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VIAGGIO APOSTOLICO IN CANADA

SANTA MESSA ALL'UNIVERSITÀ CATTOLICA «LAVAL»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

 Campus dell'Università Cattolica «Laval» di Québec
  Domenica, 9 settembre 1984

 

1. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!” (Mt 16, 16).

Queste parole sono state pronunciate per la prima volta nei pressi di Cesarea di Filippo, in risposta alla domanda di Gesù: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” (Mt 16, 13).

Queste parole le ha pronunciate Simon Pietro nella terra di Galilea. In seguito, egli le ha pronunciate in molti altri luoghi. Le ha pronunciate a Gerusalemme, in particolare nel giorno della Pentecoste. Le ha pronunciate ad Antiochia, quando lasciò Gerusalemme. Infine, le ha pronunciate a Roma fino al giorno in cui dovette subire la morte su una croce, per rendere testimonianza alla verità di queste parole.

Queste parole - che professano la filiazione divina di Gesù Cristo - Simon Pietro le ha trasmesse in eredità alla Chiesa. Egli le ha trasmesse in modo particolare a tutti i suoi successori sul seggio episcopale di Roma.

2. Come Vescovo di Roma, successore di Pietro, desidero pronunciare queste stesse parole oggi in terra canadese.

“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16).

Al Vescovo di Roma è dato di calcare per la prima volta questa terra, nella città di Québec. Qui ebbe inizio l’evangelizzazione del Canada. Qui fu fondata la Chiesa. Qui vi fu la prima diocesi di tutta l’America del Nord. Qui, con il grano seminato in terra, iniziò un’immensa crescita.

Ecco perché desidero che, fin dall’inizio di questo pellegrinaggio, noi ci incontriamo e ci uniamo in questa professione di fede sulla quale è costruita la Chiesa di Cristo sulla terra:

il Cristo, il Figlio dell’uomo, il Figlio del Dio vivente;

il Figlio, della stessa sostanza del Padre: Dio, nato da Dio, luce, nata dalla luce; generato, non creato, verbo eterno per mezzo del quale tutto è stato creato;

e nello stesso tempo: il Cristo, vero uomo.

“Per noi uomini, e per la nostra salvezza, discese dal cielo; per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”.

Il Cristo: vero Dio e vero uomo. Questa è la fede della Chiesa.

Il Cristo: crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto . . .

Il Cristo: il terzo giorno è risuscitato dai morti, è salito al cielo, siede alla destra del Padre, da cui verrà a giudicare i vivi e i morti.

3. Questa è la fede degli apostoli. Questa è la fede di Pietro. Questa fede è la base sulla quale è costruita la Chiesa di Dio sulla terra.

Simon Pietro, che per primo professò questa fede nei pressi di Cesarea di Filippo, fu anche il primo a ricevere la risposta di Cristo: “Tu sei Cefa (ossia Pietro) e su questa pietra edificherò la mia Chiesa . . .” (Mt 16, 18). Come è bello sentire lo stesso apostolo,

Simon Pietro, nella sua prima lettera che abbiamo letto nella liturgia odierna, sentirlo rendere testimonianza a Cristo, designandolo come la pietra fondamentale!

Cristo è la “pietra viva” (1 Pt 2, 4).

Questa pietra, in verità, “gli uomini l’hanno rigettata” (1 Pt 2, 4), eliminata radicalmente, fino a condannare Gesù alla morte sulla croce e ad eseguire questa sentenza qualche ora prima della Pasqua.

Ed è proprio in questo rigetto che egli è riconosciuto per quello che è: Gesù, il Cristo, colui “che Dio ha scelto perché ne conosce il valore” (1 Pt 2, 4).

È per mezzo di lui, pietra viva, prima pietra, che anche noi siamo impiegati nella costruzione di un “edificio spirituale” (1 Pt 2, 5).

Sì, noi tutti: “come pietre vive”, siamo impiegati nella costruzione che ha per fondamento il Cristo, per edificare “un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 2, 5).

