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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 15 marzo 1972

 

Urge la restaurazione della coscienza morale

La Pasqua è vicina: siamo pronti? siamo preparati a celebrarla come si deve? Ogni fedele, e possiamo dire ogni uomo informato, sia pure vagamente, del significato di questa festa, avverte che essa è al centro della nostra religione, sia per il mistero di Cristo, di cui la Pasqua è memoria e attualità perenne, cioè la redenzione da Lui operata, sia per la relazione che tale mistero ha con la Chiesa e col mondo, con tutta l’umanità, per cui Egli, il Signore, è morto e risorto; una relazione, che si fa personale per ciascuno di noi, che voglia davvero, cioè vitalmente, partecipare alla salvezza operata da Cristo, vale a dire alla comunione, all’inserimento della propria vita in quella infinita di Dio. La Pasqua è, dunque, per noi per eccellenza, un avvenimento personale; è la riconciliazione, il ricongiungimento della nostra anima con la pienezza dell’Essere divino, in misura ed in forma superiore ai limiti della nostra natura, in modo cioè soprannaturale; è la inaugurazione iniziale della vita eterna, quale speriamo raggiungere pienamente e godere nell’eternità. La Pasqua è la festa della vita, per la nostra vita.

Ripetiamo: la celebrazione della Pasqua è un fatto che ci riguarda tutti personalmente. La nostra personalità è invitata a dispiegarsi nella maniera più sincera e più aperta davanti a questo incontro con Cristo, il Quale vuole celebrare esistenzialmente in ciascuno di noi il suo «passaggio» dalla morte alla vita, la sua e nostra risurrezione. Siamo disposti a sperimentare in noi stessi questo prodigio?

La domanda è molto importante: tocca in profondità la nostra coscienza. Perché la coscienza? Perché essa, davanti a questo sommo atto religioso, si sveglia. Si sveglia precisamente sotto quell’aspetto che essenzialmente riguarda la nostra più autentica realtà umana, la coscienza morale. Qui sarebbe necessario ricordare il grande insegnamento relativo alla coscienza umana; ma diciamo subito che per coscienza s’intende quella conoscenza che uno ha di se stesso (Cfr. S. TH. I, 79, 13); è un atto riflesso, che può accontentarsi d’una semplice riflessione circa una qualsiasi circostanza della propria vita, un atto di memoria, un senso dello stato della propria salute, o più propriamente una esplorazione psichica sopra i propri sentimenti, o i propri intendimenti; ma più esattamente noi chiamiamo coscienza il senso, o meglio il giudizio che uno, spesso spontaneamente, dà di se stesso in ordine al proprio modo di agire: al bene (la buona coscienza), o al male (la cattiva coscienza). Giudizio questo che si riferisce da sé all’ordine, che deve presiedere alla nostra condotta, all’uso della nostra libertà, al compimento del nostro dovere, all’orientamento e allo stato della nostra vita soprattutto rispetto a Dio. Intelletto e volontà, nell’atto di coscienza morale, si sentono simultaneamente impegnati a definire tutto l’uomo qual è nel confronto intuitivo (per via di sinderesi) con la propria forma ideale, con la sua immagine perfetta, ch’è quella della somiglianza con Dio. Ed è facile che questo confronto sia negativo, cioè accusatore d’una difformità, che diventa fastidiosa, alcune volte intollerabile: è il rimorso.

Ricordate com’è scolpito nella parabola del figliol prodigo il processo psicologico e morale della coscienza? Dice il divino Maestro circa il protagonista di quella storia simbolica: in se reversus, ritornato in sé (Luc. 15, 17). Ecco la rinascita della coscienza, ecco l’inizio della salute. Ritornato in sé. Il che significa che quell’infelice figliolo, anche vivendo nell’intensità dei suoi giovani anni, delle sue passioni, dei suoi piaceri, era «fuori di sé». Cioè la sua coscienza non era in fase di attenzione e di verità. Facciamo attenzione anche noi: oggi si parla tanto di coscienza, e si applica questa raffinata e umanissima parola ad ogni sorta di cose presenti nel nostro spirito; dobbiamo anzi dire che del termine «coscienza» si abusa assai spesso. Innanzi tutto per trasferirlo a significati che ne rinnegano il significato più alto e specifico. Quanti narcotici, ad esempio, sono di moda per assopire o per alterare la «dignitosa coscienza e retta» (DANTE, Purg. 3, 8) da cui una persona onesta dovrebbe sempre essere guidata! quanta propaganda oggi si fa per diffondere non la coscienza, ma l’incoscienza nel coonestare con unilaterali teorie sul libero arbitrio, o sulla cosiddetta rivendicazione dell’autonomia dell’uomo moderno, l’azione sottratta ad ogni regola morale.

