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VISITA PASTORALE ALLA DIOCESI DI GROSSETO

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Stadio Olimpico Comunale di Grosseto - Domenica, 21 maggio 1989

 

1. “Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo”.

La Chiesa pronuncia queste parole tutti i giorni. Le pronuncia molte volte al giorno. Oggi esse esprimono il contenuto liturgico della solennità in cui il mistero stesso di Dio, nella sua vita interiore, attira la nostra attenzione su Dio “che è, che era e che viene” (cf. Ap 1, 8). Esprimo la gioia di poter oggi celebrare la solennità della Santissima Trinità insieme con voi, fratelli e sorelle.

Rivolgo il mio cordiale saluto al Vescovo monsignor Adelmo Tacconi, il quale con zelante sollecitudine pastorale presiede a questa comunità ecclesiale di Grosseto. Saluto con affetto il signor Cardinale Pietro Palazzini, l’Arcivescovo di Firenze, Cardinale Silvano Piovanelli, i cari Arcivescovi e Vescovi della Toscana. Un particolare pensiero di stima e di affetto va ai sacerdoti della diocesi di Grosseto, che non cessano di portare il Vangelo al popolo cristiano e di educarlo nella fede. Il mio pensiero va ugualmente ai religiosi ed alle religiose, ed in particolare ai laici impegnati nelle varie associazioni e movimenti ecclesiali.

Saluto con deferenza le autorità civili e militari e le ringrazio per la loro presenza, con la quale hanno voluto rendere ancora più significativo questo incontro.

Rivolgo un affettuoso saluto a tutti i fedeli di Grosseto e delle altre città della Toscana qui convenuti per testimoniare la loro fede cristiana e per esprimere la loro adesione al successore di Pietro, presente fra voi per confermarli nella fede. Il mio pensiero si estende anche alle loro famiglie: agli anziani, agli ammalati, ai giovani e ai fanciulli. Carissimi, siate testimoni attendibili dell’amore della Santissima Trinità, che è stato infuso, nel vostro animo nel giorno del Battesimo. Fate circolare fra voi l’amore e l’armonia divina che mirabilmente si dispiegano tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; vivete in profondità questa spiritualità trinitaria, che fa di voi dei veri adoratori in spirito e verità.

In questo affiato “trinitario” di amorosa e armoniosa disponibilità di intenti affrontate i problemi e le istanze che si presentano nella vostra situazione sociale e culturale. In questa vostra terra, ricca di realizzazioni e di promesse, impegnatevi sempre di più per la promozione di un progresso destinato a favorire ogni uomo e ogni donna nel proprio sviluppo spirituale e materiale. Ma impegnatevi anche nel lavoro di una nuova evangelizzazione, in uno scambio di esperienze e di ideali ispirati alla fede, portata in questa vostra terra fin dai tempi antichi dai vostri antenati. Nel tormentato groviglio della società moderna, così inquieta e così fragile, non lasciatevi mai distogliere dai vostri principi di fede. Impegnatevi anzi a portare la fede a questa società: amatela e curatela nelle sue piaghe! Portate ad essa la conoscenza del nome di Dio uno e trino: del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo!

2. Quanto mirabile è il tuo nome, Signore!

Quale è il nome di Dio? Quale è il tuo nome - chiese un giorno Mosé ai piedi del monte Oreb, quando vide il roveto ardente che bruciava nel fuoco senza consumarsi. Mosé sapeva di stare dinanzi a Dio stesso.

Il mio nome è: “Io sono colui che sono!” (Es 3, 14).
L’autore dell’Apocalisse dirà: “Colui che è, che era e che viene” (Ap 1, 8).

Tuttavia Dio non è soggetto né al passato né al futuro. Per noi, per le creature, egli era, è e viene. In se stesso egli è. È al di fuori di qualsiasi “passare del tempo”. Egli è l’esistenza e l’eternità.

3. L’uomo si rivolge a Dio mediante il mondo visibile. Mediante ciò che passa, che nasce e muore. Questo mondo, l’intero mondo sia visibile che invisibile, parla all’uomo di Dio. Nel mondo creato l’intelletto umano scopre la Sapienza, che ha dato inizio ad ogni cosa e penetra tutto.

Il libro dei Proverbi nella prima lettura di questa liturgia racchiude una lode di questa Sapienza che è più antica di tutte le creature. E prima “degli inizi della terra” (cf. Pr 8, 23).

Leggiamo:

“Quando non esistevano gli abissi, io fui generata; / quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; / prima che fossero fissate le basi dei monti, / prima delle colline, io sono stata generata. / Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi, / né le prime zolle del mondo” (Pr 8, 24-26).

E il libro continua a tessere questo splendido inno in onore della Sapienza, che è conoscibile nella meravigliosa architettura del cosmo.