Noi siamo dunque “la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato” (1 Pt 2, 9), e questo per mezzo di Gesù Cristo che è il Figlio del Dio vivente, che è vero Dio e vero uomo, crocifisso e risuscitato. Sì, per mezzo di Gesù Cristo: egli è la prima pietra dell’edificio divino, costruito con i figli e le figlie di tutta la terra, che si innalzerà per l’eternità nella gloria indicibile della Santissima Trinità!

A partire da Gesù il Cristo, che è la pietra viva, si apre quest’ultimo avvenire della nostra costruzione . . . Tale è l’avvenire dell’uomo sulla terra. L’avvenire di un destino divino. 

4. Ecco dunque la fede in Gesù Cristo, che Simon Pietro proclamava!

Ecco la fede riguardo alla Chiesa che Simon Pietro proclamava!

Quale sorprendente unità! E quale forza in questa fede!

Oggi il Vescovo di Roma, venuto in terra canadese, desidera professare questa fede con tutto il suo cuore. Egli desidera farne il fondamento di tutta la sua missione tra voi, diletti fratelli e sorelle, in questa città di Québec e su tutta la terra canadese che visiterò in seguito, in ciascuna delle sue regioni.

5. Noi ci troviamo nel primo centro della Chiesa di Cristo nell’America del Nord. Partiti dalla Francia, Jacques Cartier, Champlain e tanti altri, portando su questo continente la loro cultura e la loro lingua, contribuirono a introdurre la fede nel Cristo salvatore.

Numerosi servi e serve di Dio sono venuti, fin dall’inizio della colonizzazione, per costruire l’edificio della Chiesa sulla vostra terra. I padri Recolletti, i Gesuiti, i Sulpiziani, le Orsoline con Maria dell’Incarnazione irradiante la sua incomparabile esperienza spirituale, le Ospedaliere di Dieppe, trascinate dall’inesauribile carità di Caterina di sant’Agostino: questi religiosi e queste religiose sono stati tra i primi a testimoniare la fede e l’amore di Cristo in mezzo ai coloni e agli “indiani”. Portatori della parola, educatori dei giovani, buoni samaritani presso i malati, hanno modellato il volto della Chiesa in questo nuovo Paese. Si è potuto parlare di una vera “epopea mistica” fin dalla prima metà del XVII secolo. Alcuni hanno dato la loro vita fino al martirio. Molti altri li hanno raggiunti, portando la loro pietra viva alla costruzione, spesso nella povertà, ma resi forti dallo Spirito di Dio.

In questo luogo ricordiamo in particolare François de Montmorency-Laval, vicario apostolico, poi primo vescovo di Québec. Non posso dimenticare che il seminario che porta il suo nome è all’origine dell’università che ci accoglie in questo momento, in questo luogo stupendo.

I vostri avi hanno forgiato qui una cultura, attingendo alle fonti del loro Paese d’origine. Nel corso dei secoli, questa eredità si è radicata, diversificata; ha accolto l’apporto proprio degli Amerindi e tratto profitto dalla presenza inglese in questo continente. Essa si è arricchita grazie alle successive ondate di emigranti venuti da tutte le parti. Il vostro popolo ha saputo conservare la sua identità, rimanendo aperto alle altre culture.

La Chiesa ha riconosciuto o si prepara a riconoscere la santità di un certo numero di questi pionieri. Essi sono dei fulgidi testimoni tra molti uomini e donne, umili credenti della vita quotidiana, che hanno modellato a poco a poco questa terra a loro immagine secondo la loro fede.

La vitalità e lo zelo dei vostri predecessori li hanno d’altra parte condotti a portare più lontano la buona novella: saluto qui una Chiesa che ha saputo rapidamente irradiarsi nell’Ovest canadese, nel Grande Nord e in molte altre regioni dell’America. Inoltre, essa ha avuto una parte importante nello sforzo missionario della Chiesa universale nel mondo.

Il vostro motto è: “Io mi ricordo”. Vi sono veramente dei tesori nella memoria della Chiesa, come nella memoria di un popolo!

