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SANTA MESSA NELLA PARROCCHIA DI SANTA RITA A TORBELLAMONACA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 22 gennaio 1984

 

1. “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” (Is 9, 1).

Sono parole del profeta Isaia, che abbiamo testé ascoltate nella prima lettura. Esse, che richiamano ancora il Natale, ci presentano il popolo in una situazione di “angustia e tenebre e oscurità desolante” (Is 8, 22). Ma ecco che, improvvisamente, esplode la luce: la “caligine sarà dissipata, / poiché non ci sarà più oscurità dove ora è angoscia” (Is 8, 23). Le terre di Zabulon e di Neftali, al nord della Palestina, esposte al continuo pericolo di invasioni e saccheggi, saranno finalmente liberate e la grande “via del mare”, che dalla Mesopotamia giungeva all’Egitto attraverso la Palestina, sarà resa gloriosa.

L’evangelista san Matteo usa questa profezia come prologo dell' attività magisteriale di Gesù in Galilea, quando, dalla casa di Nazaret, era venuto ad abitare nella città di Cafarnao. Il primo Vangelo sottolinea il compimento delle parole del Libro di Isaia: “Gesù . . . venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: “Il paese di Zabulon e il paese di Neftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; / il popolo immerso nelle tenebre / ha visto una grande luce; / su quelli che dimoravano in terra e ombre di morte / una luce si è levata” (Mt 4, 13-16; cf. Is 8, 22; 9,1).

Gesù comincia ad insegnare a Cafarnao; e il contenuto del suo magistero è racchiuso nelle parole: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 4, 17).

Convertirsi” significa appunto vedere “una luce”!

Vedere “una grande luce”!

La luce che proviene da Dio.

La luce che è Dio stesso.

Mediante il Vangelo, che il Cristo annuncia, si compiono le parole profetiche di Isaia: “Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9, 1).

Nella tenebra - simbolo di confusione, di errore e anche di morte - irrompe improvvisa la luce, che è lo stesso Figlio di Dio, il quale ha assunto la natura umana; lui, il Verbo, “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9).

2. La Liturgia dell’odierna domenica si concentra in modo particolare su questa luce: “Il Signore è mia luce e mia salvezza” (Sal 27, 1) abbiamo cantato nel Salmo responsoriale, che è tutto un inno, carico di fiducia incrollabile e di speranza indefettibile nei confronti di Dio, che è la luce della nostra salvezza.

Imitando l’atteggiamento del Salmista, il cristiano si abbandona in Dio, con la piena sicurezza del bimbo che si getta nelle braccia salde e amorose del proprio padre, perché è sicuro di trovare in lui il forte difensore: “Il Signore è difesa della mia vita, / di chi avrò timore?” (Sal 27, 1); non solo, Dio è la sorgente e la garanzia della certezza e del coraggio riconquistati per suo dono: “Egli mi offre un luogo di rifugio / nel giorno della sventura” (Sal 27, 5); Dio è la scaturigine della gioia vera, che il cristiano prova dopo aver superato, con la grazia divina, i pericoli del male, felice di poter “abitare nella casa del Signore / tutti i giorni della sua vita” (Sal 27, 4); questa “casa” di sicuro rifugio, per il Salmista, era il Tempio di Gerusalemme, centro religioso di tutto il Popolo eletto; per il battezzato essa è la Chiesa, tempio vivo, costruito con pietre viventi (cf. 1 Pt 2, 5).

Non solo, ma la speranza cristiana ci apre verso l’infinito: l’uomo è chiamato all’eterna, ineffabile visione di Dio! Visione di Dio e presenza eterna di Dio, che colmeranno le esigenze di felicità, racchiuse nel cuore umano! “Il tuo volto, Signore, io cerco . . . Sono certo di contemplare la bontà del Signore / nella terra dei viventi” (Sal 27, 8.13).

