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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 11 marzo 1970

 

Valore della rinuncia e del sacrificio

Diletti Figli e Figlie!

Uno degli aspetti meno compresi, potremmo dire meno simpatici, della vita cristiana per noi moderni è la rinuncia. Siamo così stimolati dalla varietà, dalla quantità, dalla disponibilità delle conquiste oggi acquisite per la comodità della vita, per la ricchezza delle sue esperienze, per la sua pienezza e per la sua felicità, che ci sembra assurdo rinunciare a qualche cosa, specialmente se la rinuncia riguarda la formazione, l’educazione, la cultura, il benessere dell’uomo. Noi misuriamo spesso la nostra inserzione nel tempo e nel mondo dalla nostra capacità di provare, di conoscere, di possedere ciò che il tempo ed il mondo ci offrono. A questa esteriore esibizione risponde una interiore avidità di tutto vedere ed avere, di tutto sperimentare e godere. Il progresso che ci circonda trova l’uomo preparato a profittarne, perché maturo, perché libero, perché convinto che così è la vita: la sua perfezione, il suo ideale è l’ampiezza del rapporto fra i beni della civiltà e lo spirito umano. Anche se questo rapporto praticamente si riduce nei limiti delle possibilità concrete, economiche o sociali che siano, ciascuno è portato a concepire la propria esistenza in termini di successo, di ricchezza, di comodità, di piacere. Si vuole godere la vita, anche se le si propone un programma di dignità e di onestà; godere, almeno nei limiti della possibilità e della decenza, ma più che si può. Limitarla, non mai.
Questa, pare a Noi, la mentalità oggi diffusa, umanistica, edonista. Essa penetra, e spesso con chiavi autentiche, anche nella concezione cristiana della vita contemporanea: non è forse, si dice, il cristianesimo la forma migliore della nostra esistenza? non tende esso forse a risolvere tutti i problemi che fanno ingiuste e infelici le sue condizioni? non vuole consolare ogni sofferenza e placare ogni affanno? ed oggi poi non ci educa esso a guardare con simpatia le cose di questa terra, che la scienza e la tecnica e l’organizzazione civile hanno reso così feconda, così prodiga di doni utilissimi, bellissimi, interessantissimi? Anche il cristiano si adagia volentieri sul morbido cuscino degli agi procurati dalla civiltà.

MENTALITÀ CENSURABILE

Ora non ci fermeremo a fare una critica analitica di questa mentalità, censurabile quando diventa prevalente ed esclusiva. Sappiamo tutti, noi pensiamo, come una simile mentalità, invece d’ingrandire l’uomo, lo può impiccolire. Essa restringe la sua visuale di preferenza al campo esterno, al regno dei sensi, all’uomo istintivo, all’ideale borghese o gaudente, al cuore stretto ed egoista. Senza dire che essa non fa l’uomo felice, ma piuttosto incontentabile e piegato o verso l’illusione, o verso il pessimismo. Sono i pensatori, i letterati, gli artisti, che oggi ce lo dicono. Noi lo sapevamo, senza forse troppo rifletterci; Gesù ci aveva avvertito: «La vita d’uomo non dipende dall’abbondanza dei beni che possiede» (Luc. 12, 15).

IL PROBLEMA DELLA SCELTA

Non tutto si può avere e godere. La scelta s’impone. «Il regno dei cieli, dice ancora il Signore, è simile ad un mercante che va in cerca di pietre preziose; e trovata una pietra di grande pregio, va, vende tutto ciò che ha, e se la compera» (Matth. 13, 45-46). Questo concetto della scelta, che include quello della rinuncia, ricorre altre volte nel Vangelo : «Nessuno può servire a due padroni . . . » (Matth. 6, 24); «entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione . . .» (Matth. 7, 13). Questo problema della scelta domina l’orientamento della vita cristiana, fino dal suo inizio, cioè dal battesimo, al cui conferimento sono poste, come condizione, alcune rinunce capitali; ricordate? Rinunci a Satana? rinunci alle sue opere e alle sue vanità? ecc.
Perché è da ricordare che non tutto è bene. Questo è semplice e chiaro, ma poi la distinzione fra ciò ch’è bene e ciò ch’è male è nello svolgimento della vita cosa molto difficile, specialmente quando non si vuole ammettere qualche sicuro criterio etico, qualche superiore magistero che abbia da Dio la scienza dell’uomo e dei suoi fini, e quando si fa dell’indifferenza morale un principio pedagogico. Sì, bisogna che l’alunno - e tutti siamo alunni alla scuola della vita - conosca il quadro delle possibilità offerte dal tempo e dall’ambiente in cui si trova; ma deve insieme saper giudicare e sapere scegliere. Lo dice S. Paolo: «Omnia . . probate; quad bonum est tenete, tutto esaminate, e ritenete ciò ch’è bene» (1 Thess. 5, 21). Del resto così si fa per ciò che riguarda la salute fisica, scegliendo i cibi sani, le medicine benefiche, l’aria buona, ecc. E così fa il soldato, così fa l’atleta: giudica e sceglie ciò che conviene alla validità delle sue forze; lo sportivo ci dà l’esempio. Ancora S. Paolo, che insegna: «. . . il lottatore si impone in ogni cosa delle astinenze . . .» (1 Cor. 9, 25). Bisogna imporsi delle rinunce, accettare una disciplina, scegliere una norma per essere forti, per essere fedeli, per essere cristiani. La croce segna la nostra vita. Dobbiamo comprendere che l’abnegazione cristiana, sì, ci priva di molte cose, mette dei limiti alla nostra esperienza delle cose pericolose e nocive, impone una vigilanza austera di pensiero e di costume; ma ci fa persone veramente libere e vive, e trasforma in virtù la nostra debolezza (Cfr. 2 Cor. 6, 9; 12, 10).

