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VISITA PASTORALE IN KAZAKHSTAN E VIAGGIO APOSTOLICO IN ARMENIA
 (22-27 SETTEMBRE 2001)

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Astana - Cattedrale della Madonna del Perpetuo Soccorso
Lunedì, 24 settembre 2001

 

1. Il popolo "... ricostruisca il tempio del Signore Dio d'Israele" (Esd 1,3).

Con queste parole Ciro re di Persia, nel concedere la libertà al "resto di Israele", dava ai profughi l'ordine di innalzare nuovamente in Gerusalemme il luogo santo, dove il nome di Dio potesse essere adorato. Era un dovere che gli esuli accolsero con gioia, e di buona lena si incamminarono verso la terra dei loro padri.

Possiamo immaginare il tumulto dei cuori, la fretta dei preparativi, i pianti di gioia, gli inni di gratitudine che precedettero e accompagnarono i passi del ritorno degli esuli in Patria. Dopo le lacrime dell'esilio, "il resto di Israele", affrettandosi verso Gerusalemme, città di Dio, poteva nuovamente sorridere. Innalzava finalmente i suoi canti riconoscenti per le grandi meraviglie compiute dal Signore in mezzo a loro (cfr Sal 125,1-2).

2. Sentimenti analoghi vibrano oggi in noi, mentre celebriamo questa Eucaristia in onore della Beata Vergine Maria, Regina della pace. Dopo l'oppressione comunista, anche voi - in certo modo come esuli - di nuovo tornate a proclamare insieme la fede comune. A dieci anni dalla riconquistata libertà, ricordando le vicissitudini affrontate in passato, oggi rendete lode alla provvidente misericordia del Signore, che non abbandona i suoi figli nella prova. Da lungo tempo desideravo l'incontro odierno per condividere questa vostra gioia.

Saluto con fraterno affetto Mons. Jan Paweł Lenga, Vescovo di Karagandà, che quest'anno ricorda i suoi dieci anni di Episcopato. Lo ringrazio per le cortesi parole rivoltemi e mi unisco a lui nel dare lode a Dio per il bene operato a servizio della Chiesa. Avrei voluto visitare anche la sua diocesi, ma le circostanze non me l'hanno permesso. Saluto con pari affetto Mons. Tomasz Peta, Amministratore Apostolico di Astanà; Mons. Henry Theophilus Howaniec, Amministratore Apostolico di Almaty, e il Reverendo Janusz Kaleta, Amministratore Apostolico di Atyrau. Saluto i Superiori delle Missioni sui iuris e tutti i carissimi Presuli qui presenti.

Il mio cordiale pensiero si rivolge a voi, cari sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi del Kazakhstan, dell'Uzbekistan, del Tadjikistan, del Kyrgyzstan, del Turkmenistan. Tutti vi abbraccio, con vivo apprezzamento per l'impegno generoso con cui attendete ai vostri compiti. Attraverso di voi intendo raggiungere le vostre comunità e i singoli cristiani che le compongono. Carissimi Fratelli e Sorelle! Aderite sempre con fedeltà al Signore della vita e insieme ricostruite il suo tempio vivo, che è la Comunità ecclesiale diffusa in questa vasta regione eurasiatica.

3. Ricostruire il tempio del Signore: ecco la missione alla quale siete stati chiamati e alla quale vi siete consacrati. Penso, in questo momento, alle vostre comunità un tempo disperse e tribolate. Mi sono presenti allo spirito e al cuore le indicibili prove di quanti hanno patito non solo l'esilio fisico e la prigionia, ma il pubblico scherno e la violenza per non aver voluto rinunciare alla fede.

Voglio qui ricordare, tra gli altri, il Beato Oleks Zarytsky, sacerdote e martire, morto nel gulag di Dolynka; il Beato Mons. Mykyta Budka, morto nel gulag di Karadzar; Mons. Alexander Chira, per oltre vent'anni Pastore amato e generoso di Karagandà, che nell'ultima sua lettera scriveva: "Consegno il mio corpo alla terra, il mio spirito al Signore, il mio cuore lo dono a Roma. Sì, con l'ultimo respiro della mia vita voglio confessare la mia piena fedeltà al Vicario di Cristo sulla terra". Ricordo ancora il P. Tadeusz Federowicz, che conosco personalmente, e che può qualificarsi "inventore" d'una nuova pastorale della deportazione.

In questa Eucaristia li ricordiamo tutti con riconoscenza e con affetto. Sui loro patimenti, uniti alla croce di Cristo, è fiorita la nuova vita della vostra comunità cristiana.

4. Come i profughi ritornati a Gerusalemme, troverete anche voi "i fratelli che vi aiuteranno validamente" (cfr Esd 1,6). La mia presenza tra voi, oggi, vuole essere garanzia della solidarietà della Chiesa universale. La non facile impresa è affidata, con l'indispensabile aiuto di Dio, alla vostra sagacia, al vostro impegno, alla vostra sensibilità. Siete chiamati ad essere voi i carpentieri, i fabbri, i muratori, le maestranze del tempio spirituale da ricostruire.

