia impossibile risolverla fino in fondo senza il Vangelo.

Infatti, la problematica contemporanea del lavoro umano (soltanto contemporanea, del resto?), in ultima analisi, non si riduce – mi perdonino tutti gli specialisti – né alla tecnica, e neanche all’economia, ma ad una categoria fondamentale: e cioè alla categoria della dignità del lavoro, cioè della dignità dell’uomo. L’economia, la tecnica e tante altre specializzazioni e discipline traggono la loro ragion d’essere da quell’unica essenziale categoria. Se non attingono ad essa e si formano al di fuori della dignità del lavoro umano, sono in errore, sono nocive, sono contro l’uomo.

Questa fondamentale categoria è umanistica. Mi permetto di dire che questa fondamentale categoria, categoria del lavoro come misura della dignità dell’uomo, è cristiana. La ritroviamo, nel suo più alto grado di intensità, in Cristo.

Basti questo, carissimi Fratelli. Non una sola volta mi sono qui incontrato con voi, come vostro Vescovo, e ho trattato più ampiamente tutti questi temi. Oggi, quale vostro ospite, devo parlarne in modo più conciso. Ma ricordate quest’antica cosa: Cristo non approverà mai che l’uomo sia considerato – oppure consideri se stesso – soltanto come strumento di produzione, che egli sia apprezzato, stimato e valutato secondo tale principio. Cristo non lo approverà mai! Per questo si è fatto mettere in croce, come sulla grande soglia della storia spirituale dell’uomo, per opporsi a qualsiasi degradazione dell’uomo, anche la degradazione mediante il lavoro. Cristo rimane davanti ai nostri occhi sulla sua croce, affinché ogni uomo sia consapevole di quella forza che lui gli ha dato: “Ha dato loro potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12).

E di ciò devono ricordarsi il lavoratore come il datore di lavoro, il sistema del lavoro come quello della retribuzione; lo devono ricordare lo Stato, la nazione, e la Chiesa.

Quando ero tra voi, cercavo di rendere testimonianza di questo. Pregate, affinché continui a rendere tale testimonianza anche in seguito e tanto più adesso che sono a Roma; che continui a renderla davanti a tutta la Chiesa e davanti al mondo contemporaneo.

3. Con gioia penso alla benedizione del magnifico tempio a Mistrzejowice, la cui costruzione è decisamente progredita. Sapete tutti che ricordo gli inizi di quest’opera: i primissimi inizi. E tutte le tappe successive della costruzione. Insieme a voi ritorno con la preghiera e col cuore alla tomba del sacerdote Giuseppe, di santa memoria, che ha iniziato quest’opera, mettendo in essa tutte le sue forze e immolando sul suo altare tutta la sua giovane vita. Ringrazio tutti coloro che continuano questa opera con tanto amore e perseveranza.

In questo momento il mio pensiero si rivolge anche alle colline di Krzeslowice. Gli sforzi di tanti anni lentamente stanno portando i loro frutti. Di tutto cuore benedico quest’opera e tutte le altre chiese che sorgono o sorgeranno in questa regione e nei suoi sempre crescenti quartieri.

Dalla croce a Nowa Huta è cominciata la nuova evangelizzazione: l’evangelizzazione del secondo millennio. Questa chiesa lo testimonia e lo conferma. Essa è sorta da una viva consapevole fede, e bisogna che continui a servirla.

L’evangelizzazione del nuovo millennio deve riferirsi alla dottrina del Concilio Vaticano II. Deve essere, come insegna questo Concilio, opera comune dei Vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, opera dei genitori e dei giovani. La parrocchia non è soltanto luogo ove si fa la catechesi, essa è anche ambiente vivo che deve attuarla.

La Chiesa la cui costruzione con tanto sforzo, ma anche con tanto entusiasmo, state portando a termine, sorge affinché attraverso essa entri il Vangelo di Cristo in tutta la vostra vita. Avete costruito la chiesa; edificate la vostra vita col Vangelo!

Maria Regina della Polonia e il Beato Massimiliano Kolbe vi aiutino in questo, continuamente.



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