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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN LEONE I

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 17 dicembre 1989

 

1. “Sei tu colui che deve venire?” (Mt 11, 3).

La domanda dei discepoli di Giovanni Battista attraversa tutto il brano evangelico di questa terza domenica d’Avvento, chiamata a giusto titolo “della gioia”.

Al precursore, finito in carcere per la testimonianza coraggiosa resa alla verità, era giunta l’eco delle parole e dei gesti di Gesù: erano parole e gesti che contraddicevano le attese di un Messia politico e violento, com’era quello aspettato da molti in Israele. Ciò aveva fatto sorgere in loro il dubbio; in alcuni persino lo scandalo.

“Sei tu . . . o dobbiamo aspettarne un altro?”. La domanda dei discepoli di Giovanni conserva una sua attualità. Se la pone, in certo modo, anche il nuovo Israele, la Chiesa, che attende la venuta, quella ultima soprattutto, del suo Signore. Se la pongono particolarmente molti uomini sfiduciati e smarriti che, con cuore sincero, cercano la via della salvezza.

2. La risposta a tale domanda non può essere data poggiando sulla semplice logica umana. L’identificazione del Messia-salvatore non è facile. È possibile soltanto per coloro che hanno orecchi per udire le parole e occhi per vedere le opere di Cristo alla luce della fede e nell’ottica del progetto salvifico di Dio, già annunciato dai profeti.

Di tale progetto Isaia aveva offerto una sintesi particolarmente eloquente. Gesù si rifà a quella predicazione per svelare la sua vera identità messianica e la sua missione: “I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella”.

Con le sue parole, dunque, Gesù offre i “segni” della venuta del Regno promesso e presenta le credenziali della sua missione; con la sua predicazione porta a compimento la liberazione già annunciata. Egli, infatti, è il Messia-servo, salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, dei poveri, dei sofferenti, degli emarginati soprattutto. Attraverso le sue parole e i suoi gesti il Regno di Dio “viene” per la salvezza e la gioia dei poveri che riconoscono in lui “la gloria e la magnificenza” di Dio e sono salvati. Per essi la liberazione sarà un “nuovo esodo”: una “via santa” da percorrere in atteggiamento di conversione e di fedeltà alla sua parola, quale buona notizia di speranza e di gioia.

3. La risposta offerta da Gesù è motivo di fiducia e stimolo all’impegno per ogni persona di buona volontà. Lo è, in particolare, per questa vostra comunità parrocchiale, carissimi fedeli di san Leone I al Prenestino. Anche qui ci sono sofferenti, emarginati, poveri, ai quali Gesù vuole portare la buona Novella della salvezza. Lo fa attraverso i suoi ministri: il vostro parroco, don Vito di Nuzzo, e i sacerdoti suoi collaboratori, ai quali va il mio saluto cordiale. Lo fa attraverso l’opera del Cardinale vicario e del Vescovo del settore, monsignor Giuseppe Mani, che sono qui stasera con noi per rendere più bello quest’incontro. Lo fa mediante la persona del Papa, che è venuto tra voi per esprimervi il suo affetto e la sua sollecitudine pastorale nei confronti dei problemi che affliggono la vostra comunità.

Conosco le difficoltà con cui dovete quotidianamente misurarvi a motivo della insufficienza di infrastrutture e di servizi sociali fondamentali. Confido che con l’impegno di tutti - autorità civiche, forze sociali e imprenditoriali, responsabili di enti pubblici, privati si affrettino le desiderate soluzioni.

Prendo atto con gioia delle molteplici iniziative che la parrocchia come tale ha avviato nel campo della catechesi, della liturgia, della carità, contando sull’apporto prezioso di laici qualificati per competenza e generosità. Mentre incoraggio ciascuno a farsi carico della propria parte di responsabilità e a perseverare in una collaborazione alla quale Dio non farà mancare la giusta ricompensa, esorto a privilegiare - nella luce del brano evangelico ascoltato poc’anzi - l’attenzione verso gli ultimi. E a loro in primo luogo, ai “poveri”, che il Signore Gesù vuol portare per mezzo vostro la buona Novella.

Egli vi è accanto, nell’adempimento di questo compito, col sostegno della sua grazia. In questo momento, poi, egli apre dinanzi a voi, e a tutta la Chiesa che è in Roma, una “via santa” di rinnovamento mediante il Sinodo pastorale diocesano. E, questa, una via da fare insieme in piena fedeltà agli esempi e agli insegnamenti di Cristo, maestro e Signore.

