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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AL CARDINALE ANGELO SODANO
PER IL VI SIMPOSIO INTERNAZIONALE SU SAN GIUSEPPE

 

Signor Cardinale,

Ho appreso con gioia che, nel prossimo mese di settembre, si terrà in Roma un Simposio internazionale su San Giuseppe per studiare, nella scia di altri simili incontri svoltisi in questi anni, gli aspetti dottrinali, liturgici, spirituali, storici, artistici e pastorali della devozione a colui che Pio IX proclamò Patrono della Chiesa universale.

Lo Sposo della Vergine Maria fu chiamato a partecipare con un ruolo specialissimo al mistero dell’Incarnazione del Verbo (cf. Redemptoris Custos, 1). Pertanto, come non si potrebbe parlare di Gesù senza far riferimento alla sua Santissima Madre, così non si può accennare a Gesù ed a Maria senza ricordare colui che, mediante un’autentica, anche se del tutto singolare, forma di “paternità”, ebbe il compito di esercitare il ruolo di “padre” presso lo stesso Figlio di Dio (Ivi, 21).

Nell’Esortazione apostolica Redemptoris Custos del 1989, a cento anni dall’Enciclica Quamquam Pluries di Papa Leone XIII, ho avuto anch’io modo di sottolineare il singolare compito affidato dalla Provvidenza a San Giuseppe nel piano della salvezza. E sono lieto che qualificati Simposi, come quello presente, mirino sia ad approfondire il messaggio biblico su di lui, sia ad esplorare il “sensus fidei” del popolo cristiano, quasi ponendosi in ascolto di ciò che lo Spirito Santo, nel corso dei secoli, continua a suggerire alle anime docili alla sua azione, proponendo il Custode del Redentore come patrono e modello dei credenti.

Il Vangelo lo presenta come uomo “giusto” (cf. Mt 1, 19), chiamato con Maria ad intraprendere un difficile pellegrinaggio di fede, tra parole spesso oscure per l’intelligenza ed eventi che non di rado sembravano andar contro ogni logica e sicurezza umana. Non è forse questa “oscurità” la condizione permanente della fede? È proprio della fede intrepida di San Giuseppe che la Chiesa ha bisogno oggi per dedicarsi coraggiosamente al compito urgente della nuova evangelizzazione.

San Giuseppe è, inoltre, l’“uomo del lavoro” e ai nostri giorni il lavoro è più che mai al centro della vita personale e sociale, costituendo anzi la “chiave” della questione sociale (cf. Laborem Exercens, 3).

Che dire, infine, dell’esempio che Giuseppe offre alle famiglie cristiane? La proclamazione da parte delle Nazioni Unite del 1994 come Anno Internazionale della Famiglia mostra quanto nell’odierna società si avverta la preoccupazione di restituire al nucleo familiare il suo pieno valore. Non v’è dubbio che proprio nella casa di Nazaret, in cui Giuseppe visse la sua singolare vocazione di “sposo” e di “padre”, il disegno di Dio sulla famiglia risplenda in tutta la sua luce.

San Giuseppe ci appare, pertanto, quale modello di “uomo di fede”, di “uomo del lavoro” e di “sposo e padre”.

Auspico di cuore che i lavori del prossimo Simposio Internazionale possano contribuire a mettere sempre più in luce l’attualità del suo esempio per i nostri contemporanei sottolineando particolarmente quella sua tipica soprannaturale “contemplazione”, silenziosa ed operosa, che dà senso e sapore alla vita umana.

Nell’assicurare il mio ricordo nella preghiera per Lei, Signor Cardinale, e per quanti prenderanno parte al Convegno, recandovi il loro apporto di teologi, storici, esegeti, studiosi dell’arte e della santità oltre che di sinceri devoti del Custode del Redentore, a tutti imparto di cuore l’apostolica benedizione.

Dal Vaticano, 21 agosto 1993.  

IOANNES PAULUS PP. II

 

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