Ma qui, sulla terra, noi siamo pellegrini non nella visione, ma nella fede, che ci conduce alla tanto attesa, sublime visione di Dio!

La vita dell’uomo è presentata pertanto, nella rilettura cristiana dello splendido Salmo responsoriale, come una coraggiosa attesa di Dio!

3. Tutto questo ha avuto il suo inizio in Gesù Cristo; nel fatto che Egli era in mezzo agli uomini.

Annunciava il Vangelo.

Curava le malattie e le infermità (cf. Mt 4, 23.24).

In tal modo egli ha dato inizio ad una nuova Comunità del Popolo di Dio: la comunità della luce e della vita; la comunità del Vangelo e della fede.

Ha dato inizio a una Nuova alleanza e a una nuova via. Ha dato inizio a una nuova attesa e ha dato un nuovo coraggio.

All’esistenza umana ha dato una nuova certezza.

Con ciò egli inizia a plasmare la Chiesa; mirando ad essa chiama gli Apostoli alla sua sequela: Simone (Pietro), Andrea, Giacomo, Giovanni (cf. Mt 4, 18.21); e dice loro: “Seguitemi. Vi farò pescatori di uomini” (Mt 4, 19).

Queste parole indicano l’impegno e la missione dell’evangelizzazione e altresì la nuova comunità dei credenti: la Chiesa.

4. L’odierna Liturgia si svolge durante l’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani e ci mostra anche la verità sull’unità della Chiesa.

L’unità della Chiesa ha il suo fondamento nell’unità di Cristo stesso: “Cristo è stato forse diviso?” (1Cor 1,13), esclama turbato san Paolo, al quale erano state riferite le dolorose divisioni, provocate da diverse fazioni esistenti nella giovane comunità cristiana di Corinto.

L’Apostolo supplica i cristiani di quella Chiesa particolare a superare e ad eliminare tali fazioni, causa di profonde lacerazioni e di deplorevoli discordie; raccomanda “unanimità” nel parlare e “perfetta unione di pensiero e di intenti” (1 Cor 1, 10). Cristo è uno! Cristo non si può dividere! È Cristo che è stato crocifisso per tutti gli uomini! È nel nome di Cristo che i fedeli sono stati battezzati!

Divisioni e discordie attraverso i secoli hanno purtroppo dolorosamente lacerato l’unione dei cristiani, provocando, anche nei non credenti, turbamento e scandalo e danneggiando la causa della propagazione del Vangelo.

Il Concilio Vaticano II ha avuto come uno dei suoi intenti quello del ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani, impegno che coinvolge tutta la Chiesa, sia i fedeli sia i Pastori e ognuno secondo le proprie capacità.

Il medesimo Concilio ha sottolineato con particolare incisività che “ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente (cf. Ef 4, 23), dall’abnegazione di se stessi e dal pieno esercizio della carità . . . Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l’unità dei cristiani, si devono ritenere come l’anima di tutto il movimento ecumenico” (Unitatis redintegratio, 7.8).

In questa Settimana di preghiera per l’unione dei cristiani, tutti coloro che credono in Cristo sparsi per il mondo sono invitati a meditare insieme sul tema: “Chiamati all’unità dalla croce di Nostro Signore”: questo tema - ho detto il 18 gennaio corrente - è “centrale nel mistero della salvezza; esso richiama il fondamento della nostra fede. Sì, è una grazia, e grande, che i cristiani siano chiamati a stare insieme all’ombra e al riparo della croce, di quella croce che è nel contempo per noi motivo di dolore e di gioia, ed è simbolo di quello "scandalo" che per i credenti è vera gloria”.

Il 25 gennaio concluderò solennemente l’Ottavario di preghiera nella patriarcale Basilica romana dedicata a san Paolo, il cui instancabile apostolato e la cui ardente parola sono un esempio e uno sprone per vivere e avverare fra noi cristiani quella piena unità, per la quale il Cristo ha intensamente pregato nel corso della sua dolorosa passione.

