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CELEBRAZIONE DEL MERCOLEDÌ DELLE CENERI
NELLA BASILICA DI SANTA SABINA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Mercoledì delle Ceneri, 28 febbraio 1990

 

“Laceratevi il cuore e non le vesti” (Gl 2, 13).

1. Così dice il profeta Gioele nella prima lettura di questo Mercoledì delle Ceneri. Con tali parole egli fa riferimento alla consuetudine dei suoi contemporanei, i quali, in segno di penitenza o di lutto, si laceravano le vesti e si coprivano di ceneri il capo. Oggi, all’inizio della Quaresima, la Chiesa, rapportandosi a questa usanza, impone le ceneri sul capo.

Questo gesto ha un suo significato anche per la nostra epoca. Le parole del libro della Genesi, che le accompagnano, sono evidentemente sempre attuali: “polvere tu sei e in polvere tornerai!” (Gen 3, 19). Esse parlano della legge di morte, alla quale sono sottoposti l’uomo e tutto il creato. Queste parole, nel contesto della liturgia del Mercoledì delle Ceneri, hanno ancora la forza di far “lacerare i cuori”.

2. Il profeta Gioele infatti mira a tale scopo. La penitenza (“metànoia” - conversione) tende soprattutto a una svolta e a una trasformazione dell’uomo interiore: “Lacerate i vostri cuori”. E certamente una testimonianza perenne di questa lacerazione del cuore è il Salmo di Davide “Miserere”. Sono note le circostanze in cui questo Salmo nacque nel cuore e sulle labbra del re-profeta.

Attraverso tante generazioni e secoli il Salmo non ha perduto niente della sua attualità. È rimasta costantemente viva la testimonianza del peccato umano e della conversione: “Riconosco la mia colpa, / il mio peccato mi sta sempre dinanzi. / Contro di te, contro te solo ho peccato, / quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” (Sal 51, 5-6).

3. “Crea in me, o Dio, un cuore puro, / rinnova in me uno spirito saldo!” (Sal 51, 12). Questa “lacerazione del cuore” si realizza all’interno di tutto l’essere umano, sensibile al bene e al male. Se l’uomo compie questa lacerazione con uno sforzo della sua coscienza - allora in questa fatica è sempre presente Dio. Egli agisce.

L’uomo deve soprattutto “entrare nella sua camera”, deve “chiudere la porta”. Deve rimanere solo con Dio, che “vede nel segreto” (Mt 6, 6). Perfino le opere della penitenza, come il digiuno, l’elemosina e la preghiera, non raggiungono il loro scopo se viene a mancare questa “segretezza” interiore, nella quale Dio riconquista nell’uomo lo spazio destinato per lui. Ed egli agisce. Proprio in questo consiste “la lacerazione del cuore”.

4. Infatti ciò che Dio ha da dire all’uomo in questo segreto quaresimale è una verità “lacerante”. L’apostolo Paolo, nella lettera ai Corinzi, presenta con parole concise questa verità lacerante, chiamando alla riconciliazione con Dio: “Lasciatevi riconciliare con Dio!”. “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2 Cor 5, 20-21).

L’Apostolo parla di Cristo. Parla del mistero della redenzione, che si è compiuto a prezzo della sua passione e della croce sul Golgota. Ma non parla soltanto di questo. L’Apostolo parla anche di ciò che è il fondo stesso del mistero: ecco, il Figlio della stessa sostanza del Padre, colui che porta in sé tutta la giustizia di Dio - colui che assolutamente “non ha conosciuto peccato” - è trattato “da peccato” in nostro favore: “Il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti”, come già aveva predetto tanti secoli prima il profeta Isaia.

Ecco la verità che realmente lacera i cuori! Nel nome di questa verità, nel nome di Cristo, l’Apostolo chiama alla riconciliazione con Dio.

5. L’uomo contemporaneo è sensibile a questa verità? Non si è forse barricato in se stesso contro la chiamata quaresimale della Chiesa? Tutto ciò che fa parte della nostra civiltà tecnica, audiovisiva, antropocentrica non chiude forse all’uomo l’accesso a questa camera interiore, senza permettergli di permanere nel “segreto” con Dio solo? Il cuore umano è ancora capace di questa “lacerazione” salvifica, che lo guarisce per mezzo della verità e della grazia?

Comincia la Quaresima! Preghiamo per i nostri contemporanei! Preghiamo reciprocamente gli uni per gli altri! Al termine della preghiera e della penitenza di questi quaranta giorni ci sarà “la gioia della salvezza”.

“Non respingermi dalla tua presenza / e non privarmi del tuo santo spirito / rendimi la gioia di essere salvato” (Sal 51, 13-14).

 

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