Cari sacerdoti, lo spirito di comunione e di reale collaborazione, che saprete attuare tra di voi e con i fedeli laici, costituisce il segreto per la riuscita di questa esaltante e ardua missione. Vi orienti nel ministero quotidiano il comandamento nuovo consegnatoci da Cristo alla vigilia della sua Passione: "Amatevi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Questo è il tema che opportunamente avete scelto per la mia visita pastorale. Esso vi impegna a vivere concretamente il mistero della comunione nell'annuncio della Parola di vita, nell'animazione del culto liturgico, nella cura delle giovani generazioni, nella preparazione dei catechisti, nella promozione delle associazioni cattoliche, nell'attenzione verso quanti sono in difficoltà materiali o spirituali. È così che voi, in unione con i vostri Ordinari ed insieme ai religiosi ed alle religiose, potrete ricostruire il tempio del Signore!

5. In questi dieci anni di ritrovata libertà molto è stato fatto grazie all'infaticabile zelo evangelizzatore che vi contraddistingue. Alle strutture esteriori, però, deve corrispondere un solido fondamento interiore. Importante è, perciò, curare la formazione teologica, ascetica e pastorale di coloro che il Signore chiama al suo servizio.

Sono lieto del nuovo seminario aperto a Karagandà per accogliere i seminaristi delle Repubbliche dell'Asia Centrale. Insieme al Centro Diocesano, l'avete voluto dedicare ad uno zelante sacerdote, il P. Władysław Bukowiński, che durante i duri anni del comunismo ha continuato ad esercitare in quella città il suo ministero. "Siamo stati ordinati non per risparmiarci – scriveva nelle sue memorie – ma, se è necessario, per dare la nostra vita per le pecorelle di Cristo". Io stesso ho avuto la fortuna di conoscerlo e di apprezzarne la fede profonda, la sapiente parola, l'incrollabile fiducia nella potenza di Dio. A lui e a tutti coloro che hanno consumato la vita fra stenti e persecuzioni intendo oggi rendere omaggio a nome di tutta la Chiesa.

Questi fedeli operai del Vangelo siano di esempio e di incoraggiamento anche per voi, carissimi consacrati e consacrate, chiamati ad essere segno di gratuità e di amore nel servizio al Regno di Dio. "La vita della Chiesa – osservavo nell'Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata – e la stessa società hanno bisogno di persone capaci di dedicarsi totalmente a Dio e agli altri per amore di Dio" (n. 105). A voi è chiesto di offrire quel supplemento d'anima di cui tanto ha bisogno il mondo.

6. Prima che annunciatori, occorre essere testimoni credibili del Vangelo. Ora che il clima politico e sociale si è affrancato dal peso dell'oppressione totalitaria – ed è auspicabile che mai più il potere cerchi di limitare la libertà dei credenti – resta forte la necessità che ogni discepolo di Cristo sia luce del mondo e sale della terra (cfr Mt 4, 13-14). Anzi, tale bisogno è ancor più urgente a causa della devastazione spirituale lasciata in eredità dall'ateismo militante, come pure a causa dei pericoli insiti nell'edonismo e nel consumismo di oggi.

Alla forza della testimonianza, cari Fratelli e Sorelle, unite la dolcezza del dialogo. Il Kazakhstan è Terra abitata da gente d'origine diversa, appartenente a varie religioni, erede di illustri culture e di una ricca storia. Il saggio Abai Kunanbai, voce autorevole della cultura kazaka, con larghezza di cuore affermava: "Proprio perché adoriamo pienamente Dio ed abbiamo fede in lui, non abbiamo il diritto di dire che dobbiamo obbligare gli altri a credere e ad adorarlo" (Detti, cap. 45).

La Chiesa non vuole imporre la propria fede agli altri. È chiaro, tuttavia, che questo non esime i discepoli del Signore dal comunicare agli altri il grande dono del quale essi sono partecipi: la vita in Cristo. "Non dobbiamo avere paura che possa costituire offesa all'altrui identità ciò che è invece annuncio gioioso di un dono che è per tutti e che va a tutti proposto con il più grande rispetto della libertà di ciascuno: il dono della rivelazione del Dio-Amore" (Novo millennio ineunte, 56). L'amore di Dio, più lo si testimonia, più aumenta nel cuore.

7. Carissimi Fratelli e Sorelle, quando la vostra fatica apostolica si irrora di lacrime, quando il cammino si fa ripido ed aspro, pensate al bene che il Signore sta compiendo attraverso le vostre mani, la vostra parola, il vostro cuore. Egli vi ha posti qui come dono per il prossimo. Sappiate essere all'altezza di questa missione.

E Tu, Maria Regina della pace, sostieni questi tuoi figli. A Te oggi essi si affidano con rinnovata confidenza. Madonna del Perpetuo Soccorso, che da questa Cattedrale abbracci l'intera Comunità ecclesiale, aiuta i credenti ad impegnarsi generosamente nella testimonianza della loro fede, perché il Vangelo del tuo Figlio risuoni in ogni angolo di queste amate e sconfinate terre. Amen!  



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