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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 12 maggio 1971

 

Adamantina purezza per reagire all'aggressività del malcostume

Il mistero pasquale, da Noi recentemente celebrato, è estremamente importante per la concezione della nostra vita e per il suo conseguente comportamento morale. Il carattere religioso della nostra moralità risulta evidente. Se norma fondamentale della vita cristiana è quella proclamata da S. Paolo: «l’uomo giusto trae dalla fede la sua vita» (Rom. 1, 17), tale norma trova la sua piena e caratteristica applicazione là dove la fede ha il suo punto focale, cioè in Cristo e nella sua risurrezione (Ibid. 10, 9). Ecco come la Chiesa ci ha posto sulle labbra la preghiera, che esprime questo modo logico, che unisce etica e religione: «O Dio ... concedi ai tuoi figli devoti di manifestare costantemente nella loro vita il mistero di risurrezione, che essi hanno ricevuto per fede» (Colletta del martedì di Pasqua; cfr. GUÉRANGER, Le temps pascal, 1, 33). Questo principio etico-religioso non dev’essere mai dimenticato: non possiamo costruire l’uomo buono, l’uomo vero, il cristiano insomma senza integrare i principi dell’onestà naturale con le dottrine della fede soprannaturale.

IMITAZIONE DI CRISTO

Ora il ragionamento lineare procede così. La celebrazione del mistero pasquale non solo ci ha rievocato alla memoria il fatto della morte e della risurrezione di Cristo, come a spettatori, come a contemplatori, ma ci ha fatto, in un certo modo, ancora incompleto, ma fino da ora reale, vitale e profondo, partecipare al grande avvenimento redentore, il quale sacramentalmente si è riverberato, anzi riprodotto, in noi, che siamo misticamente morti e risuscitati con Lui. Rileggiamo la nostra nuova storia: «Se dunque siete stati risuscitati con Cristo cercate le cose di lassù, dove Cristo è sedente alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Poiché siete come morti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio . . . Mortificate dunque le vostre membra terrene, cioè la fornicazione, l’impurità, la libidine, i cattivi desideri, ecc.» (Col. 3 1-5). È una storia nostra, per cui ci chiamiamo cristiani, in parte già avverata, in parte da avverarsi; la trasformazione, operata dalla grazia, comporta una propria legge morale. La partecipazione al mistero di Cristo esige e facilita la imitazione di Cristo.

IL MESSAGGIO DELLA RISURREZIONE

Concentriamo l’attenzione sopra l’aspetto caratteristico di Cristo risorto: la sua viva e reale corporeità. Il suo vero corpo, nato dalla Madonna (Cfr. Gal. 4, 4), ha ripreso vita; o meglio una nuova forma di vita; «nuova creatura», la dice l’Apostolo (2 Cor. 5, 17); non un corpo soggetto alle leggi biologiche ed animali, ma un corpo incorruttibile, immortale, glorioso, sorretto e governato da superiori leggi spirituali (Cfr. 1 Cor. 15, 42-44). Le apparizioni di Gesù risorto ce ne danno dimostrazione. Questa trasformazione, questa assunzione nella gloria (Cfr. 1 Tim. 3, 16) del corpo umano del Signore non dice nulla a noi in rapporto alla iniziata assimilazione della nostra vita alla Sua?

È chiaro che la vita corporea di Cristo, anche prima della risurrezione, era santissima, immacolata, nel primigenio equilibrio di tutte le facoltà e di tutte le passioni umane (Cfr. S. TH., III, 15, 4); erano perfette, non corrotte, com’è nella nostra decaduta natura, figlia di Adamo (Cfr. S. TH., I, 95, 2 ad 2; 97, 2; I-II, 25); ma è pur chiaro che anche il corpo di Cristo, mediante la risurrezione, fu pervaso in modo nuovo dalla sua anima e dallo Spirito Sante (Petr. 3, 18), donde fu concepito, e da cui era guidato (Cfr. Matth. 4, 1); ripetiamo allora: che cosa ci offre e che cosa c’insegna questa divina allotropia, questa nuova condizione del rivivificato corpo del Signore?