5. Alla passione di Gesù è stata intimamente unita e inserita la grande santa, alla quale è dedicata la vostra parrocchia e alla quale voi siete profondamente devoti: santa Rita da Cascia!

Vissuta tra il 1300 e il 1400, questa donna straordinaria, onore dell’Italia e della Chiesa, sperimentò una complessa vicenda umana e spirituale: fanciulla pura e dedita alla preghiera; sposa esemplare e paziente; madre amorosa e - in seguito alla tragica scomparsa del marito e alla immatura morte dei figli - fervente religiosa agostiniana fino alla morte gloriosa.

Alla vostra santa patrona e protettrice affido oggi voi tutti e i vostri cari, appartenenti a questa giovane parrocchia, che è stata eretta nel 1960 e curata dallo zelo instancabile dei Padri Agostiniani della provincia delle Marche.

Unitamente al Cardinale vicario e al Vescovo ausiliare, monsignor Giulio Salimei, porgo un affettuoso saluto al vostro parroco il padre Fiorino Sidera, e al gruppo dei viceparroci, i quali in piena e fraterna unione dedicano tutte le loro energie per aiutarvi nel continuo cammino della fede.

Un saluto anche alle Suore missionarie oblate dell’Assunzione, che offrono un prezioso contributo all’apostolato parrocchiale, in particolare mediante la catechesi, il servizio liturgico e quello caritativo.

Un cordiale saluto a tutti i movimenti, operanti nell’ambito dell’articolata vita pastorale della parrocchia: Azione cattolica; Scouts; Ministranti; Gruppo del giornalino; Gruppo delle donne, dedite in modo speciale al decoro della Casa di Dio; Movimento neocatecumenale; Comitato socio-culturale; Consiglio pastorale. In modo speciale desidero rivolgere una parola di compiacimento e di incoraggiamento al Gruppo dei catechisti, formato da giovani, da mamme e da insegnanti. Saluto tutti e i singoli parrocchiani: i padri, le madri di famiglia; i giovani e le giovani; i ragazzi e le ragazze; i bambini e le bambine; i malati, gli anziani. A tutti l’assicurazione della mia preghiera.

Conosco i vari problemi della vostra Comunità parrocchiale, che conta circa ventimila fedeli, provenienti in gran parte da varie regioni d’Italia, con i loro usi, i loro costumi, le loro tradizioni, le loro componenti sociali.

So quanto i vostri sacerdoti e voi stessi abbiate operato e continuiate a operare perché questa varietà trovi nella fede in Cristo il suo centro di serena unione e di autentica fraternità e solidarietà. Insieme, sacerdoti e laici, dovete indirizzare i vostri sforzi alla costruzione di una Comunità parrocchiale che sia sempre più viva e vitale, secondo le esigenze del Vangelo; che sia altresì più cosciente della propria vocazione a seguire Gesù ed a partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa.

È questo l’impegno che desidero dare oggi a tutti voi, a ognuno di voi, in questa significativa e privilegiata circostanza della mia visita pastorale. In questo impegno generoso vi aiuti e vi sostenga l’intercessione di santa Rita, che nella sua vita terrena tanto pregò e operò per la Chiesa di Dio.

6. Oggi, in cui ho avuto la gioia di poter visitare come Vescovo di Roma la vostra parrocchia, desidero che questo mio servizio costituisca veramente una continuazione di quella missione evangelica che Cristo stesso ha iniziato in Galilea; desidero inoltre che in questo mio servizio si compiano le parole dell’Apostolo: “Cristo mi ha mandato a predicare il Vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo” (cf. 1 Cor 1, 17); desidero infine che questo Vangelo diventi per tutti noi, per me e per voi, cari fratelli e sorelle della parrocchia di Santa Rita a Torre Angela, “una grande luce” che ci preparerà già fin da questa terra a “contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi” (Sal 27, 13).

Amen!

 

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