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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 1° maggio 1974

 

La Chiesa guarda con solidale simpatia alle aspirazioni di giustizia e progresso dei lavoratori

La nostra riflessione, quest’oggi 1° Maggio, si rivolge con grande interesse verso il lavoro, tema immenso e oggetto di tanti studi e di non finite controversie. Noi ci limitiamo, in questa sede, a qualche citazione, che riprendiamo semplicemente dal Concilio, con intenzione chiarificatrice ed elogiativa.
Rimane certamente nel nostro ricordo e nella nostra esperienza la sentenza di Dio a punizione di Adamo, dopo il primo fatale peccato: «ti guadagnerai il pane col sudore della tua fronte» (Gen. 3, 19), sentenza che aggrava e inasprisce il rapporto fra l’uomo e le cose necessarie alla sua vita; il rapporto non sarà più facile e giocondo, ma sarà stentato e faticoso; lo sappiamo, anche dopo l’invenzione meravigliosa, propria dell’uomo moderno, di strumenti potenti e perfezionatissimi, che diminuiscono, ma alla fine non annullano la fatica dell’uomo dominatore della natura per la propria utilità. Il lavoro è quindi maledetto? No; è l’uomo che subisce il castigo dello sforzo penoso; non, per sé, il lavoro, che rientra nel disegno provvido e sapiente di Dio in ordine all’esercizio delle facoltà umane e al progressivo umano sviluppo. Dice infatti il Concilio: «l’attività umana, individuale e collettiva, ossia quel poderoso sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in se stesso, corrisponde al disegno di Dio . . Gli uomini . . . col loro lavoro prolungano l’opera del Creatore, . . . e dànno un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia» (Gaudium et Spes, 33). Sia dunque promosso e benedetto il lavoro, e sia consolato l’uomo che lo compie, non senza grave suo sforzo e copioso sudore.

Un’altra citazione del Concilio ci istruisce sulle finalità superiori e trascendenti del lavoro. Noi ci domandiamo: il lavoro è fine a se stesso? È chiaro che no. Il lavoro tende direttamente al profitto economico, il quale a sua volta tende alla soddisfazione dei bisogni umani. Alcuni si fermano a questa visione immediata del lavoro, e ne fanno la sorgente della liberazione umana, diventata la parola-vertice e magica di tanti movimenti ideologici, sociali, economici e politici, ed anche perfino spirituali e religiosi. Può dunque qualificarsi il lavoro come la sorgente della liberazione umana, cioè delle somme aspirazioni della vita?
La domanda, buona e legittima in radice, in quanto riconosce nel lavoro e nella prosperità economica, che ne può derivare, uno dei coefficienti indispensabili alle necessità e alla dignità della vita umana, non è soddisfacente nella sua risposta, se questa si limita ai beni temporali, che possono scaturire dal lavoro orientato alla soddisfazione materialista o edonista dei desideri dell’uomo. Dice il Concilio : «Alcuni attendono dai soli sforzi umani una vera e propria liberazione del genere umano e sono persuasi che il futuro regno dell’uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del loro cuore . . . Con tutto ciò diventano sempre più numerosi quelli che, di fronte all’evoluzione attuale del mondo, si pongono o avvertono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: che cosa è l’uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che nonostante tanto progresso continuano a sussistere? . . . nella luce di Cristo . . . il Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell’uomo e per aiutare a trovare la soluzione dei principali problemi del nostro tempo» (Gaudium et Spes, 10).

Così il Concilio. Noi possiamo concludere con un’osservazione: la filosofia della vita, che restringesse nel solo lavoro rivolto al possesso del mondo esteriore e materiale la sua sapienza, non sarebbe sufficiente, non sarebbe soddisfacente, e alla fine non sarebbe invulnerabile dalla critica del pensiero, dall’esperienza della storia; e fin da ora dalla parola, sì, veramente liberatrice, di Cristo: «Non di solo pane vive l’uomo, ma d’ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Matth. 4. 4).
Il lavoro, cioè l’attività dell’uomo, solo tesa al possesso e al dominio del benessere temporale, ha bisogno d’un elemento complementare indispensabile, quello autentico dello spirito, quello della fede, quello del dono della vita soprannaturale. L’antica formula di San Benedetto è sempre valida: ora et labora; prega e lavora; è la formula, sempre moderna, della vita cristiana, quale noi oggi auguriamo a tutto il mondo del lavoro, con la nostra Benedizione Apostolica.
Vorremmo oggi, 1° Maggio, festa del lavoro, entrata anche nel nostro calendario liturgico, cioè del pensiero e del culto cattolico, mandare un saluto a tutti i Lavoratori.
Vorremmo far sentire a tutti, con umile ma sincera affezione, che la Chiesa pensa a loro. Essa guarda alla loro aspirazione di giustizia e di progresso con solidale simpatia.