COSCIENZA DELLA NOSTRA DIGNITÀ

La Chiesa, i suoi figli fedeli lo sanno: la risurrezione del Signore, ripercossa in noi dalla celebrazione del mistero pasquale, ci offre e ci insegna, anzi ci chiede, una nuova concezione, una nuova elevazione, una nuova santificazione della nostra corporeità. In altri termini, quelli comuni: una nuova purezza. Sì, la Pasqua dev’essere per noi un nuovo senso della dignità di questa nostra carne, tanto sensibile e fragile. Essa è opera di Dio. Essa è tempio dello Spirito Santo (1 Cor. 5, 19). La mentalità corrente vede sempre nella norma cristiana un deprezzamento del corpo umano, quasi non fosse altro che fonte di tentazioni e di peccati; di fame, di dolori, di malattie e infine di mortalità. Ed è vero; ma questa mentalità non vede che un aspetto della realtà corporea dell’uomo, dalla quale appunto scaturisce un dualismo nella nostra complicata psicologia, un dualismo pericoloso e spesso peccaminoso. Nessuno come S. Paolo, l’araldo della libertà del cristiano (Cfr. Gal. 4, 31), ha insistito su questo drammatico punto della vita dell’uomo: «La carne ha desideri contrari allo spirito; e lo spirito li ha contrari alla carne» (Gal. 5, 17 cfr. ss.; Rom. 8, 1; ecc.); siamo dentro noi stessi posseduti da una permanente tentazione; abbiamo continuamente bisogno di rifarci alla coscienza della nostra dignità di esseri elevati alla conversazione e alla comunione con Dio; bisogno quindi di dominio dell’uomo spirituale sull’uomo animale (1 Cor. 2, 13); abbiamo sempre bisogno di implorare dal Padre, che ci preservi dalla tentazione, e che ci dia la forza e il gaudio della nostra trasfigurazione cristiana. A Cristo risorto dobbiamo ancorare la nostra purificazione fisica e spirituale, la nostra intransigente, ma umana moralità: di mente, di cuore, di costume. Anche la nostra corporeità è in Lui redenta e resa degna del più alto rispetto e della cura più sollecita.

LA NOSTRA VOCAZIONE CRISTIANA

Ancora una volta, Figli e cristiani tutti, apriamo la coscienza all’aggressività del malcostume, che ci circonda, che vorrebbe persuaderci non esservi alcun male nella licenziosità, che oggi tutto pervade, l’abito, il libro, lo spettacolo, l’educazione, il costume. E riflettiamo sempre alla nostra vocazione cristiana, che soggiogando la carne allo spirito, prepara anche per le nostre corporee membra caduche, sofferenti e mortali l’ottima sorte, quella d’essere al migliore servizio di questa nostra vita temporale, e di essere poi destinata alla pienezza della vita celeste.

Così c’insegna il mistero pasquale. Con la Nostra Benedizione Apostolica.


Pellegrinaggio dell’arcidiocesi di Vercelli

Diamo un particolare benvenuto al Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Vercelli, guidato dall’Arcivescovo da Noi stimato e venerato, Monsignor Albino Mensa, e accompagnato da cospicue rappresentanze del Clero e del Laicato, non che onorato dalla partecipazione del prof. Antonino Villa, Presidente dell’Amministrazione Provinciale e del signor Carlo Boggio, Sindaco della città. Ci rallegriamo vivamente del motivo e del significato, che riveste questo Pellegrinaggio, con il quale la insigne e vetusta Chiesa di Vercelli ricorda e celebra il centenario della morte del suo primo Vescovo S. Eusebio, sardo d’origine, membro del Clero Romano, prima d’essere eletto alla sede di Vercelli. S. Eusebio (da non confondersi con altri personaggi dello stesso nome) è una figura di grande rilievo nella tormentata storia della Chiesa del quarto secolo per la fermezza della fede contro l’eresia ariana, affrontando l’esilio, dopo l’infausto così detto Concilio di Milano del 355, insieme a Dionisio, Vescovo di Milano e a Lucifero, Vescovo di Cagliari. Il suo nome è legato, col titolo di martire, cioè di testimonio, a questa vicenda; e per questa ragione è maestro anche alla nostra generazione del saper professare la fede con fermezza e coerenza. Sappiamo con soddisfazione che proprio questo aspetto della vita di S. Eusebio offrirà il tema della celebrazione centenaria del Santo; ed auguriamo ad essa felice ed esemplare successo. Eusebio ha anche altri titoli alla nostra memoria ed alla nostra venerazione, tra i quali quello d’aver congiunto per primo in Occidente la vita monastica e la vita pastorale: «monasterii continentia et disciplina Ecclesiae», dice a sua lode S. Ambrogio (Ep. 63; PL 16, 1258); cioè la vita comune ed ascetica del Clero, con l’esercizio del ministero (come, ad esempio, farà non molto dopo S. Agostino). Anche sotto questo aspetto la rievocazione della figura di S. Eusebio è di buon auspicio per l’edificazione della vita sacerdotale e religiosa dei nostri giorni.

