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VISITA AL PONTIFICIO COLLEGIO SLOVENO DI ROMA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì, 22 novembre 1990

 

È per me motivo di gioia sincera trovarmi qui, oggi, a presiedere questa solenne Liturgia eucaristica che vede raccolti intorno all’altare di Cristo, insieme con gli amati fratelli nell’episcopato, il Rettore e gli alunni del Pontificio Collegio Sloveno, che in questi trent’anni si sono formati qui a Roma negli studi superiori teologici ed ecclesiastici per poter meglio attuare la propria missione apostolica, nel servizio a Cristo e alla Chiesa che vive nel vostro popolo sloveno.

Trent’anni non sono un periodo molto lungo, ma sono prova della vitalità e anche giusta occasione per ringraziare sinceramente il Signore dei secoli che ci ha aiutati a fondare l’Istituto e lo ha benedetto con frutti evidenti che sono anche la promessa per il futuro, come dimostra la presenza del bel gruppo degli alunni attuali e degli ex alunni, impegnati già nella vita apostolica.

Il Signore è veramente ricco nella sua misericordia e nei suoi doni (Ef 2, 4). Questa è la fonte della nostra gioia in questo giorno di festa. Con San Paolo voglio ricordarvi: “Sono persuaso che Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Fil 1, 6). “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni” (Fil 2, 13).

Il ringraziamento filiale va alla Madre di Dio e della Chiesa, che intercede sempre per noi, la cui effigie qui presente ho avuto il privilegio di benedire e di incoronare; e che sotto il titolo “Auxilium christianorum” è la principale patrona del popolo sloveno ed Avvocata vostra, e che non cessa di elargirvi abbondanti grazie e consolarvi nelle angustie.

Il Sinodo dei Vescovi, recentemente conclusosi, raccomandava caldamente la formazione continua dei sacerdoti - questo è ora e questo sarà in futuro propriamente il vostro compito: ora nella formazione e preparazione di voi stessi, poi nella formazione di altri sacerdoti e laici, vostri fratelli nella fede in Cristo.

Dopo il grande dono che la Provvidenza ci ha concesso operando cambiamenti che segnano una nuova epoca nell’Europa orientale e centrale e hanno avuto risonanza decisiva anche nel vostro Paese, ci attende tutti la grande ed importante opera di ricostruzione non solo materiale ma anche di ricostruzione morale e spirituale, soprattutto tra le generazioni giovani in vista del terzo millennio che già si avvicina. E con esso si avvicina la missione della rievangelizzazione di una nuova Europa, su fondamenta storiche cristiane in cui la cultura e la Chiesa sapranno respirare “con ambedue i polmoni”.

In voi è vivo lo spirito dei Santi Cirillo e Metodio, vostri padri nella fede e nella cultura, compatroni d’Europa insieme con San Benedetto: vi auguro che sia in voi sempre operante questa preziosa eredità. Eredità che ci impone il dovere di creare le condizioni di una vita sociale veramente a misura dell’uomo che non è solo figlio della terra ma anche figlio di Dio che vede nel prossimo un suo fratello in Cristo.

Raccogliete, valorizzate con l’aiuto di Dio e con l’ispirazione dello Spirito Santo tutte le forze costruttive del lievito evangelico secondo lo spirito delle beatitudini che portano la benedizione agli uomini, ai popoli, all’umanità intera.

Vi aiuteranno in questo sforzo necessario le capacità creative che sono nascoste in voi insieme con le tradizioni della vostra cultura plurisecolare permeata da ideali di un umanesimo veramente cristiano.

La Chiesa vi sostiene in questi sforzi per una ricostruzione morale e spirituale. Siete ministri della Chiesa e insieme ministri del Popolo di Dio nella vostra nazione, affidata alle vostre cure.

Tenete presenti nel cuore le parole di San Paolo: “L’amore di Dio ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti . . . Tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5, 18).

Nella Liturgia odierna celebriamo la festa della vergine e martire romana, S. Cecilia, onorata anche come patrona del canto e della musica. Un’antifona dell’antica liturgia romana esprime la sua lode con le parole di gioiosa, giovanile letizia: “Cantantibus organis, Cecilia Domino decantabat dicens: Fiat cor meum immaculatum, ut non confundar . . .” (Cecilia cantava nel suo cuore mentre gli strumenti musicali suonavano per le sue nozze con Cristo).

