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VISITA PASTORALE IN CALABRIA

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Santuario di San Francesco di Paola (Cosenza) - Venerdì, 5 ottobre 1984

 

1. “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25). È spontaneo riandare con la mente a queste parole di Cristo, celebrando l’Eucaristia nel santuario che la pietà dei fedeli ha eretto in onore di un uomo come Francesco di Paola, vissuto lontano dai libri ma vicino a Dio: egli fu davvero uno di quei “piccoli” che Dio introduce alla conoscenza delle sue “cose nascoste”. Francesco di Paola non fu certo un dotto, e tuttavia egli conobbe a perfezione la scienza dei santi e seppe penetrare nei cuori più e meglio di quei dotti teologi, che non di rado ricorrevano a lui per avere risposte chiarificatrici nei loro dubbi e nelle loro perplessità. Lui “piccolo”, anzi “minimo” come amò qualificare sé e i suoi figli, meritò di essere maestro dei “grandi” della terra, e ciò grazie alla luce che Dio riversava nella sua anima, assetata di lui.

Nel ringraziare il superiore generale dei Minimi e il presidente dei superiori maggiori della Calabria per le parole rivoltemi all’inizio della santa messa, saluto questa comunità monastica e voi tutti carissimi religiosi, religiose e anime consacrate qui presenti. È significativo che il nostro incontro avvenga presso questo santuario, in cui tutto ci parla di un uomo che seppe donarsi senza riserve a Dio, trovando in tale incondizionata consacrazione di sé la sorgente sempre zampillante di una carità inesausta verso i fratelli. Nella testimonianza di Francesco di Paola, una figura che riassume in sé i tratti migliori della generosa popolazione calabrese, si ripropongono con nitida evidenza le componenti essenziali di ogni vita consacrata a servizio di Dio e della Chiesa. Per questo io sono lieto di incontrarmi con voi in questo luogo, carissimi, per dirvi come apprezzi la vostra missione e il vostro molteplice apostolato.

La Calabria è sempre stata ricca di fondazioni monastiche e religiose e ha dato alla Chiesa figure di santi, quali san Saba, san Nilo, san Bruno e lo stesso san Francesco. In questa regione il primo monachesimo giunse dal vicino Oriente, e qui realizzò una felice sintesi di spiritualità e di cultura monastico-religiosa.

Non è però soltanto storia del passato. La freschezza della vita religiosa è viva oggi con voi, presenti e operanti nel tessuto ecclesiale e sociale. Voi, anime consacrate a Dio in questo oggi della storia, vi alimentate allo spirito e al carisma delle origini, per dare con la vostra testimonianza di coerenza evangelica una convincente risposta alle attese della presente generazione.

2. Vi siete mai chiesti che cosa si attendono da voi la Chiesa di Calabria e il buon popolo di questa regione? Alla luce della vita e degli insegnamenti dei vostri grandi santi, in particolare del patrono di questa chiesa, ritengo che oggi sia fondamentale per la vostra credibilità la testimonianza di un rinnovato impegno nella preghiera e nell’unione con Dio. I grandi asceti e i fondatori insegnano che bisogna dare a Dio il primo posto nella vita e nell’apostolato, e questo proprio per venire incontro alle necessità del mondo, che è alla ricerca affannosa di valori che lo strappino all’inquietudine e all’incertezza del quotidiano. Voi sostituirete un punto di riferimento fondamentale per i molti fratelli smarriti sulle strade del mondo, se saprete essere testimoni gioiosi del Vangelo in tutta la sua pienezza.

La sete di Dio è ovunque diffusa: spetta ai membri degli istituti religiosi incanalare questa esigenza, ravvivando nella loro quotidiana testimonianza la gioia di vivere con Dio e di Dio, il quale non aliena lo spirito e non toglie la libertà, ma arricchisce l’anima e la rende libera per farle gustare la sua presenza. Non è forse questa l’esperienza che voi fate quando con piena disponibilità vi sapete porre alla sequela di Cristo, casto, povero e obbediente al Padre? Non trovate forse in ciò il segreto della vera pace dell’anima? Partecipate questo stile di vita ai fratelli, sottolineando vigorosamente la gioia di stare insieme “come un cuor solo e un’anima sola” nella condivisione generosa di ogni vostro bene (cf. At 4, 32). Non abbiate paura di sentirvi non capiti: Cristo è con voi a infondervi speranza e forza, perché lo portiate con entusiasmo ai fratelli. Il mondo sa distinguere bene la vostra testimonianza evangelica da qualsiasi altra: non per nulla vi contrappone la sua ideologia e i suoi effimeri valori.