Ma ad ogni generazione, la viva memoria permette di riconoscere la presenza del Cristo che ci interroga come nei pressi di Cesarea: “Voi, chi dite che io sia?”.

6. La risposta a questa domanda è essenziale per l’avvenire della Chiesa in Canada, e anche per l’avvenire della vostra cultura.

Voi constatate che la cultura tradizionale - caratterizzante una certa “cristianità” - è esplosa: essa si è aperta a un pluralismo di correnti di pensiero e deve rispondere a molteplici nuove domande; le scienze, le tecniche e le arti assumono una crescente importanza; i valori materiali sono onnipresenti; ma appare anche una sensibilità più grande nel promuovere i diritti dell’uomo, la pace, la giustizia, l’uguaglianza, la condivisione, la libertà . . .

In questa società in mutamento la vostra fede, cari fratelli e sorelle, dovrà imparare a esprimersi e a vivere. Lo dicevo ai vostri vescovi lo scorso ottobre: “Questo tempo è il tempo di Dio che non può mancare di suscitare quello di cui ha bisogno la sua Chiesa quando essa rimane disponibile, coraggiosa e in preghiera”. Voi saprete ricordare il vostro passato, l’audacia e la fedeltà dei vostri predecessori, per portare a vostra volta il messaggio evangelico al centro di situazioni originali. Voi saprete suscitare una nuova cultura, integrare la modernità dell’America senza rinnegare la sua profonda umanità proveniente senza alcun dubbio dal fatto che la vostra cultura è stata nutrita dal cristianesimo. Non accettate il divorzio tra la fede e la cultura. In questo momento voi siete chiamati a un nuovo atteggiamento missionario.

7. La cultura - e parimenti l’educazione, che è il compito primario ed essenziale della cultura - è la ricerca fondamentale del bello, del vero, del bene, che esprime al meglio l’uomo come “il soggetto portatore della trascendenza della persona” (cf. Ioannis Pauli PP. II, Allocutio ad Unesco habita, 10, die 2 iun. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980] 1643), che lo aiuta a diventare quello che deve “essere” e non soltanto ad avvantaggiarsi di quello che “ha” o di quello che “possiede”. La vostra cultura non è solo il riflesso di quello che siete, ma il crogiolo di quello che diventerete. Svilupperete dunque la vostra cultura in maniera viva e dinamica, nella speranza, senza paura dei problemi difficili o delle nuove sfide; senza peraltro lasciarvi ingannare dal chiasso della novità, e senza lasciare che s’installi un vuoto, una discontinuità tra il passato e l’avvenire; in altre parole, con discernimento e prudenza, e con il coraggio della libertà critica nei riguardi di quello che si potrebbe chiamare “l’industria culturale”; soprattutto con il più grande anelito della verità.

Ma nel rivolgermi qui ai credenti, ripeto di nuovo quello che dissi all’Unesco: “Penso soprattutto al legame fondamentale tra il Vangelo, ossia il messaggio di Cristo e della Chiesa, con l’uomo nella sua stessa umanità” (Ivi). Sì, cari fratelli e sorelle, nella cultura che voi ora sviluppate, che è in linea con quello che voi già siete a motivo di un ricco passato, in questa cultura che è sempre l’anima di una nazione (cf. Ivi, n. 14: l. c., pp.1647 s.), la fede svolge una parte importante. La fede illuminerà la cultura, essa le darà sapore, l’arricchirà, come dice il Vangelo parlando della “luce”, del “sale”, e del “lievito” che i discepoli di Gesù sono chiamati ad essere. La fede chiederà alla cultura quali valori essa promuove, quale destino essa offre alla vita, quale posto essa fa ai poveri e ai diseredati con i quali il Figlio dell’uomo si è identificato, come essa concepisce la compartecipazione, il perdono e l’amore. Se è così, la Chiesa continuerà a compiere la sua missione attraverso di voi. E voi renderete un servizio a tutta la società, anche agli uomini e donne che non condividono la vostra medesima esperienza spirituale. Una tale testimonianza, infatti, rispetta la libertà delle coscienze, senza per ciò abbandonarle a certi “imperativi” della civiltà moderna che pretendono di servire il progresso umano ma che di fatto vengono meno al rispetto per la vita, alla dignità di un amore che coinvolge le persone, e alla ricerca dei veri valori di umanità (cf. Ioannis Pauli PP. II, Allocutio ad UNESCO habita, 13, die 2 iun. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980] 1646).