4. La situazione della città in cui viviamo, anche quella del vostro popoloso quartiere, si presenta talora - per usare le parole del profeta Isaia - come un “deserto”, una “terra arida”, difficile da dissodare e refrattaria alla seminagione evangelica, Ci sono gli “smarriti di cuore”, che hanno perduto la strada della verità e della vita; molte le “mani fiacche”, incapaci di fare il bene; molte le “ginocchia vacillanti” nel cammino della sequela di Cristo.

Con le parole del profeta, Dio ci invita a non scoraggiarci e ci esorta alla speranza: “Coraggio, non temete; ecco il vostro Dio . . . viene a salvarvi!”.

Sì, fratelli e sorelle, il Signore viene; anzi è qui tra noi. I segni della sua presenza salvifica sono già visibili nella nostra città. Molte sono, infatti, le iniziative poste in atto nella comunità ecclesiale per annunciare la buona notizia del Vangelo ai poveri. Molte sono le opere di carità e di servizio realizzate per offrire ai malati, ai sofferenti e agli emarginati una liberazione integrale. Roma, Chiesa chiamata a presiedere le altre Chiese nella carità cerca di dare a tutte una eloquente e coraggiosa testimonianza in questo importante campo della sua missione salvifica. Glielo riconoscono, con apprezzamento, gli uomini abituati a giudicare con animo libero da pregiudizi e le stesse autorità pubbliche, disponibili alla collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene comune.

La salvezza che Gesù viene a portare non è, però, un dono che ha raggiunto tutti; molti “poveri” che abbiamo con noi non hanno ancora accolto l’annuncio della buona Novella e non sono stati ancora liberati dal peccato e da tutto ciò che li umilia e li pone al margine di una convivenza umana fraterna e solidale; molti “scandalizzati” hanno preso le distanze da Cristo, e dalla Chiesa.

È necessario, allora, incrementare la missione di evangelizzazione e di promozione umana, per aprire a tutti le porte del Regno di Dio, che viene in Gesù Cristo. Nascono da ciò gli impegni del Sinodo pastorale diocesano.

5. Per una concorde ed efficace realizzazione di questi impegni, vorrei ricordarne alcune fondamentali esigenze.

Anzitutto il rapporto necessario tra la “nuova evangelizzazione”, a cui il Sinodo ci sollecita, e la promozione integrale dell’uomo. Ci sono profondi legami che uniscono questi due aspetti della missione ecclesiale. “Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete di ingiustizia da promuovere. Legami dell’ordine evangelico, quale è quello della carità; come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, autentica crescita dell’uomo?” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 31).

Occorre tuttavia fuggire due pericolose tentazioni. Da una parte, bisogna evitare di ridurre la missione della Chiesa alle sole dimensioni di un progetto temporale, con il rischio di far perdere al messaggio evangelico della liberazione la sua originalità (cf. Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 32). Dall’altra parte, nel cammino della liberazione umana, è necessario escludere ogni forma di violenza, perché questa “genera irresistibilmente nuove forme di oppressione e di schiavitù” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 37).

“Per questo, col predicare la liberazione e con l’associarsi a coloro che operano e soffrono per essa, la Chiesa - senza accettare di circoscrivere la propria missione al solo campo religioso, disinteressandosi dei problemi temporali dell’uomo - riafferma il primato della sua vocazione spirituale, rifiuta di sostituire l’annuncio del Regno con la proclamazione delle liberazioni umane e sostiene che anche il suo contributo alla liberazione è incompleto, se trascura di annunziare la salvezza in Cristo Gesù” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 34).

6. I credenti, peraltro, sanno che questa salvezza offerta da Cristo non si esaurisce in una dimensione esclusivamente terrena e temporale essa è trascendente, escatologica e avrà il suo compimento definitivo al secondo Avvento del Signore. Ha certamente qui e ora il suo inizio, ma solo alla fine la sua piena realizzazione.

Per questo anche la Chiesa di Dio che è in Roma, per mezzo del Sinodo pastorale diocesano, s’impegna attivamente nella promozione dell’uomo.

Lo fa in quell’atteggiamento di speranza e di attiva pazienza, che san Giacomo ci ha chiesto nella seconda lettura della Messa, sicura che il deserto fiorirà e la terra darà il suo frutto.

Lo fa cercando di accompagnare le sue opere con la testimonianza coraggiosa e coerente della vita. Come Giovanni Battista.

Lo fa orientando nella vera direzione gli sforzi di tutti coloro, e sono tanti, che, come singoli o in gruppo, lavorano per la giustizia, la solidarietà e la pace. Affinché tutti gli uomini, ma soprattutto i poveri e gli oppressi, vedano la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio e siano salvati.

“Coraggio! Non temete, - essa ripete col profeta Isaia - ecco il vostro Dio . . . Egli viene a salvarvi”.

Sì, vieni, Signore Gesù, vieni a salvarci.

 

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