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  MESSAGGIO URBI ET ORBI
DI GIOVANNI PAOLO II

NATALE 1988

 

1. “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi”! (Is 52, 7). Come è bello il Natale.
Sì! Esso è pieno della povertà umana, porta su di sé il marchio del rifiuto alla porta, quando Giuseppe e Maria cercarono un posto nell’albergo.

Porta su di sé il marchio dell’indifferenza umana - il primo segnale della durezza dei cuori, nella quale s’imbatterà il messaggero di lieti annunzi, non soltanto nei giorni della sua vita terrena, ma anche lungo tutte le generazioni. E proprio - per tutto questo - il Natale è bello!

2. Questo fascino è stato avvertito dai pastori di Betlemme. L’ha notato, più tardi, lo sguardo penetrante del vecchio Simeone e della profetessa Anna nel Tempio. L’hanno percepito gli occhi dei Magi, venuti dall’Oriente. Questo fascino - è la rivelazione del mistero del neonato. È la rivelazione della verità, del bene e del bello che sussistono in lui e che anzi sono lui stesso! Il fascino della nascita di Cristo attraversa le generazioni. Si rivela agli uomini e ai popoli: se ne estasiano dappertutto gli occhi illuminati dalla fede, ne cercano l’espressione umana gli artisti: i pittori, i poeti, i musicisti . . . vivono nella sua presenza i santi: come non ricordare almeno il poverello di Assisi?

3. Gli occhi illuminati dalla fede scoprono il fascino del mistero di Dio sotto il velo della povertà e dell’abbandono. Oh, quanta bellezza hanno visto in quella notte, gli occhi di Maria!
Non c’è modo di esprimerla!

E lo sguardo di Giuseppe seguiva quello della sposa. E tutta la povertà esteriore si trasformava nei loro cuori in più grande ricchezza, a cui nulla è paragonabile. Veramente, solo così poteva nascere Cristo! Solo così poteva prendere dimora tra gli uomini l’Emmanuele!
Il messaggero di lieti annunzi!

4. Il fascino del Natale si espande in tutte le vie, sulle quali passerà lui - il Santo di Dio! Il Figlio, che è irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza (cf. Eb 1, 3). Egli passerà, beneficando tutti (cf. At 10, 38). Dio rivolgerà, in lui e per lui, la sua parola definitiva all’umanità.

Dio, che aveva parlato molte volte e in diversi modi per mezzo dei profeti, ultimamente . . . ha parlato . . . per mezzo del Figlio, per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Egli è erede di tutte le cose (cf. Eb 1, 1-2). È venuto per condividere con noi la sua eredità di Figlio.

5. “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi!”.

Che cosa proclama? Annunzia la salvezza, annunzia la pace - la riconciliazione con Dio stabilisce l’eterna alleanza nel suo sangue, annunzia, a ogni essere umano, il bene (cf. Is 52, 7), la vita eterna in Dio, che è la realizzazione di ciò che l’uomo porta, da sempre, dentro di sé, come vivo segno della somiglianza col suo divino Creatore e Padre . . . La grazia è diffusa sulle sue labbra, sulle labbra nel messaggero di lieti annunzi (cf. Sal 45 [44], 3).
Questa grazia, il fascino, anticipa la bellezza definitiva e ineffabile, la bellezza del volto divino, quando lo vedremo a faccia a faccia (cf. 1 Cor 13, 12).

6. Nella notte del silenzio e del rifiuto il messaggero di lieti annunzi reca al mondo, con la sua sola presenza, la novella inattesa e grandiosa: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16). La Chiesa prolunga il mistero dell’incarnazione del Verbo e proclama l’annunzio della salvezza fino agli estremi confini della terra, oggi come ieri. Essa porta avanti la prima e la seconda evangelizzazione per colmare le attese che l’uomo reca in sé. Io saluto oggi questa Chiesa missionaria: saluto e incoraggio i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i catechisti, i medici, gli infermieri, i maestri, i tecnici. Saluto e incoraggio gli apostoli presenti là dove la Chiesa riprende le antiche strade per portare di nuovo il lieto annunzio della salvezza; ringrazio questi nuovi missionari dal cuore giovane, dallo sguardo lungimirante, dal coraggio di Pietro e di Paolo. Messaggeri di lieti annunzi, fate rifiorire il deserto!

7. La nascita dell’Emmanuele è avvenuta nel segno della solitudine e della povertà, giacché la potenza di Dio si è spogliata e si è umiliata nella condizione di servo. Nel mistero del Natale trovano, perciò, il loro posto i poveri di tutte le antiche e nuove denominazioni: coloro che soffrono la fame e ne muoiono, gli emarginati, i diseredati, i rifugiati, le vittime degli odi, delle guerre, dei cataclismi ecologici. Penso, in particolare, a quanti sono stati colpiti, in Armenia, dal disastroso sisma, ed ora piangono i loro cari sepolti fra le macerie, vegliano angosciati accanto ai feriti negli ospedali, lottano col freddo e con le intemperie, privi di un tetto sotto cui cercare riparo per sé e per i figli. Possano essi sentire, in quest’ora tragica, la comprensione e il sostegno dei buoni. Si rafforzi nel mondo lo slancio di generosità che ha mobilitato governi, organizzazioni e singoli in una meravigliosa catena di solidarietà, e col contributo di tutti si avvii l’opera di ricostruzione così che la speranza torni a rifiorire in quella terra tanto provata.

8. Il mio pensiero va pure ai poveri di quel bene prezioso che è la salute, a tutti coloro che sono colpiti dalla malattia, e con essa lottano nelle corsie d’ospedale nelle cliniche o fra le mura delle loro case.
A tutti penso, a tutti dico: non perdete la speranza! La mia parola si volge, soprattutto, ai malati di AIDS, chiamati a sfidare non solo la minaccia del morbo, ma anche la diffidenza di un ambiente sociale impaurito ed istintivamente sfuggente.

Invito tutti a farsi carico del dramma di questi nostri fratelli e, mentre ad essi esprimo il mio affetto partecipe, esorto scienziati e ricercatori a moltiplicare gli sforzi per mettere a punto una terapia efficace del misterioso male.
La scienza e l’amore, insieme congiunti, possano presto trovare il rimedio sospirato: è l’auspicio che depongo presso la culla del neonato salvatore.

9. Davanti all’indigenza di Betlemme la Chiesa per prima si sente chiamata a imitare Cristo povero.
Con lui essa si pone dalla parte dei poveri, impegnandosi a rispettarne la dignità e ad alleviarne le sofferenze.
Con fiducia rinnovata essa leva la sua voce in loro difesa ed esorta: si congiungano le forze, si moltiplichino le iniziative in soccorso dei bisognosi, nei quali Cristo stesso ha voluto identificarsi!

Che questo invito risuoni oggi in tutte le latitudini e susciti risposte generose da parte di chi ha, di chi può, specialmente da parte dei giovani.
Che ciascuno sappia vedere Cristo povero nei fratelli poveri.
A tutti rivolgo la mia voce nel nome di Cristo bambino: che non risuoni invano!
È questo il significato dell’augurio, che ora rivolgo nelle varie lingue.



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