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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
 (1°-9 GIUGNO 1991)

MESSA PER I FEDELI DELLA DIOCESI DI PŁOCK

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

 Stadio dell'«Osir» (Diocesi di Płock) - Venerdì, 7 giugno 1991

 

1. “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29).

La Chiesa è oggi in ascolto di queste parole, con le quali Cristo rivela il mistero del suo Cuore. Dice “Imparate da me”, e queste parole significano che egli stesso è il nostro Maestro. Non solo mediante tutto quello che faceva e che diceva. È il nostro Maestro prima di tutto per quello che era. E chi era Gesù Cristo - è espresso soprattutto nel suo Cuore. Chi era - costituisce un mistero inscrutabile.

“Nessuno conosce il Figlio se non il Padre” - dice Gesù (Mt 11, 27). E allo stesso tempo dice: “Chi vede il Figlio vede anche il Padre” (cf. Gv 14, 9) -perché solo “il Figlio conosce il Padre” (cf. Mt 11, 27). E poi conosce il Padre anche “colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (cf. Mt 11, 27). Così dunque la chiave della nostra conoscenza di Dio è Cristo: Figlio di Dio e Figlio dell’uomo.

E al centro di questa conoscenza c’è il Cuore. Oggi tutta la Chiesa rende onore liturgico a questo Cuore. Sono lieto che mi è dato visitare oggi Plock, una delle sedi dei Piast del nostro Paese, ed insieme antichissima sede episcopale.

Quanta gente, figli e figlie della Masovia polacca, nel corso dei secoli, imparava qui da Cristo la verità divina e umana, a contatto con l’intimo mistero del suo Cuore. Nei secoli lontani, come San Stanislao da Rostkow - e ai nostri tempi, in questo ventesimo secolo, distintosi per una particolare testimonianza di confessori e di martiri.

2. “Imparate da me”!

La verità che dobbiamo soprattutto apprendere da Cristo è la verità dell’amore. Il Cuore del Redentore ci rivela la verità dell’amore che “è da Dio” (1 Gv 4, 7). L’amore di Dio si è espresso nel fatto che il Padre “ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui” (1 Gv 4, 9). L’amore che è da Dio dà la vita. Chiunque ama è generato da Dio . . . perché Dio (stesso) è amore” (1 Gv 4, 7-8). È generato - vuol dire: ha la vita da Dio. Vive della vita di Dio. E soltanto allora “conosce Dio” perché l’amore non si conosce diversamente che mediante l’amore. Per questo anche “Chi non ama non ha conosciuto Dio” (1 Gv 4, 8).

Quest’amore che dà vita è da Dio, e non da noi: “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi” (1 Gv 4, 10). Così dunque Dio è il primo. In lui ha inizio non solo ogni esistenza, ma soprattutto ogni amore nel mondo degli esseri creati. Ogni amore nei nostri cuori umani. L’amore ha la sua fonte in Dio, e questa fonte eterna si è manifestata nel tempo in modo più pieno, quando Dio Padre “ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Gv 4, 10).

Perché l’amore, che è un dono di Dio stesso, possa diventare la parte, del cuore umano, occorre che venga sconfitto il peccato. Soltanto l’amore ha questa potenza, questo è infatti l’amore redentore, di cui palpita il Cuore del Figlio.

L’apostolo ed evangelista Giovanni, che parla nell’odierna liturgia spiega che cosa dobbiamo imparare da questo Figlio, che è il Redentore del mondo. Dobbiamo “credere all’amore che Dio ha per noi” (cf. 1 Gv 4, 16). Tale fede non significa soltanto conoscenza di Dio. È allo stesso tempo una vita nuova: la vita in Dio. San Giovanni scrive: “Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4, 16).

La vita in Dio ci permette in un certo senso di sperimentare che Dio è amore. Proprio questo dobbiamo imparare dal Divin Cuore di Cristo-Redentore.

3. Il Signore Gesù trova una particolare gioia nel rivelare questa profondissima verità su Dio. Dice: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te” (Mt 11, 25-26).

Chi sono questi “piccoli”? Non possono esserlo anche “i sapienti e gli intelligenti”? Viviamo infatti in un’epoca di progresso scientifico e di diffusione dell’istruzione. Bisogna dunque dire che numerosissimi sapienti e scienziati, e alcuni persino più di tante altre persone - rimangono sensibili alla rivelazione di Dio che è amore.