Più spesso si dà alla coscienza un valore puramente psicologico, che trova oggi nella psicoanalisi e nella relativa psicoterapia grande fiducia e grande espansione, spingendo essa nelle profondità inconscie biofisiologiche degli istinti le sue sottili ricerche. Ma per quanto interessanti ed anche utili possano essere queste esplorazioni della nostra vita istintiva ed emotiva, esse non possono eludere alla fine, né sopprimere nel cuore dell’uomo l’attitudine naturale ad agire secondo la inestinguibile norma morale, violata o repressa la quale, si pronuncia nella coscienza quella peculiare reazione, che chiamiamo rimorso. Il rimorso è la rivincita della coscienza morale; e può dirigersi, come l’esperienza vissuta e letteraria c’insegna, verso le espressioni negative dello spirito, come l’angoscia o la disperazione (ricordate la tragica fine di Giuda) (Matth. 27, 3-5); ovvero verso quelle positive (ricordate il pianto rigeneratore dell’amore di Pietro) (Matth. 26, 75; e Io. 21, 15-17).

Questo per dire che per celebrare la Pasqua dobbiamo passare attraverso una restaurazione della coscienza morale; la quale non può avvenire senza un profondo rivolgimento interiore, la penitenza, tanto nella sua tempesta psico-morale interiore, quanto nel suo gratuito e felicissimo miracolo sacramentale, la confessione, autodenuncia da parte nostra della triste verità della nostra coscienza, sconvolta dal peccato e ricomposta dal pentimento; e poi riaccensione della vita divina in noi mediante la prodigiosa infusione della grazia risuscitante di Cristo.

È un’avventura straordinaria la Pasqua, che sa di catastrofe e sa di vittoria; sa di duello fra la morte e la vita, sa di libera decisione del destino fatale fra la nostra perdizione e la nostra salvezza. A nulla, noi cantiamo nella notte del sabato santo, ci avrebbe giovato il nascere, se non ci fosse stata concessa la fortuna di rinascere.

Preceda dunque alla celebrazione della Pasqua nella comunione sacramentale con Cristo risuscitato e vivo la celebrazione della Pasqua nella penitenza sacramentale con Cristo morto e risuscitato per la nostra redenzione (Cfr. Rom. 4, 25).

Con la nostra Apostolica Benedizione.


L’anno della Pace per la Giustizia

Un cordialissimo saluto desideriamo ora rivolgere ai numerosi membri delle Curie Generalizie degli Istituti Religiosi, sia maschili che femminili, presenti a Roma per l’inaugurazione dell’«Anno della Pace per la Giustizia», promosso dall’Unione dei Superiori Generali e dall’Unione Internazionale delle Superiore Generali.

Ben volentieri abbiamo aderito al vostro desiderio, figli carissimi, e vi siamo riconoscenti del servizio che voi rendete alla Chiesa con una iniziativa così opportuna e attuale. Essa ci assicura che il messaggio dell’ultimo Sinodo e il nostro recente appello a lavorare per la giustizia hanno trovato in voi eco profonda e piena rispondenza. La giustizia è un valore che investe tutti i rapporti della convivenza umana, in ogni campo; ed è un valore alla cui attuazione - che si identifica con l’attuazione della pace - tutti sono chiamati a contribuire, ciascuno adducendo quell’apporto che corrisponde alla sua vocazione particolare.

La dichiarazione del Sinodo: «. . . chiunque ha il coraggio di parlare della giustizia agli uomini, deve lui per primo essere giusto ai loro stessi occhi» (III: L’attuazione della giustizia) si applica in maniera speciale a voi, religiosi e religiose, non soltanto perché il seguire i consigli evangelici deve necessariamente esprimersi con l’amore e il servizio del prossimo, ma soprattutto perché la funzione profetica ed escatologica della vita religiosa richiede che voi siate una testimonianza vivente, un segno del messaggio di giustizia e di liberazione che Cristo ha portato al mondo, contro ogni forma di schiavitù e di oppressione che mortifica la dignità della persona umana.

In tutto ciò è cosa lodevole che le Curie Generalizie facciano il primo passo, esaminandosi alla luce del messaggio sinodale e del nostro appello, oltre che sulla testimonianza di giustizia che intendono dare, anche sul ruolo specifico che hanno in questo campo, e come comunità e come organismo centrale di governo e di amministrazione.

Noi chiediamo, pertanto, volentieri al Signore che benedica i vostri lavori e faccia fruttificare i vostri sforzi, sostenendovi continuamente in quanto vi è di faticoso nel vostro nobilissimo compito; e a tal fine vi impartiamo di cuore la nostra Apostolica Benedizione.

L’istituto di Nazareth in Roma e Napoli

Con particolare compiacimento diamo il nostro benvenuto al gruppo delle Religiose di Nazareth, nella lieta ricorrenza del 150° anniversario di fondazione della loro Congregazione, qui riunite con le Insegnanti, le alunne e le ex-allieve degli Istituti di Roma e di Napoli da esse diretti.

Siamo riconoscenti per questa attestazione di filiale ossequio, e ben volentieri esprimiamo a così benemerita Famiglia fervidi voti d’incremento nello spirito e nell’azione, in favore specialmente della gioventù studentesca, tanto pensosa del suo avvenire ed anelante a dare una risposta retta e adeguata ai propri interrogativi.