Oggi vivere l’unione con Dio con accentuato spirito di preghiera è un passaggio obbligato della vita religiosa: la Chiesa ha bisogno di anime consacrate che vivano nell’interiorità del rapporto con Dio e affermino dinanzi al mondo il primato di Dio, perché il mondo comprenda che non sono i beni materiali, il successo o i piaceri che danno la serenità all’uomo, ma il grado d’unione con Cristo, vera speranza dell’uomo.

3. La consacrazione a Dio, che vi permette di “seguire con maggiore libertà Cristo e imitarlo più da vicino” (Perfectae Caritatis, 1), non vi distoglie dai problemi dei fratelli: la caratteristica della vita religiosa di questa terra - dove molti paesi e villaggi devono la loro origine alla presenza di un monastero o cenobio, ereditandone anche il nome nella toponomastica - vi invita a congiungere lo spirito di unione con Dio con la solidarietà verso i fratelli, che molto attendono dal vostro diuturno impegno di apostolato. I disagi economici ereditati dal passato e che sono ancora lontani da una giusta soluzione e i mali della società di oggi, di cui soffrono soprattutto i giovani, si presentano ogni giorno dinanzi ai vostri occhi. Non potete ignorarli, rifugiandovi nella vostra comunità. Dovete anche voi farvene carico sotto l’aspetto che vi compete, nel rispetto ovviamente del carisma proprio dei rispettivi istituti. Del resto non c’è vera vita religiosa, radicata nell’intima unione con Cristo, che non si traduca nel bisogno di seguirlo e di servirlo nelle sue membra (cf. Perfectae Caritatis, 8).

La vostra testimonianza non va disgiunta dalla conoscenza delle situazioni del popolo che vi attornia, che confida nel vostro aiuto spirituale e concreto, che attende un vostro gesto di amore fraterno, che vede in ciascuno di voi il fratello che può capirlo e in nome di Cristo salvarlo.

4. Non sempre, tuttavia, chi vi avvicina lo fa per chiedere: spesso il Signore vi fa incontrare il fratello per un richiamo, una riflessione, un incitamento a una più autentica testimonianza evangelica. Sappiate raccogliere come provvidenziali questi inviti a riprendere la vita religiosa con più coraggio e spirito evangelico.

Trovarsi poveri tra i poveri è un dono del Signore: a contatto con le situazioni concrete la parola del Signore si fa più incisiva e invita a leggere la parabola dell’uomo incappato nei ladri (Lc 10, 25-37) con più partecipazione. I vostri santi fondatori hanno dato vita a comunità apostoliche che, congiungendo insieme ascesi e carità, hanno orientato la loro missione verso quelle categorie di persone che la società spesso emargina, ma che la Chiesa ritiene tesori per il regno. Come non ricordare in questo luogo il continuo flusso di fedeli che salivano dalla città e dai casali vicini per incontrare l’eremita Francesco? Egli, uomo di Dio e lavoratore instancabile li ascoltava con disponibilità, chiariva i loro dubbi, a volte risolveva anche i loro problemi col miracolo, sempre, accomiatandoli, lasciava in loro quella “contentezza e pace” - dicono le fonti - che vale molto più dei beni materiali e della stessa salute. Queste contrade furono allora testimoni dei prodigi descritti da Isaia nel brano che abbiamo ascoltato: “Si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa . . . (Is 35, 5-6).