L’amore di Dio è una chiamata e una risposta all’elezione da parte di colui che amò per primo. In questo sta anche l’essenza stessa dell’alleanza stretta da Dio con l’uomo. La sua storia è unita prima alla storia d’Israele (come ricorda la prima lettura dell’odierna liturgia). Dio si è fatto conoscere, ai discendenti di Abramo come Dio dell’alleanza in modo speciale mediante la liberazione dei figli e delle figlie del popolo eletto dalla schiavitù egiziana.

Ed è stato eletto, come udiamo, il “più piccolo” popolo, perché fosse manifesto che il motivo dell’elezione non è alcuna grandezza umana, ma solo l’amore: perché “il Signore vi ama” (Dt 7, 8).

L’alleanza di Dio con il popolo eletto costituisce soltanto l’immagine di quell’elezione eterna con la quale Dio abbraccia l’intera umanità nel suo Figlio unigenito. Il Cuore del Figlio - il Cuore di Gesù, trafitto dalla lancia sul Golgota - è la rivelazione di questa elezione universale, e allo stesso tempo della nuova ed eterna Alleanza. Nel Cuore di Cristo si rivela Dio come amore, si rivela fedele nell’amore, nonostante il peccato dell’uomo, nonostante tutti i peccati e tutte le infedeltà, di cui è piena la storia dell’umanità sulla terra.

È Dio, il Dio fedele, che mantiene la sua alleanza e benevolenza” (Dt 7, 9). Il Cuore umano del Dio-Uomo testimonia, testimonia nel modo più pieno, testimonia irrevocabilmente quest’amore di Dio che è fedele.

4. Oggi a Plock, in questa successiva stazione del mio pellegrinaggio attraverso la terra patria, devo trattare l’ultimo tra i comandamenti del Decalogo. Ed è bene poterlo fare nel contesto della festa liturgica del Cuore di Cristo. Nel comandamento “Non desiderare la roba d’altri” (così come in quello precedente) tocchiamo infatti l’interno dell’uomo.

Il “desiderio” non è un atto esterno. Il “desiderio” è quello di cui vive il cuore umano. Dio nell’alleanza sul Sinai con Mosè dice “Non desiderare la roba altrui”. Direttamente qui si tratta di completare ciò che è contenuto nel settimo comandamento “Non rubare”, si tratta di qualcosa che è proprietà altrui. Il comandamento del Decalogo si riferisce direttamente a questo. Contemporaneamente, però questo comandamento indica una gerarchia di valori, nella quale le “cose”, cioè i beni materiali occupano il posto superiore. Il desiderio delle “cose” domina tanto il cuore dell’uomo, che in un certo senso ormai non vi è in esso spazio per i beni più alti, quelli spirituali. L’uomo diventa in un certo senso schiavo del possedere e del godere, senza badare neppure alla propria dignità, neppure al prossimo, al bene della società, a Dio stesso.

Questo è un desiderio fallace. Cristo dice: “Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?” (Mt 16, 26). In un momento in cui i Polacchi intraprendono la loro riforma economica, il comandamento “Non desiderare la roba del tuo prossimo” acquista un significato particolare. Si capisce da sé, che in diverse nostre azioni e in diversi nostri sforzi siamo guidati da motivazioni economiche. Un’economia che si sviluppa correttamente conduce all’arricchimento sia dei singoli che ad un generale aumento del benessere della società. In questo modo si può eliminare molta povertà, anche nella dimensione sociale. Allo stesso tempo però, non dimentichiamo, cari fratelli e sorelle, che il denaro, la ricchezza e le varie comodità di questo mondo passano, e dunque non possono essere il nostro fine ultimo. La persona umana è più importante delle cose, e l’anima è più importante del corpo, perciò mai e a nessuno è lecito tendere ai beni materiali violando la legge morale, o violando i diritti di un altro uomo. Per questo vi auguro di cuore che mai alcuno di voi tenti di arricchirsi a spese del prossimo. Vi auguro inoltre, miei amati Connazionali, che nelle vostre aspirazioni al miglioramento dell’esistenza materiale non perdiate il senso della solidarietà umana nei confronti della povertà altrui. Stiamo anche molto attenti, cari Fratelli e Sorelle a non diventare una società nella quale tutti invidiano qualcosa a tutti. Restituiamo, cari Fratelli e Sorelle, lo splendore alla nostra bella parola onestà: l’onestà che è espressione dell’armonia del cuore, onestà nelle parole e negli atti, onestà in famiglia e nei rapporti tra i vicini, nella fabbrica e nel ministero, nell’artigianato e nel commercio, semplicemente onestà nella vita. Essa è fonte di reciproca fiducia, e di conseguenza è anche fonte della pace sociale e di un autentico sviluppo. Che nelle nuove condizioni questa parola acquisti un nuovo significato. Non raggiungeremo la felicità e nemmeno la semplice stabilizzazione, senza tener conto della legge di Dio.

