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PAOLO VI

REGINA COELI

Domenica, 5 aprile 1970 

 

Guardando dall'alto sulla Piazza S. Pietro ritorna alla Nostra memoria la visione che essa ci offriva la scorsa domenica di Pasqua durante la Messa da Noi celebrata, durante la benedizione da Noi impartita « Urbi et Orbi » Abbiamo ancora nella mente lo spettacolo sensibile della pienezza numerica della gente costì radunata, ed anche più lo spettacolo spirituale del Popolo unito nella fede e nella preghiera a Cristo risorto. Noi pensavamo al significato storico d’una tale celebrazione: gli anni, i secoli non hanno perduto nulla della memoria di quel fatto certissimo e misterioso della risurrezione corporea e soprannaturale di Gesù; Egli è con noi come allora nella certezza estatica del prodigio pasquale; e più di allora, perché la fede, lungi dall’attenuarsi e dallo spegnersi nel corso del tempo divoratore, si è precisata e confermata, e, con la fede, la meraviglia e la gioia. E poi la comunità è cresciuta, molto cresciuta, si è fatta cattolica, cioè universale; e la folla innumerevole assistente era rappresentativa, era simbolica di tutta la grande famiglia dei credenti, più che mai attestanti la loro unità, la loro vocazione d’essere Chiesa.

Una bellezza spirituale e sociale insieme stupenda e incomparabile. Noi ne godiamo ancora e ancora siamo grati a tutti quanti hanno con Noi condiviso quell’ora di gloria evangelica.

Oggi, alla conclusione delle feste pasquali, che cosa pensiamo?

Pensiamo a due cose: alla testimonianza della risurrezione di Cristo, cioè alla fede e alla affermazione di quel fatto straordinario, sul quale si fonda tutto il cristianesimo e tutta la Chiesa: Cristo è risorto! 

Siamo lieti che, proprio nei giorni scorsi, qui a Roma, sia stato tenuto un convegno di studiosi di alta competenza per convalidare, anche criticamente, questa testimonianza: Cristo è veramente risorto!

Seconda cosa: se così è, bisogna che i credenti dimostrino, specialmente nella professione della loro fede, nell’esercizio del bene verso i fratelli, nella dignità del costume, che quella Pasqua di Cristo è anche Pasqua nostra, espressa in una caratteristica e gioiosa novità di vita. L’altra sera, voci di giovani, anche da Noi ascoltate alla televisione, ce ne suggerivano la logica, e ce ne davano la fiducia.

 



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