Ancora oggi l’orazione del giorno esprime con vivo sentimento l’idea della festa: “Ascolta Signore, la nostra preghiera e per l’intercessione di Santa Cecilia, vergine e martire, rendici degni di cantare le tue lodi” (Liturgia del 22 novembre).

Tutta la nostra vita dovrebbe divenire un inno un cantico di lode, una sinfonia per il nostro Creatore e Salvatore!

Sì, questo è il vero senso della vita dell’uomo, non solo dell’uomo cristiano, ma anche fondamentalmente di ogni uomo.

Questo è anche la vera dignità e il dovere di ognuno di noi, per realizzarlo nella propria esistenza e personalità. Voi, cari sacerdoti, avrete in più la missione d’onore di condurre i propri fratelli alla scoperta del senso profondo della vita.

Così, con il vostro ministero, alla cui preparazione accurata sono dedicati gli anni trascorsi in questo Collegio, voi sarete più adatti a sollevare e a coltivare le sorti e il futuro dei vostri coetanei e di tutto il vostro popolo, nella solidarietà più larga ancora della fraterna convivenza non solo con la famiglia europea dall’Atlantico agli Urali ma nella solidarietà universale dell’intera famiglia umana che Cristo ha consacrato con la sua morte e risurrezione e vuole assumere nella potenza dello Spirito Santo come il suo Corpo mistico, uno ed universale.

Il vostro Collegio sta nelle immediate vicinanze delle catacombe; si può anzi dire, che la vostra abitazione si erige sul terreno impregnato dal sangue del glorioso sacrificio dei martiri, fedeli testimoni di Cristo, colonne della nostra fede e della Chiesa. Ancora oggi ritengono il proprio valore le parole di Tertulliano: “Sanguis martyrum-semen christianorum”: dal sangue dei martiri della fede nascono come dal seme i nuovi cristiani.

Rendetevi degni di questa altissima vocazione umana e cristiana, con lo Spirito di verità e della santità nell’amore a Cristo e ai fedeli.

Il Santo Padre ha infine rivolto ai presenti le seguenti parole:

È bella questa assemblea che commemora il trentesimo anniversario del Collegio. Ma si vede che non è stato facile, se ci sono voluti tre Papi per arrivare a trent’anni. Mi congratulo con voi per questi trent’anni, per questo Collegio, per l’incontro di oggi, per la concelebrazione decorata dai canti. Avete scelto bene la data dell’inaugurazione e anche di questa visita, perché non si potrebbe celebrare oggi l’anniversario del Collegio, di qualsiasi Collegio, senza cantare. Nel giorno di Santa Cecilia tutto parla del canto. Anche sant’Agostino parla del canto nella sua omelia che è citata nel Breviario: allora si deve cantare, e in questo Collegio abbiamo trovato persone che sanno farlo! Mi congratulo con voi anche per questo.

E mi congratulo anche per tante altre cose che da questo Collegio tornano verso la vostra patria così vicina ai confini dell’Italia. Mi congratulo con la vostra patria e con la Chiesa nella vostra patria. Con la patria slovena che ha saputo durante tanti secoli mantenere la sua identità slava e con la Chiesa che ha saputo contribuire a questa identità che è non solamente cristiana, cattolica, ma anche slovena. Essendo così vicina la vostra patria, da tanti anni sto desiderando di fare una visita alla vostra terra, ma non sono ancora riuscito a farla. Devo però dirvi che ogni giorno prego per la soluzione di questo problema, di questa mancata visita. Io prego, e questa preghiera è giusta e opportuna, per trovare una soluzione a una cosa che molte volte sembra insolubile.

Speriamo! Per ora dobbiamo accontentarci della vicinanza. Ma sappiamo bene che c’erano altri Paesi vicini dove fino all’anno scorso non si poteva pensare di fare una visita: ma poi dopo pochi mesi si è fatta! Davvero non si deve mai perdere la speranza! Ed io non la perdo!

Infine, voglio ringraziarvi ancora per questa vostra ospitalità slovena e slava - vanno insieme queste due voci -, per questa ospitalità gioiosa. È una cosa preziosa per me aver potuto visitare un altro Collegio a Roma. In realtà, sono tanti e ve ne sono ancora da visitare.

Vi ringrazio e vi auguro anche una buona continuazione . . . anche sotto altri pontificati, visto che ce ne sono voluti tre per arrivare a questo momento!

 

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