STATO AUTENTICO DI VITA CRISTIANA

La rinuncia cristiana non è arbitraria e pesante e ormai superata disciplina ascetica e monastica; è uno stile autentico di vita cristiana; primo, perché comporta una classifica gerarchica dei suoi beni; secondo, perché stimola alla opzione della «parte migliore» (Luc. 10, 42); terzo, perché esercita l’uomo alla padronanza di sé; e finalmente perché instaura quella misteriosa economia della espiazione, che ci fa partecipi della redenzione di Cristo: una parola, che alla rinuncia ormai si riferisce nel linguaggio corrente, ce lo ricorda; la parola «sacrificio», che per sé ci riporta ad un atto misterioso e supremo della religione, ma che, ora nel segno di quella croce, che insieme mortifica e vivifica, vuole indicare appunto un atto generoso e coraggioso, una rinuncia lieta e volontaria, compiuta con intenzione superiore di bene e di amore. Sacrificio: una parola forte, che si declina dai primi «fioretti» del bambino, che vuol essere buono davvero, e si distende su tutte le età ed in tante diverse misure, per distaccarci dai «molti desideri stolti e dannosi» (1 Tim. 6, 9) e per renderci idonei a dare alla nostra esistenza terrena il significato e il valore d’una «oblazione viva e santa, gradevole a Dio» (Rom. 12, 1).
Conforti i vostri animi la Nostra Apostolica Benedizione.

Missionari francescani

Salutiamo ora i componenti della Commissione internazionale per le Missioni dell’Ordine dei Frati Minori - in particolar modo il venerabile nostro fratello Lorenzo Graziano, Vescovo titolare di Valabria - e con essi la grande e quanto mai benemerita Famiglia missionaria francescana; e facciamo voti che dagli studi di questo convegno romano essa possa meglio conoscere, nello spirito rinnovatore del Concilio Vaticano II le vie da intraprendere affinché il suo lavoro apostolico ‘sia più qualificato e incisivo.
Ispiratevi, diletti Figli, all’esempio di perenne attualità del vostro serafico Padre, la cui ansia di fratellanza universale trovò sublime dimostrazione nella povertà evangelica: nell’animo, cioè, libero e pronto a servire i fratelli e a diffondere con perfetta letizia il messaggio redentore di Cristo. E sappiate che il Papa vi segue con la preghiera nel vostro ministero missionario, vi accompagna col suo affetto e paternamente vi benedice.

Istituto «Maria SS.ma Assunta»

Abbiamo ora un gruppo che ci sta particolarmente a cuore, per la cura che la Sede Apostolica ha dedicato al loro Istituto: sono le cinquecento alunne del Magistero romano «Maria SS. Assunta» venute col Rettore, col Consiglio di Amministrazione, con i Professori e con le benemerite Missionarie della Scuola per ricordare il XXX anniversario di Fondazione del loro Istituto Universitario Pareggiato. La singolare circostanza, la qualificazione del Corpo Accademico, e il numero delle alunne, avrebbero richiesto maggior tempo di quanto, purtroppo, le Nostre possibilità ci consentano. Ricordiamo le fasi che hanno portato alla fondazione dell’Istituto, quando al fianco di Pio XII di v. m., potemmo vedere con quanto gaudio e con quanta speranza quel grande Pontefice l’abbia visto sorgere.
Quella fondazione anticipava le esigenze, che il Concilio Vaticano II avrebbe istantemente richiesto per la formazione integrale dei Religiosi (Perfectae caritatis, 18) e per la qualificazione degli insegnanti nelle Scuole Cattoliche (Gravissimum educationis, 8): e il vedere le vostre schiere, qui presenti, pensare alle ex alunne, che in ogni parte del mondo, svolgono un alto e nobile compito educativo, e talora in posti di alta responsabilità, ci riempie il cuore di profonda gratitudine a Dio, e di elogio vivissimo per quanto l’Istituto ha fatto per la preparazione universitaria delle Religiose, e, da qualche anno, anche delle studenti laiche. Su tutti voi, Docenti, Alunne, Missionarie della Scuola discenda sempre abbondante l’effusione del Divino Spirito, che invochiamo per voi; e in pegno dei suoi doni vi impartiamo la Nostra Benedizione.

Incontro di studi sull’America Latina

Bienvenidos seáis vosotros, ilustres participantes a las Jornadas de estudios que en Roma estáis celebrando sobre «Los procesos de integración en América Latina y en Europa».
Muchas cosas tendríamos que deciros, aplicando a vuestras actividades los principios y ansias de la Iglesia, en particular los expuestos en nuestra Encíclica «Populorum progressio» y en la Constitución Conciliar «Gaudium et spes», sobre el desarrollo, la ayuda y la convivencia de los individuos y Naciones como partes de una gran familia humana, vinculada en identidad de origen y de destino.
La brevedad del tiempo nos impone formularos sólo un deseo: que vuestras orientaciones y decisiones estén siempre inspiradas por un ideal de justicia y de caridad, a fin de que los recursos económicos, culturales y humanos, se empleen con mayor espíritu de equidad, alcancen a todas las categorías sociales y sean un servicio al hombre, integralmente considerado, y a todos los hombres sin distinción de raza ni de continente (Cfr. Gaudium et spes, 64).
A realizar ese programa, tan humano y cristiano, os alentamos cordialmente mientras que, en prenda de la asistencia divina y en testimonio de nuestra gratitud por vuestra deferente visita, os otorgamos la Bendición Apostólica, extensiva a vuestras familias.

                            



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