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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 13 gennaio 1974

 

Avete visto la cometa?

Noi siamo saliti, una di queste sere, sulla terrazza che funge da tetto alla nostra dimora vaticana, e con l’aiuto di un modesto cannocchiale, abbiamo cercato la cometa nel cielo, dove ci era stata indicata la traiettoria di questa fuggitiva pellegrina dello spazio; e l’abbiamo intensamente osservata. Si direbbe: nulla di speciale. Un punto luminoso, di dimensioni, all’occhio, maggiori di quelle minime del firmamento e di quella là vicina del pianeta Venere, sempre brillante, ma meno splendido quella sera al confronto del suo transeunte rivale. Una volta di più abbiamo ammirato lo sconfinato scenario del cielo oscuro, punteggiato di scintille lucenti, e a quell’ora ingemmato dall’astro passeggero e preannunciato con cronometrica infallibile precisione.
E una volta di più abbiamo provato il senso del mistero cosmico: lo spazio sconfinato, il tempo senza termine, lo scenario siderale incalcolabile, il suo movimento perfetto e inesauribile, il suo silenzio paurosamente profondo, i fenomeni della materia oggi esploratissimi, ma si può dire quasi ancora sconosciuti, l’universo! e una volta di più il confronto sconvolgente e umiliante fra le sue dimensioni e le nostre, che sono quelle d’un atomo, senza alcuna proporzione con quelle immensità distese da ogni lato della realtà esistente, ci ha spaventato (Cfr. PASCAL, Pensées, 205, 206), e quasi annientato.

Poi la reazione qualitativa e logica dello spirito: io penso, io conosco, io sono, io so; anzi, io oso dire: io so tutto, perché questa pagina immensa non comporta che una sovrana lettura, un nome dappertutto stampato, un nome onnipotente, un nome creatore, un nome ineffabile: «i cieli narrano la gloria di Dio; e il firmamento annunzia l’opera delle sue mani» (Ps. 18, 2). Di più: oh! si riempia il cielo del canto di gloria del Natale; il Verbo di Dio creatore dell’universo è approdato personalmente su questo nostro frammento di cosmo, ch’è il mondo; ed è venuto a conversazione, in linguaggio umano, fra noi! Non più spavento! non più cecità! mistero sempre, ma mistero sempre aperto alla nostra esplorazione, alla nostra contemplazione: «Padre nostro, che sei nei cieli»! «La prima fonte dell’incredulità moderna, dice un celebre studioso, è da ricercarsi in quell’illegittimo scisma che gradualmente, dal Rinascimento in poi, ha separato la cristianità da quella che potremmo chiamare la naturale corrente religiosa» (Th. de Chardin).
Riguardiamo il cielo, Fratelli, riguardiamo l’universo; e cerchiamo di rintracciarvi una prima ricchissima rivelazione naturale di Dio, quadro per noi della seconda, soprannaturale rivelazione.
Questa è la verità, una verità, non più incombente e paurosa, ma verità amica e salvatrice.
Così ci aiuti a conquistarla la Regina del Cielo.

                 



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