Essa teme soltanto che l’ansia della loro lotta metta lo spirito di odio, di vendetta, di violenza nei loro cuori, e chiuda sopra i loro occhi la visione vera e totale dei beni spirituali, che non meno di quelli economici, sono necessari alla loro vita e sono degni della loro condizione sociale: Cristo fu povero, Cristo fu egli pure lavoratore, Cristo ha incontrato l’opposizione e l’incomprensione dei suoi contemporanei, Cristo ha sofferto ed è morto per liberare noi tutti dai nostri peccati, e per renderci tutti fratelli, ed eredi d’una vita immortale, che supera i confini di questa nostra vita mortale presente. ssa, la Chiesa, mantiene e svolge le parole e le promesse, che i Papi, specialmente da un secolo ad oggi, hanno pronunciate per la causa giusta e rinnovatrice delle classi operaie.
Essa oggi vi saluta e vi benedice nei vostri posti di lavoro: vede tanti di voi impegnati in fatiche molto dure ed estenuanti; la fatica fisica è la vostra prova ed il vostro onore.
Vede altri di voi addetti a imprese rischiose, che spesso richiedono un coraggio acrobatico e una straordinaria padronanza di sé, che merita il plauso di tutti. Vede molti di voi occupati in lavori monotoni ed alienanti, ed ammira la vostra bravura e la vostra pazienza.
E quanti di voi passano la loro giornata in officine accecanti ed assordanti; quanti sono obbligati a lavori notturni e a turni di lavoro che rompono ogni ritmo tranquillo alle vostre giornate: la Chiesa non vi dimentica.

E ancora quanti non ricavano più dall’austera e georgica vita dei campi un benessere sufficiente ad un’esistenza civile, non inferiore a quella dei compaesani che hanno preferito il lavoro industriale e più sicuramente retribuito: la Chiesa è ancora con i laboriosi coltivatori della terra e allevatori di armenti e di greggi.
E vediamo i mille e mille di voi, che hanno lasciato la casa e la patria per cercare all’estero un ingrato lavoro e un po’ di fortuna: cari esuli, la Chiesa pensa agli emigranti.
Vediamo le vostre famiglie ancora in povere case, spesso con figli senza scuola vicina, e prive della sufficiente assistenza sanitaria e sociale di cui avrebbero bisogno: la Chiesa è sempre casa per la vostra famiglia cristiana ed onesta.
Vediamo le vostre chiese quasi abbandonate, le vostre parrocchie dalle campane talvolta senza voce, e le vostre feste locali quasi deserte.
Vediamo spesso voi tutti affascinati da idee, spesso venute da lontano, col fascino della rivolta, ma senza garanzia di verità e di felicità . . .
Lavoratori! oggi noi guardiamo a voi con nessun altro interesse che la vostra giustizia, la vostra prosperità, la vostra fedeltà a Cristo, nostro Salvatore e nostra pace.
È vicino a noi un vostro collega e vostro protettore, San Giuseppe, che insegnò a Gesù il mestiere del fabbro; e con lui, sempre nel nome di Cristo, tutti vi salutiamo e vi benediciamo.

L’Apostolato della Preghiera

Our special greeting goes to the National Secretaries of the Apostleship of Prayer who have assembled in Rome. We are mindful of the efforts and accomplishments of your Association to promote holiness through the daily offering of one’s life to God.
As we encourage you to persevere in the love of Jesus Christ and in authentic Christian prayer, we thank you and all our beloved sons and daughters who are especially mindful of the intentions of our universal ministry. We are happy to repeat with Saint Paul: “Pray perseveringly, be attentive to prayer, and pray in a spirit of thanksgiving. Pray for us too . . .” (Col. 4, 2-3). With our Apostolic Blessing in the Lord.

Pellegrinaggio de «La Vie Montante»

Avec une joie particulière, Nous accueillons les quatre mille représentants de «La Vie Montante» qui Nous entourent aujourd’hui, ainsi que le cher Monseigneur Caillot qui donne à ce mouvement tout son dévouement pastoral.
Amis très chers, Nous nous sentons proche de vous et de ceux que vous représentez ici! De vous surtout, qui souffrez moralement; de vous qui vous sentez isolés ou incompris; de vous qui, ayant porté le poids du jour et de la chaleur, n’avez plus la force d’antan mais ne manquez cependant ni de courage ni d’énergie.
Il n’y a point, vous le savez, « d’âge de la retraite » pour accomplir la volonté de Dieu, qui est que nous devenions des saints!
Tous les âges de la vie ont donc leur manière de répondre à l’amour du Christ et de lui rendre témoignage. L’Eglise, elle, a le grave devoir et le souci de faire que chacun trouve en elle sa place pour répondre à cet appel. Si l’accomplissement de la vie ne réalise jamais parfaitement l’idéal des commencements, il doit nous permettre de reconnaître combien, mystérieusement, «tout est grâce». L’essentiel devient alors, selon le mot de Saint Paul, «d’achever en nous ce qui manque aux souffrances du Christ pour son corps qui est l’Eglise» (Col. 1, 23).

La sanctification par la prière, les sacrements, la charité fraternelle, voilà l’action spirituelle par excellence, l’achèvem.ent du Corps Mystique du Christ. Vivez, chers amis, ce dogme de la «Communion des Saints». Puissions-nous tous y trouver cet élan qui s’épanouira un jour - c’est un point essentiel de notre foi – en vie éternelle.
Grâce à cette communion spirituelle, invisible, beaucoup peuvent compter aujourd’hui sur le témoignage des membres de «La Vie Montante». D’abord vos compagnons et compagnes du troisième âge, qui attendent votre soutien, votre amitié, votre apostolat, à une heure où le recul leur permet souvent de redécouvrir l’essentiel.
Vos familles, vos paroisses, l’Eglise locale peuvent apprécier les multiples services que permet votre disponibilité, la sagesse de votre regard et de votre expérience, l’exemple de votre foi et de votre piété.
A vous tous, présents à Rome près des tombeaux des Apôtres, comme à tous les membres de votre mouvement, qui vous sont particulièrement unis en ces jours par la prière, Nous disons notre confiance, l’espérance que Nous mettons dans votre sens de l’Eglise, dans votre dynamisme spirituel, et apostolique, et Nous vous donnons de grand cœur notre affectueuse Bénédiction Apostolique.

                            



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