Ma, di nuovo, la vostra fede deve mantenersi attiva e forte; deve diventare sempre più personale, sempre più radicata nella preghiera e nell’esperienza dei sacramenti; essa deve raggiungere il Dio vivente, nel suo Figlio Gesù Cristo, il Salvatore, con l’aiuto del Santo Spirito, nella Chiesa. Questa è la fede che voi dovreste approfondire con gioia, così da viverla e dare testimonianza di essa nella vita quotidiana e nei nuovi settori della cultura. Questa è in realtà la grazia che dobbiamo chiedere per il futuro del Québec, per il futuro di tutto il Canada. E qui torniamo alla domanda fondamentale di Gesù Cristo: “E voi, chi dite che io sia?”.

8. Nella fede che Simon Pietro ha affermato nei pressi di Cesarea di Filippo, nella fede che egli ha espresso così bene con la sua prima lettera, in questa stessa fede, io, Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma, desidero salutarvi cordialmente all’inizio del mio pellegrinaggio sulla vostra terra.

Desidero salutarvi tutti,

voi che siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che appartiene a Dio;

voi che siete stati chiamati in Gesù Cristo per “proclamare le meraviglie di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1 Pt 2, 9).

Noi inauguriamo oggi una festa destinata ad avere una grande risonanza nei vostri cuori.

La Chiesa pone sulle nostre labbra il canto che conviene:

“Cantate al Signore, benedite il suo nome, / annunciate di giorno in giorno la sua salvezza, / in mezzo ai popoli raccontate la sua gloria, / a tutte le nazioni dite i suoi prodigi!” (Sal 96, 2-3).

Che la terra canadese canti al Signore dalle rive dell’Atlantico alle rive del Pacifico, e dal Sud alle terre ghiacciate del Nord . . . Ecco che il Cristo, il Figlio del Dio vivente, è diventato la prima pietra in mezzo a voi! Ecco che il Cristo, il Figlio del Dio vivente è diventato la pietra viva per tutte le generazioni! “Gloria tibi, Trinitas”! Gloria a te, Santa Trinità! Amen.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per questa commovente accoglienza.

Saluto anzitutto monsignor Louis Albert Vachon, arcivescovo di Québec, e ciascuno degli altri miei fratelli nell’episcopato, che esercitano il loro ministero in Canada.

Saluto i rappresentanti delle altre Chiese che sono venuti per unirsi a noi dall’America e dai diversi continenti, specialmente dall’Europa, con la quale il Canada ha intrecciato legami così forti.

Saluto i missionari canadesi e i rappresentanti delle giovani Chiese in cui essi esercitano il loro ministero.

Saluto il rettore dell’università Laval, i professori e gli studenti, e tutti quelli che lavorano per rinnovare e approfondire la cultura, per renderla sempre più umana, in un dialogo fiducioso con la fede.

Saluto i sacerdoti, i diaconi, i seminaristi, i religiosi, le religiose e i laici delle diverse parrocchie di questa arcidiocesi e delle diocesi vicine, che hanno potuto venire qui grazie al fraterno gemellaggio delle parrocchie.

Saluto coloro per i quali Gesù aveva una particolare sollecitudine: i bambini, i giovani, gli anziani, i malati, i carcerati, tutti coloro che soffrono per non essere amati o per essere emarginati, senza lavoro o nella prova.

Insieme, seguendo l’apostolo Pietro, rivolgiamoci al Signore Gesù. Egli rafforzi la nostra fede!

 

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