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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 19 dicembre 1976

 

Natale è ormai vicino. Mediteremo poi, celebrandone la dolcissima festività, il mistero religioso suo proprio. Ma lasciamo intanto che il carattere umano del Natale pervada i nostri animi; quelli di tutti: è una festa di umanità il Natale, che può associare quanti sono sensibili alla simpatia, all’ammirazione, all’amore per la vita umana in quanto tale. La celebrazione della festa ce ne darà poi le ragioni. Ma nessuno rimanga assente e indifferente al fascino di questo giorno singolare, dedicato, per felice riflesso, a onorare l’umana esistenza. Noi siamo tosi abituati a quella consueta e complicata convivenza, spesso opprimente, ostile, noiosa, che si chiama la società, che dimentichiamo quale meraviglioso fenomeno essa sia, e facciamo troppo spesso ragione di contrasto, di competizione, di lotta i rapporti che ad essa ci legano.

Il Natale ci ricorda innanzi tutto la dignità della vita umana, che investe questo essere che è l’uomo dal primo istante della sua concezione fino all’ultimo della sua esistenza, dovere questo che obbliga alla riverenza, alla difesa, all’amore, alla solidarietà con ogni essere umano. L’uomo, perché egli è quello che è, dev’essere oggetto di totale e solidale rispetto, di vigile e prodiga assistenza.

Spesso il Natale è un giorno di oblio delle miserie e delle sofferenze altrui, giorno spensierato, di mondana dissipazione. Invece questo giorno misterioso ci deve invadere con un’onda di singolare simpatia, per chi ne ha più bisogno. I piccoli, si sa; se bisognosi, tanto di più; se derelitti, sono in attesa del nostro ricordo e del nostro soccorso. Oggi gli emarginati sono sempre tanti. A quelli delle solite e inesauribili categorie: poveri, malati, carcerati, profughi, ecc., si aggiungono altri, che ci sentiamo subito di chiamare fratelli, e che reclamano di partecipare in qualche misura al nostro Natale: sono le vittime del terrorismo che in questi giorni a Roma, a Milano e a Brescia ha avuto nuove manifestazioni di efferatezza; sono le popolazioni colpite da naturali disastri, come quelli del Friuli; sono i disoccupati per la crisi economica, sono gli sfrattati senza alloggio decente; sono gli stessi delinquenti per sé più meritevoli di castigo che di pietà. Il Natale, ch’è giorno di letizia e di pace, risveglia in noi una sensibilità, che ci comunica l’altrui bisogno, l’altrui sofferenza, se davvero lo celebriamo come apoteosi dell’uomo, tanto più meritevole del nostro interessamento, quanto egli più umiliato e depresso. E questa sensibilità, lungi dal turbare la nostra letizia, la accresce e la illumina.

Non lasciamo passare il Natale senza compiere qualche opera buona, dettata dal senso d’umanità. Ci sentiremo cristiani; e Maria, la poverina di Betlemme, sarà con noi.

  



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