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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA
ROMANA DI SANT'ALESSANDRO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 27 febbraio 1994

 

Abbiamo ascoltato la Parola di Dio. Cerchiamo di fare una sintesi di quanto abbiamo udito. Ci vengono in mente le parole di San Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio” (Gv 3, 16). È quanto vuol dirci la Liturgia di oggi. Soprattutto con la prima Lettura che parla di Abramo. Abramo era pronto a dare il suo unico figlio. Era una grande profezia.

Non conosciamo le sue parole, non ha scritto libri, ma questo gesto di essere pronto a dare il suo unico figlio, Isacco, in olocausto a Dio è già una grandissima profezia che anticipa tutto il mistero pasquale. Che cosa ci vuole dire il Vangelo di oggi? Dio si prepara a dare il suo Figlio unigenito, primogenito, Gesù fatto uomo, a darlo come sacrificio per tutti i peccati del mondo.

Dio non ha permesso ad Abramo di offrire il suo figlio Isacco, ma non ha rinunciato a dare il suo Figlio unigenito, Gesù. Egli si prepara a quest’olocausto della Settimana Santa, del Triduo Sacro, e prepara anche i suoi Apostoli. Per questo li prende insieme con sé sul Monte Tabor, e qui il Padre manifesta loro come Gesù sia il suo prediletto. “Ecco il mio Figlio, il mio Figlio prediletto” (cf. Mc 9, 7). Lo manifesta ai due Testamenti: lo fa davanti ai profeti, lo fa davanti a Mosè, a Elia, e lo fa evidentemente davanti a questi tre Apostoli scelti per essere testimoni: Pietro, Giacomo e Giovanni.

Gesù è apparso ai suoi Apostoli trasfigurato, elevato al cielo nella sua gloriosa figura. Si dice: “trasfigurazione”, figura celeste dopo la figura terrena. La figura celeste di Gesù è apparsa appunto sul Monte Tabor. Gli Apostoli si meravigliano e dicono: “Si sta bene qui, vogliamo stare qui, lasciaci qui”. E Gesù dice loro delle parole un po’ enigmatiche. Dice loro di non parlare di quello che hanno visto a nessuno prima della Risurrezione.

Gli Apostoli si chiedono cosa voglia dire Risurrezione, cosa voglia dire essere risorti. Vuol dire essere prima morto? Gesù, in queste parole enigmatiche, già preannunciava la Settimana Santa, il Venerdì Santo, la Pasqua.

Così la Chiesa oggi, con queste letture stupende, ci prepara alla solennità pasquale. Lo fa ogni anno. Da giovane, io mi chiedevo perché nella seconda domenica di Quaresima ci fossero queste letture, soprattutto il brano evangelico della Trasfigurazione. Oggi capisco bene che questo è dovuto al mistero pasquale e alla preparazione pasquale nella Quaresima.

Cosa dice poi San Paolo nella seconda Lettura? San Paolo parla a noi quasi ogni domenica. Ci dice: chi ci separerà dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, chi ci separerà? Sono parole dette quasi per questo ambiente, per Sant’Alessandro, vostro patrono, giovane poco conosciuto, ma certamente una grande figura perché il suo nome è stato inserito nel Canone, nella preghiera eucaristica romana, nel canone romano che reciteremo oggi.

Non si sa bene chi fosse questo Alessandro. Viveva qui, era giovane, era legato a Cristo con la sua fede e il suo amore, e ha dato la vita per Cristo. Questo è rimasto nella tradizione romana e questo noi celebriamo oggi. Questo dà a San Paolo la possibilità di chiedersi: chi ci separerà? quale forza avrebbe potuto separare Alessandro dell’Agro romano dall’amore di Cristo? Quest’amore è più forte.

Ecco, carissimi, durante la Quaresima dobbiamo sempre, ogni anno ricordare, rinnovare la consapevolezza che l’amore di Cristo è più forte di tutto. Si chiede Paolo: chi ci separerà? Il peccato? Il peccato è niente davanti a Lui. Sì, è una colpa, pesa sulla coscienza dell’uomo, ma davanti alla Risurrezione, soprattutto alla Passione, alla Croce di Cristo, all’amore di Cristo, non vale molto. Possiamo eliminarlo, possiamo vincerlo, possiamo domandarne perdono.

E questo è il messaggio continuo della Quaresima. Si ripete ogni anno, a tutti e a ciascuno. Si ripete con la forza dei nostri Santi, Apostoli e Martiri, testimoni della Trasfigurazione. Siamo chiamati a trasfigurarci durante la Quaresima, a farci simili a Gesù glorioso.

Siamo anche noi chiamati alla gloria, a partecipare alla sua gloria. Questo ci dice la bellissima liturgia di questa Domenica.

Mi rallegro tanto di essere con questo messaggio qui, in questo ambiente stupendo, in questa basilica paleocristiana legata alla memoria di Sant’Alessandro, e a queste catacombe, che sono tutte testimoni dell’eroismo della vita cristiana di tanti sconosciuti come Alessandro. Eroismo della vita cristiana che fu possibile per loro e sarà possibile anche per noi perché la grazia di Dio è sempre più forte. Saluto tutti voi, assieme al Cardinale Vicario, al vostro Vescovo di Settore, al vostro parroco con il quale ho già parlato della vostra comunità. Saluto tutta la comunità: famiglie, giovani, ragazzi; saluto anche le Associazioni e le Congregazioni religiose femminili; saluto l’Opus Dei, che ha anche qui una sua residenza.

Si vedono tante forze vive che lavorano per la Risurrezione, per la Trasfigurazione del mondo, per un mondo migliore. È tanto necessario questo lavoro. Si deve cambiare il mondo: non possiamo rimanere nella nostra vecchia forma, non trasfigurarci. Il mondo ha bisogno di trasfigurazione profonda, quella che viene da Gesù.

Ecco, carissimi, queste sono le poche parole che volevo dirvi in questo incontro che ci prepara all’Offertorio e alla Santissima Comunione eucaristica con Cristo!

Sia lodato Gesù Cristo!

 

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