Per questo con tutto il cuore abbiamo fiducia in Dio, che i suoi comandamenti sono giusti e che la loro osservanza dà sicurezza all’uomo e gli porta la gioia e la pace già su questa terra. Più volte, anche durante questo mio peregrinare per la Polonia ho sentito pronunciare le parole: “è difficile la libertà che abbiamo”.

La libertà è difficile. È difficile, bisogna impararla, bisogna imparare ad essere veramente liberi, bisogna imparare ad essere liberi in un modo tale che la nostra libertà non diventi la nostra schiavitù, la nostra prigionia interiore, e che non diventi motivo per limitare la libertà altrui. Questo fatto grava molto sulla sfera dell’economia mondiale. Del resto bisogna imparare come essere liberi in varie dimensioni della vita, per cui mi sembra che queste catechesi legate al Decalogo siano probabilmente il miglior servizio che il Papa pellegrino potesse rendere ai propri compatrioti durante questo pellegrinaggio. Rimane ancora il comandamento più importante, il comandamento dell’amore. Ma lo lasciamo per Varsavia.

5. “Imparate da me” . . .

Imparate tutta la verità contenuta in ogni comandamento del Decalogo. Imparate la verità del decimo comandamento. Il desiderio delle cose è la radice dell’egoismo, e persino dell’invidia e dell’odio reciproci.

Negli ultimi anni abbondavano nobili e sublimi manifestazioni nella vita polacca. Queste hanno però scoperto anche delle pericolose fessure, e dei pericoli morali. Sarà questo un processo irrevocabile?

Miei cari, sono ottimista. Più di una volta i polacchi hanno dimostrato di saper essere liberi. Hanno saputo trasformare il loro amore per la libertà in creatività, alleanza, solidarietà. Hanno saputo trasformare il loro amore per la libertà anche in sacrificio. Non è vuota la frase: “Per la libertà vostra e nostra”. Ovviamente non possiamo dimenticare che la storia ci ha dato una terribile lezione, una lezione dolorosa dell’abuso della libertà fino alla follia. Fino alla follia! Che cos’altro se non questo nel contesto della Costituzione del 3 maggio è stata Targowica! Ma dopo è iniziato di nuovo il processo della riconquista della libertà per cui è stato pagato un alto prezzo, davvero alto. Questo prezzo è stato pagato da generazioni intere. È stato pagato anche dalla nostra generazione. È stato pagato in larga misura dalla generazione della seconda guerra mondiale. Perciò permettetemi di essere ottimista. Permettetemelo e aiutate il Papa a non dover preoccuparsi.

Cristo dice: “imparate da me”.

E il suo diletto Apostolo aggiunge: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri . . . se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1 Gv 4, 7.11).

E ancora Cristo stesso: “Voi tutti che siete affaticati e oppressi... venite a me e io vi ristorerò . . . Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me . . . e troverete ristoro per le vostre anime . . . Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (cf. Mt 11, 28-30). Amen.

Al termine della Santa Messa il Papa ha rivolto un saluto ai presenti

Prima di lasciarci desidero salutare tutta la regione di Mazowsze, abbracciando il suo plurisecolare passato, il suo presente e il futuro, il posto che ha nella storia della nostra Patria, della Chiesa e della santità. Basta ricordare San Stanislao Kostka di Rostków, vostro connazionale. Bisogna però ricordare anche suor Faustina. La missione della Misericordia Divina aveva un suo tempo, era il tempo della terribile seconda guerra mondiale, terribile per molti aspetti, un estremo inasprimento del male nel nostro continente. Per quel tempo Dio ha preparato la missione della Misericordia Divina, di cui testimone e portavoce è diventata quella semplice figlia della terra polacca.