Missionari in partenza per l’Evangelizzazione

Un saluto particolare, ora, ai quaranta missionari che stanno partecipando ad un corso di aggiornamento. Sappiamo che appartenete a varie Famiglie Religiose, tanto benemerite delle Missioni : ad esse va il Nostro pensiero riconoscente per l’opera che svolgono nel mondo per l’annuncio del Vangelo e per la promozione umana; e a voi il Nostro compiacimento per l’assillo che vi ha mossi a studiare insieme i vostri problemi, sottoponendovi a un nuovo sforzo per rendervi sempre più adatti al formidabile mandato che avete ricevuto, realizzando una forma di collaborazione tra i vari Istituti, che il Vaticano II ha auspicato per la sempre migliore organizzazione dell’attività missionaria (Ad gentes, 33). Siamo certi che l’approfondimento dei principi e dei metodi del lavoro missionario, secondo il chiaro e profondo insegnamento conciliare, tornerà assai utile a voi e alle vostre comunità lontane, che attendono il vostro ritorno. Siate in mezzo ad esse il profumo di Cristo, il prolungamento di Cristo; annunciate con vigore e senza stancarvi mai la sua parola che salva, siate portatori del suo amore e della sua pace: e la sua grazia non vi farà sentire mai soli. Il Papa vi segue e prega per voi, e benedice, con voi, tutti i vostri confratelli, e le vostre care Missioni, nel nome del Signore.

Magistero «Maria SS.ma Assunta»

Tra i gruppi che partecipano a questo incontro spirituale, siamo lieti di salutare in particolar modo le circa seicento studentesse dell’Istituto Universitario Pareggiato di Magistero «Maria SS.ma Assunta» di Roma, e, con esse, le Missionarie della Scuola che al detto Istituto dedicano la loro intelligente ed assidua opera.

Vogliamo qui rinnovare un meritato riconoscimento a codesta Istituzione, compiacendoci vivamente per lo zelo, il prestigio e il profitto che accompagnano lo svolgimento della sua missione formativa e culturale, a vantaggio di numerose alunne, Religiose e Laiche, provenienti da molti Paesi. E vogliamo esprimere la speranza e l’augurio che così provvida attività, confortata dai favori celesti e compiuta con alto senso di responsabilità, sempre meglio corrisponda alle attese della Chiesa e sia adeguata ai bisogni dei tempi.

Ringraziamo voi, Alunne carissime, per la visita che con pensiero di devozione filiale avete voluto farci, al termine dell’anno accademico. Motivo di grande soddisfazione ci offre l’impegno esemplare che voi ponete negli studi superiori e nella vostra formazione, desiderose come siete di prepararvi degnamente per il proficuo esercizio della missione educativa, tanto delicata ed importante, a cui intendete consacrarvi. L’epoca Post-conciliare, nella quale passa in tutta la Chiesa una fiamma di maggiore fervore, di più intensa consapevolezza dei propri doveri e responsabilità, esige anime preparate, sensibili, pronte alla generosità e all’apostolato. Sia vostro proposito e sia vostro onore appartenere a questa schiera di anime, lieta fioritura di una novella primavera nella Chiesa.

Il Signore vi benedica, unitamente alle Missionarie della Scuola ed a quanti operano nel benemerito Istituto da voi frequentato: è questa la Nostra fervente preghiera, che avvaloriamo con una speciale Benedizione, in auspicio dei più eletti doni celesti.

L’Istituto «Regina Mundi»

Un cordiale saluto rivolgiamo a voi, Religiose del Pontificio Istituto «Regina Mundi», che, accompagnate dalle Autorità accademiche, avete voluto con una presenza così numerosa, manifestarci i sentimenti della vostra devozione, nel ricordo della visita da Noi resa al vostro Ateneo il 31 maggio 1969.

Rivedervi così unite, voi che appartenete a 52 Nazioni, per lingua, costumi, tradizioni e mentalità diverse, ma tutte animate dalla stessa fede e dalla stessa carità, è per Noi preziosa occasione per ravvivare gli ideali che sono a fondamento e a presidio di codesta benemerita Istituzione.