Ebbene! Noi ripetiamo alle giovani presenti a questo incontro, che in Cristo Gesù è la vera soluzione di tutti i loro problemi. Egli è, infatti, la luce illuminante che risplende tra le tenebre; è «la verità che tanto ci sublima»; è cibo e bevanda per tutti gli affamati e gli assetati di giustizia; è ristoro per chi è stanco e affaticato; è gaudio beatificante per gli oppressi, gli umiliati, i perseguitati.

Alle Religiose di Nazareth, animatrici di preghiera e di studio, va la nostra parola d’incoraggiamento a perseverare con fedeltà nella loro nobile missione, adeguandola, secondo il magistero ecclesiastico e gli insegnamenti conciliari, alle necessità e alle istanze odierne.

Confortiamo poi le docenti nella dedizione alla loro opera educativa: e confermiamo le allieve nei generosi propositi di virtù e di approfondimento culturale.

Sia per tutte, auspicio e pegno della divina assistenza, la nostra speciale Benedizione Apostolica, che estendiamo altres all’intera Congregazione nella fausta circostanza giubilare, e alle rispettive famiglie.

I Fratelli di San Gabriele

Nous sommes heureux de saluer ici les Frères de Saint-Gabriel, Supérieurs provinciaux et responsables de l’animation spirituelle. Chers amis, votre Institut n’a pas hésité à donner une certaine priorité aux besoins missionnaires de l’Eglise et aux exigences du développement du Tiers-Monde: votre groupe manifeste ce matin cette universalité. Nous vous félicitons de cette préoccupation que vous partagez avec Nous, certain que de jeunes vocations comprendront cet appel. Nous savons les qualités de compétence, de dévouement aux humbles, de sens apostolique qui ont toujours marqué vos œuvres d’éducation. Aujourd’hui, vous cherchez à juste titre à approfondir votre réflexion théologique pastorale et spirituelle, tout en veillant à former des communautés qui permettent à vos frères de vivre vraiment dans l’intimité du Christ auquel ils se sont consacrés, de se soutenir les uns les autres, et de donner un témoignage de foi, de simplicité évangélique et de disponibilité dans l’amour, où le monde puisse reconnaître la Bonne Nouvelle de notre Seigneur. De grand cœur, Nou vous encourageons et vous souhaitons un Congrès fécond.

Et maintenant, Nous nous tournons avec plaisir vers la très nombreuse délégation de l’Institut Saint-Dominique de Rome. Chères Filles, Nous avons entendu parler de votre maison: elle regroupe, Via Cassia, des élèves de nationalités très diverses, venues puiser dans la culture française une formation solide et ouverte, s’enrichir l’esprit et le cœur grâce au témoignage des religieuses dominicaines et de professeurs compétents, et faire ensemble l’apprentissage d’une vaste fraternité. Puissiez-vous, en même temps, y faire l’expérience de l’Eglise, de cette famille aux dimensions mêmes du monde, dont vous trouvez ce matin ici un signe tangible! Cette Eglise vous a enfantées à la vie de Dieu, elle vous nourrit de ses sacrements et de l’Evangile, elle vous entoure comme une Mère. Mais elle attend que chacun d’entre vous acquière cette personnalité forte, profondément enracinée dans l’amitié de Dieu, à la curiosité éveillée, au jugement droit, au dynamisme créateur, capable de persévérance dans l’effort, apte à servir avec tous les talents que vous aurez eu la chance de recevoir, soucieuse de partager et de contribuer à bâtir demain, ou plutôt aujourd’hui, un monde plus juste, plus fraternel, où l’amour de Dieu ait sa place: sans Lui, comment serait-il vraiment humain? La prière et la pénitence sont les thèmes de votre Carême: priez aussi pour Nous et à toutes les intentions qui nous sont confiées. Et Nous, de tout cœur, Nous vous donnons, comme aux religieuses, aux professeurs et aux aumôniers de votre Institut, notre paternelle Bénédiction Apostolique.

We give a special welcome to the group who have come from Tokyo, visiting many holy places on their journey. You have chosen a very significant title for your pilgrim group: "Ab ortu solis". For you are indeed a demonstration of the truth that "from the rising of the sun to its setting (the Lord’s) name is great among the nations". We pray God to show you his favour. To all of you we impart our Apostolic Blessing.

Pellegrini Panamensi

Con viva complacencia os dirigimos un especial saludo a vosotros, amadísimos peregrinos panameños, que habéis querido demostrar con esta visita vuestra filial devoción al Vicario de Cristo.

Confiamos vivamente en que esta venida a la Ciudad Eterna os ayudará a fortalecer vuestra fe y pedimos al Señor que el contacto con los monumentos y los venerables recuerdos de los primeros siglos de la Iglesia avive en vuestros espíritus los sentimientos cristianos que siempre han de inspirar vuestra vida personal y vuestras actividades al servicio de toda la comunidad.

Os acompañamos con nuestras plegarias y con nuestra paternal Bendición para vosotros y vuestros familiares, y también para todos nuestros amadísimos hijos de Panamá, sobre quienes invocamos la constante asistencia y protección del Altísimo.

                                       



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