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SANTA MESSA PER I DIPENDENTI DELLE VILLE PONTIFICIE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Castel Gandolfo - Domenica, 20 luglio 1986

 

Sia lodato Gesù Cristo!

Ci incontriamo anche quest’anno, come di consueto, riuniti nella nostra comunità eucaristica. L’ultima volta è stato in questo stesso periodo, nel mese di luglio. Nel frattempo siamo rimasti gli stessi, ma siamo anche cambiati. In un anno c’è sempre da registrare una differenza, non solamente nel calendario, ma anche nella vita dell’uomo; ciascuno di noi, nella vita esterna, nella vita del corpo, ma anche nella vita dello spirito e dell’anima siamo più cresciuti, anche i giovani; siamo tutti più maturi. La morte, poi, del compianto direttore dottor Carlo Ponti parla a noi tutti della realtà alla quale ci avviciniamo; egli, ancora un anno fa, era con noi, partecipava alla stessa Eucaristia, sembrava ancora molto sano, non solamente in quel mese, ma anche dopo; infatti, quando lo vidi all’inizio dell’anno, mi sembrava ancora “tutto in ordine”. Ma dopo poche settimane è scomparso. Oggi preghiamo specialmente per la sua persona, per la sua anima, raccomandiamo a colui che è il Padre di tutti noi la sua vita eterna, la vita che ora vive fuori del corpo.

Vorrei approfittare della parola di Dio, che ci è stata presentata oggi in questa celebrazione eucaristica, per offrire a tutti una breve considerazione e, nello stesso tempo, anche un augurio molto cordiale. Uno si trova racchiuso nell’altra: l’augurio nella considerazione, e la considerazione in questo augurio.

Ecco, la parola di Dio e specialmente il Vangelo di san Luca, che leggiamo nella domenica odierna, ci parla di due sorelle, Marta e Maria, delle quali Gesù era ospite nella loro casa, non lontano da Gerusalemme. Egli ne fu ospite più volte, ne fu anche ospite negli ultimi giorni prima degli avvenimenti pasquali. E noi, avendole sentite spesso, conosciamo bene quelle parole, rivolte da Gesù a Marta, paragonandone il lavoro, la sollecitudine quotidiana con l’atteggiamento della sorella la quale, invece, cercava di ascoltare la parola del Signore. Tali parole di Gesù sono molto significative, molto emblematiche: ci parlano del valore che, tutti noi, dobbiamo introdurre nella nostra vita. Esse ci fanno capire che il nostro lavoro o, altrimenti parlando, tutto ciò che viene costituito dalla nostra umana attività, come ciò che fruttifica dalla parola di Dio, ha un proprio valore, un proprio significato. Gesù ha detto in un’altra circostanza: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4): in tal modo l’uomo vive certamente di quello che è frutto del suo lavoro, il pane, ma nello stesso tempo vive di quello che proviene dalla parola di Dio. Ecco che così si è formato un programma di vita cristiana, costituita dai due ben noti elementi: “ora et labora”; e questo programma ce lo ha portato, come essenza stessa della civiltà e della cultura cristiana, specialmente occidentale, il grande patriarca dell’Occidente, san Benedetto; “ora et labora”: sono le sue parole, molto semplici ma nello stesso tempo straordinariamente profonde, che ci spiegano il senso, la struttura della vita umana. Ciascuno di noi deve saperle comporre insieme ambedue: il lavoro e la preghiera. La propria attività e l’ascolto della parola di Dio.

Possiamo dire che, oggi, il mondo moderno è più aperto a quello che proviene dall’attività umana. Viviamo, specialmente qui in Occidente, in una civiltà scientifico-tecnologica, in cui l’uomo dà molta più importanza e fiducia alle opere della sua mente e delle sue mani, ed è anche molto più impegnato nelle sue attività e nei suoi successi. Ma questo atteggiamento crea molte volte un vuoto spirituale, tanto che l’uomo non è felice, nonostante tutti i successi del suo lavoro, della sua attività temporale, unicamente finalizzata agli scopi di questo mondo terreno. E allora si avverte una grande necessità di controbilanciare questa sproporzione. Dobbiamo vivere maggiormente della parola di Dio.

Incontrando al giorno d’oggi alcuni gruppi di giovani, vediamo che essi ricercano di nuovo la parola di Dio, ricercano la preghiera perché vedono, constatano di non trovare nell’attività, in tutto quello che è proprio dell’attività dell’uomo e di questo mondo, una soddisfazione piena per il loro spirito. E di qui, ecco l’augurio: con questa breve considerazione, basata sul Vangelo di oggi, sulla liturgia della Parola, vorrei anche auspicare a tutti voi, miei carissimi collaboratori, dipendenti delle Ville Pontificie, e tra voi anche al nuovo direttore, di saper fare una bella sintesi di questi due avvenimenti della vita umana, di saper vivere, certamente, del lavoro di ogni giorno, ma anche di saper illuminare questo lavoro con la luce ben più grande che proviene dalla parola di Dio; quella che diventa nostra, cioè propria dell’uomo, nella preghiera.

Questo auguro a tutti i presenti, alle vostre famiglie, ai vostri anziani e ai vostri giovani; e in questo spirito vorrei anche pregare insieme con voi durante questa celebrazione della santissima Eucaristia.

Sia lodato Gesù Cristo!

 

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