Salutando tutta l’assemblea eucaristica, tutti i presenti, desidero salutare in modo particolare i nostri ospiti e soprattutto il nuovo arcivescovo di Praga, successore nella sede di Sant’Adalberto. Gli chiediamo di salutare da parte nostra il cardinale Frantisek Tomásek, suo predecessore. Saluto anche un altro ospite dalla a noi vicina Romania, l’arcivescovo di Bucarest. Saluto poi i rappresentanti delle autorità statali e cioè i rappresentanti del Presidente della Repubblica, del Parlamento e del Governo. Hanno voluto partecipare a questa preghiera eucaristica anche i fratelli di altre confessioni cristiane, i quali rimangono nel dialogo ecumenico, li salutiamo cordialmente. Sono presenti qui molti gruppi organizzati, della diocesi di Plock, di tutta la Polonia come anche dall’estero, soprattutto dai Paesi che confinano con noi e che sono a noi vicini. Sono qui presenti i bambini di Chernobyl, che stanno trascorrendo un periodo di riposo in Polonia; vi saluto cari bambini, in modo particolarmente affettuoso.

Ringrazio gli organizzatori, tutti coloro che in quest’opera mettono il cuore, fedeli alle parole di Cristo: “Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me”. Portate cari bambini il saluto del Papa e la sua benedizione alle vostre famiglie, parrocchie, scuole e a tutta la vostra patria. Ci sono qui i rappresentanti dei centri polacchi nell’emigrazione di tutto il mondo, con a capo il Presidente della Comunità Polacca, il maresciallo del Senato Andrzej Stelmachowski e il presidente del Congresso della Polonia Americana Edward Moskal.

Ci sono qui due nostri connazionali americani, gli Arcivescovi di Detroit: il Cardinale Szoka, attualmente in Vaticano, e il suo successore l’Arcivescovo Majda. Chiedo a loro di voler trasmettere a tutti i nostri connazionali oltre oceano e in tutto il mondo il nostro cristiano abbraccio della pace. Dirigo un cordiale saluto ai qui presenti fratelli e sorelle della Slovacchia. E ora, tornando alla mia terra, mi rivolgo all’Associazione delle Famiglie cattoliche della Diocesi di Plock, associazione che ha assunto come proprio il millenario motto della Chiesa in Polonia: “Famiglia forte in Dio”.

Desiderate con la vostra attività aiutare la famiglia a mantenere quella forma, quella dimensione, che le è stata data da Dio Creatore e Redentore, approfondendo la cultura cristiana nel matrimonio e nella famiglia, difendendo la vita e portando alle famiglie un molteplice aiuto. Che Dio vi benedica. Il movimento “Fede e Luce”, grande servizio nel nome di Cristo all’uomo che soffre. Questo movimento nasce da quel fenomeno, che è per la Chiesa la Madre Immacolata. Al Suo Cuore, nella festa del Divino Cuore di Suo Figlio, affido tutti coloro che hanno bisogno di aiuto e coloro che li aiutano.

Il movimento “Luce e Vita” e il Servizio Liturgico mi fanno venire in mente il compianto don Franciszek Blachnicki. È un movimento a cui è legata la mia gioventù episcopale. Ricordo gli incontri a Nowy Targ durante il primo pellegrinaggio, ricordo i doni spirituali, che hanno fatto allora alla Chiesa i vostri fratelli e sorelle più grandi. La vostra generazione continua quella tradizione, desidera entrare nel Terzo Millennio del cristianesimo, evitando i difetti e i peccati tramite il lavoro su se stessi, la cura delle virtù, soprattutto l’astinenza, la veracità, il coraggio e la fortezza. La Polonia e il mondo, alle soglie del Terzo Millennio, hanno bisogno del fermento evangelico.

Sono qui presenti anche i nostri cari scout con la loro ricca tradizione di amore verso Dio, verso il prossimo e verso la Patria con il loro motto: “All’erta!”. Ancora un avvenimento significativo.

All’inizio della Santa Messa è stata inaugurata con il segno della Santa Croce e ha iniziato l’attività evangelizzatrice la Radio della Diocesi di Plock. La prima radio emittente cattolica in Polonia. Vivant sequentes! Viva le seguenti. Come vedete non sono pochi questi saluti per la regione di Mazowsze e per la diocesi di Plock. Si sono accumulati durante così tanti secoli e non so se è tutto. Ci conviene fare ancora una piccola cosa. A Wloclawek ho detto alla fine: “Ti ringraziamo pioggia per essere venuta solo alla fine della Santa Messa”. Qui dobbiamo dire: “Ti ringraziamo pioggia per essere cessata all’inizio”.

Cari fratelli e sorelle, a voi tutti dico le parole dell’Apostolo: “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti” (1 Cor 12, 6). Che ognuno si ritrovi in queste parole, che ognuno custodisca il proprio dono, il proprio carisma, secondo che esso operi nella Chiesa ed operi anche per il bene di quella grande comunità, che è la nostra Patria. “Rendete grazie a Dio, non spegnete lo spirito!”.



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