L’autore si serve del linguaggio dell’osservazione prescientifica del mondo, ma quanti scienziati, esperti contemporanei dei segreti del creato, sono arrivati alla stessa conclusione! La Sapienza iscritta nell’architettura dell’universo!

4. Da ciò che è esterno, la mente umana si rivolge a se stessa. Il Salmo ottavo della odierna liturgia contiene una magnifica espressione dell’autoconoscenza umana, compenetrata da questa domanda fondamentale: chi è l’uomo?

Il salmista dice:
“L’hai fatto poco meno degli angeli, / di gloria e di onore lo hai coronato: / gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, / tutto hai posto sotto i suoi piedi” (Sal 8, 6-7).

La verità biblica sull’uomo è una scoperta particolare del Creatore, dato che già il libro della Genesi configura l’essere umano quale immagine e somiglianza di Dio stesso (cf. Gen 1, 26).

5. “Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, / il figlio dell’uomo perché te ne curi?” / si chiede il salmista (Sal 8, 5).

Veramente! Dio si ricorda dell’uomo in maniera insolita. Meravigliosa è la sua premura per lui. Tutto questo si manifesta nell’intera storia della salvezza, e soprattutto in ciò che costituisce lo zenit stesso di tale storia: il Verbo si è fatto carne.

Ecco il culmine dell’autorivelazione di Dio all’uomo: Gesù Cristo, Dio-uomo. Il Figlio eterno, della stessa sostanza del Padre. Nella pienezza del tempo nato da donna (cf. Gal 4, 4). Figlio di Maria Vergine di Nazaret.

È in lui che “abbiamo . . . ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio” (Rm 5, 2).

È per opera dalla sua Croce e Risurrezione che “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).

6. “Quale è il tuo nome”? - chiese, un tempo, Mosé ai piedi del monte Oreb, quando il Dio di Abramo, di Isacco e Giacobbe lo mandava a liberare Israele dalla schiavitù d’Egitto.

Quale è il tuo nome?
Il mio nome è: Colui che È.

E Gesù Cristo durante l’ultima Cena, prima della Passione, proclama la verità del nome di Dio - il mistero del Dio vivente, con queste parole:

“Quando . . . verrà lo Spirito di verità . . . mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv 16, 13-15).

In queste parole vi è il mistero del Dio vivente: il Padre - il Figlio - lo Spirito Santo.

Divina Unità della Trinità.

Cristo ha pronunziato questo mistero con parole umane. E l’ha lasciato allo Spirito Santo, alla sua venuta: “Quando . . . verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” (Gv 16, 13).

Ciascuno di noi è introdotto in questa “verità tutta intera” già mediante il Battesimo.

Viviamo di questa verità quotidianamente, quando iniziamo la preghiera e il lavoro “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

7. Perché, pronunziando con queste parole il nome dell’inscrutabile mistero divino, il nome del Dio vivente che È, facciamo nello stesso tempo, sulla nostra fronte, sulle spalle e sul cuore, il segno della Croce?
Perché la Croce è l’ultima parola del mistero trinitario di Dio nella storia della salvezza del genere umano.
Quando Cristo dice dello Spirito Santo: “prenderà del mio e ve l’annunzierà”, queste parole si riferiscono in modo particolare al sacrificio della Croce.

Il Dio vivente è entrato definitivamente nella storia del creato, nella storia dell’uomo, proprio mediante questo sacrificio.
L’uomo, guardando l’architettura del cosmo, si addentra nelle profondità dell’eterna Sapienza del Creatore.
L’uomo, guardando la Croce, conosce l’amore che penetra questa Sapienza e tutta la sua opera.
Conosce l’amore che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cf. Rm 5, 5).

Conosce che “Dio è amore” (1 Gv 4, 16).

Per questo lo Spirito Santo ci è stato dato . . . è stato dato ai nostri cuori. È stato dato nella Croce di Cristo, nel suo sacrificio redentore.

8. Dio è amore. Ecco il nome di Colui che È.

In questo nome “ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio” (cf. Rm 5, 2).

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, a Dio che, è, che era e che viene! Amen.

Al termine il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:

Prima di tornare a Roma, vorrei ringraziare la Chiesa di Grosseto per avermi invitato, per avermi ospitato in questa grande solennità del Dio uno e trino, della Santissima Trinità. Vi ringrazio per la vostra preparazione, per la vostra partecipazione. Vi auguro i frutti spirituali di questo odierno essere Chiesa insieme con il Papa. Alla fine, seguendo le orme della vostra plurisecolare tradizione, mi affido insieme con voi alla Madonna delle Grazie, vostra patrona. Sia lodato Gesù Cristo.

 

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