5. Il patrimonio spirituale della vita religiosa di questa regione affonda spesso le sue radici nel campo sociale non per sostituirsi alle strutture pubbliche, ma per coadiuvarle nel difficile compito di aiuto e di redenzione dei fratelli più bisognosi. Non disperdete questa connotazione, oggi che la Chiesa riafferma la sua presenza nel campo dell’educazione e del lavoro. Chi ha bisogno, guarda sempre alla vostra testimonianza e voi non dovete tradire la fiducia di chi non ha voce sociale. Sappiate essere sempre attenti al loro grido di aiuto e date prova dell’amore a Cristo prodigandovi per i fratelli. Non sono le parole che mancano in questo settore della società, sono i gesti. Voi siete chiamati, in nome di Cristo, a porre di questi gesti con l’intervento disinteressato, con la solidarietà nei casi estremi, con l’impegno a coinvolgere i buoni nel soccorso di chi ha veramente bisogno.

Così facendo, voi vedrete aprirsi dinanzi a voi gli spazi della carità e riaffermerete l’insopprimibile dignità di ciascuno, riscoprendo nei lineamenti di chi è provato dalla sventura il volto sofferente del Cristo. Soprattutto, voi rivivrete la storia della vostra chiamata, che è intrisa di amore e di misericordia del Signore. Il Vangelo si apre ogni giorno dinanzi a voi e vi chiama all’apostolato: ogni uomo ne è una pagina vivente, che deve essere capita e accolta nella propria esperienza di fede. Non stancatevi di tendere la mano a chi è nel bisogno: il vostro gesto di solidarietà può essere lo spiraglio attraverso cui il fratello giungerà ad intravedere la Provvidenza del Padre che ha cura di tutti e a tutti dà un fine in questo mondo. “La vostra silenziosa testimonianza di povertà e di distacco, di purezza e di trasparenza, di abbandono nell’obbedienza . . . può diventare, oltre che una provocazione al mondo e alla Chiesa stessa, anche una predicazione eloquente, capace di impressionare anche i non cristiani di buona volontà, sensibili a certi valori” (Evangelii Nuntiandi, 69,2).

6. Questa incarnazione della vostra vita religiosa nel tessuto ecclesiale e sociale della Calabria è il messaggio che oggi vi consegno in questo luogo santificato dall’asceta e uomo di Dio san Francesco di Paola. Sappiate attingere dall’unione con Dio, quotidianamente presente nel suo banchetto eucaristico, la forza della testimonianza evangelica a tutti: ai semplici, ai poveri, ai piccoli, agli emarginati, ai sofferenti, ai dotti, agli uomini della terra, del mondo del lavoro, a chi è pronto al dialogo e anche a chi per il momento ancora se ne esclude. Cristo vi precede e vi dà la forza, perché egli è lo scopo e la misura della vostra vita: nel quotidiano dialogo con lui attingete quella carità soprannaturale, di cui ci ha parlato san Paolo in quel sublime brano della prima Lettera ai Corinzi (1 Cor 13, 5-7) che abbiamo poc’anzi ascoltato: una carità cioè che “non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”.

Solo chi è completamente distaccato da se stesso può accogliere fino in fondo le esigenze radicali di una carità che, secondo le parole dell’apostolo, mira al “tutto”: “. . . tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Ma chi, meglio del religioso, può realizzare in sé un simile distacco? Nell’impegnarsi sulla via dei consigli evangelici non è egli mosso dalla volontà di operare in se stesso quella spogliazione di ogni cosa che può fare più completamente spazio al tutto di Dio? Sappiate apprezzare nel loro pieno valore, carissimi, i voti di castità, povertà e obbedienza, che tra poco rinnoverete. Essi non intralciano né limitano la vostra personalità, ma piuttosto la liberano alla possibilità di un dono più costante e più generoso nel quotidiano servizio di Dio e dei fratelli.

Sulle orme dei vostri grandi santi, e in particolare di colui il cui spirito aleggia in questa chiesa, siate lietamente casti, poveri e obbedienti. Sperimenterete, come essi sperimentarono, la verità della parola di Cristo: “Il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Mt 11, 30) e potrete, anche voi come loro, partecipare questa vostra esperienza a tanti fratelli “affaticati e oppressi” che vengono a voi per avere una parola capace di ridare loro speranza.

 

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