Chiamate da Dio a una vita interamente consacrata al programma di perfezione cristiana, secondo lo spirito proprio di ciascuna Famiglia religiosa, e alle conseguenti opere di apostolato, voi attendete in un clima di raccoglimento, di preghiera e di sacrificio, allo studio per essere in grado di assolvere le funzioni che vi saranno assegnate nelle vostre Comunità e nei vari campi di azione.

Ma in maniera preminente, voi siete impegnate nell’approfondire - secondo i metodi convalidati dall’esperienza - le verità della fede, per trasmetterle genuinamente nella Scuola.

Peraltro, in qualunque direzione si svolga la vostra vita, ricordate sempre che siete consacrate al servizio di Dio. Questo pensiero abbia in voi la dovuta preferenza; questo vi conforti a spendere le vostre energie nell’acquistare le qualità necessarie per essere, nella vostra vocazione, testimonianza vivente del Regno di Dio.

Congiungendo la contemplazione con l’ardore apostolico (Cfr. Perfectae caritatis, 5) voi darete alla vostra esistenza il suo pieno significato e, soprattutto, offrirete alla Chiesa quella ricchezza di meriti che essa attende da voi.

Propiziatrice di questi Nostri voti e suggello dei vostri generosi propositi sia la Nostra paterna Benedizione.

Fratelli Maristi per le Scuole

Nous Nous tournons maintenant vers les représentants de l’Institut des Frères Maristes des Ecoles, réunis pour une importante «Conférence générale». Nous savons, chers Fils, votre place importante dans l’Eglise, comme religieux, et la tâche éducative que vous assumez en vos multiples écoles, comme auprès de vos anciens élèves. Profitez de cette rencontre fraternelle pour de féconds échanges, resserrez la communion qui vous unit. Sachez faire œuvre de discernement aussi, en puisant, dans l’Evangile et dans la fidélité à la vocation de votre Institut, la lumière et la force nécessaires pour guider les jeunes vers la mission humaine et chrétienne qui les attend. Le Concile a tracé en ce domaine des voies qui n’ont pas été encore suffisamment exploitées et qui demeurent les plus sûrs garants de votre apostolat d’Eglise.

A vous, à tous ceux qui vous sont confiés, Nous donnons de grand cœur Notre paternelle Bénédiction Apostolique.

Piccoli cantori argentini

Con viva gratitud y complacencia recibimos vuestra visita, amadísimos «Niños Cantores de Murialdo». Admiramos vuestro arte, que serena y deleita los espíritus, disponiéndolos para saber captar los sentimientos más altos y las ideas más nobles.

Os exhortamos de corazón a hacer de la música un principio de elevación al Señor, origen de toda belleza, de manera que vuestra actividad artística sugiera, en vosotros y en vuestros oyentes, una luz de espiritualidad.

En prueba de paternal afecto, os otorgamos a vosotros, a vuestros directores, y a las respectivas familias, una especial Bendición Apostólica.

Gruppo di militari di stanza a Roma

Prima dell'udienza generale il Santo Padre riceve, nel cortile di S. Damaso, 2400 militari dei presidi di Roma, Cecchignola, Cesano e Bracciano, appartenenti ai vari Corpi, Armi e specialità. Il gruppo è guidato dal generale Antonino Valguarnera, dal vicario generale dell’ordinariato militare Monsignor Giovanni Corazza, dal cappellano capo del Presidio Monsignor Agostino Bonadeo. Presenti anche numerosi Ufficiali e vari Cappellani.

Il Santo Padre, parlando ai giovani dalla loggia centrale del primo piano, esprime la sua gioia nel trovarsi di fronte a un numero così grande e qualificato di visitatori ed ha sottolineato i due aspetti principali della vita militare che i giovani si apprestano a concludere con la fine della ferma. La vita militare - prosegue il Papa - è come una grande scuola dove i giovani imparano la scienza del dovere, prendono coscienza del bene, si adoperano per il servizio alla comunità nazionale che deve vedere militari e civili allineati nello stesso sentimento del dovere e del bene comune, in una nazione organizzata della quale tutti fanno parte. Il periodo della vita sotto le armi deve inoltre spronare a una generosa e franca professione di vita cristiana che non è davvero in antitesi con le esigenze che il servizio comporta e che sprona ad essere sensibili ai bisogni del Paese e della sua vita in armonia di pace e di giustizia. Sua Santità formula, infine, i più vivi auguri per l’avvenire dei giovani militari.

Al termine del colloquio il Santo Padre ricorda brevemente la figura e l’opera di apostolato svolta dall’ordinario Militare Monsignor Luigi Maffeo che in questi giorni il Signore ha chiamato a sé.

                                         



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