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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 22 ottobre 1972

 

Fratelli e Figli! qui raccolti in questa Piazza San Pietro, che sembra aprire le braccia per una universale accoglienza dell’umanità! Fermiamoci per un istante di riflessione, oggi «Giornata missionaria», e immaginiamo dinanzi al nostro spirito il panorama missionario del mondo.

Lo vedete? Paesi lontani, su ogni longitudine, su ogni latitudine. Non v’è meridiano, non v’è parallelo sulla terra che non segni almeno qualche presenza degli araldi del Vangelo, come instancabili pellegrini in cerca d’una patria nuova per Cristo, e come umili ma audaci profeti, sospinti da un vento misterioso, quello dello Spirito Santo, che li ha invasi di fede e di amore, di certezza e di energia, d’interiore beatitudine, capace di ripagarli d’ogni rinuncia, d’ogni stento, d’ogni sofferenza, d’ogni sacrificio. Sono i campioni dell’eroismo spirituale. Ricordate le immagini dei loro primi tuguri, miseri rifugi al gelo atroce del settentrione, ovvero scarsi ripari all’infuocata canicola equatoriale? Ricordate questi uomini coraggiosi e queste donne impavide, e tutti inermi al primo stadio dell’incontro con gruppi di indigeni, così diversi da loro, eppure subito, come fratelli, raccolti in cappelle primitive, in scuole senza strutture, in rudimentali dispensari e ricoveri sanitari? E quei climi insopportabili, e quelle lingue incomprensibili, e quei costumi inaccoglienti, e quella distanza spietata dalle loro famiglie, e quella solitudine temeraria, e quella povertà autentica, assaporata in ogni tentativo di vita e di lavoro? Volontari essi sono senza mercede, esploratori senza nome, martiri senza gloria; e, paradosso inesplicabile, essi sono felici, sono forti, e, di per sé, da sé, essi non tornano indietro! L’iniziazione al colloquio col vero Dio e allo sviluppo civile tutti e sempre li impegna!

Chi sono? Sono i missionari e, sono le missionarie! Oh! mandiamo a ciascuno di loro e a tutti loro, oggi e poi ogni giorno, un saluto, un pensiero affettuoso. Sentiamoci solidali alle loro imprese apostoliche; sentiamoci umiliati al loro confronto, esaltati al loro esempio. Pregheremo per loro, esprimeremo loro il nostro fraterno incoraggiamento, proclameremo la nostra ammirazione, cercheremo in fondo alle nostre tasche il nostro obolo spontaneo e doveroso.

E per di più mediteremo la grande virtù, che il Concilio ha messo in splendida e quasi abbagliante evidenza: tutta la Chiesa, proprio in quanto tale, frutto ed erede del mandato apostolico, partecipe della responsabilità inerente al piano della salvezza, è missionaria. Ciascuno può e deve dire di sé: anch’io sono missionario. È questa l’investitura nativa del cristiano, del cattolico; è la vocazione specifica di quest’ora storica della Chiesa e della civiltà.

Pensiamoci tutti, invocando la Regina degli Apostoli.

* * *

Ci è annunciata la presenza sulla Piazza - e il loro numero ce lo fa avvertire - dei Paracadutisti in congedo, con i loro Veterani, con membri delle loro famiglie e con i loro Cappellani, convenuti a Roma per un loro raduno. Li salutiamo di cuore e li ringraziamo di questa visita esprimendo l’augurio che, sempre animati dall’amore al loro Paese, possano ora impiegare il loro coraggio e il loro eroico spirito di sacrificio nella fedeltà ai doveri civili, alla concordia e alla prosperità della Nazione, e al servizio dei bisogni sociali e del bene della comunità.

Li benediciamo nel nome del Signore della fortezza e della pace cristiana e civile.

                                          



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