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VISITA ALLO «STUDIUM URBIS»

OMELIA DI PAOLO VI

Sabato, 14 marzo 1964

Nell’aula d’onore dell’Ateneo

Il Santo Padre risponde all’omaggio del Rettore Magnifico salutando, con il Prof. Papi, i chiarissimi docenti, ed esprimendo la propria gratitudine per l’accoglienza ricevuta.

L’Augusto Pontefice vuole manifestare i sentimenti che allietano il suo cuore, per la visita che - come ha detto l’on. Rettore - è la prima che un Papa compie alla Università di Roma, dopo che la città è divenuta capitale d’Italia. La visita pone in evidenza alcuni aspetti particolari: è il mondo del pensiero, dello studio a incontrarsi con il Papa, che rappresenta il Magistero di Cristo. Ecco la caratteristica dell’avvenimento; in questo domicilio del sapere si incontrano la cultura religiosa e quella umana.

Esprimendo la letizia di essere ospite del glorioso Ateneo, il Santo Padre può veramente dire di trovarsi benissimo, quasi in casa propria, perché è stato, qualche tempo, alunno dell’Università per la quale conserva sincera stima, amicizia e simpatia.

L’Università attuale deriva dall’antico Studium Urbis fondato oltre seicento anni or sono da Bonifacio VIII è quindi sull’asse di una tradizione rettilinea, che porta il nome di Roma.

L’Augusto Pontefice, rivolgendosi quindi ai professori, nota che unico è il suo ed il loro intento, comune lo sforzo nel campo del pensiero, poiché mentre essi cercano la verità, Egli la vive; e, sia pure con strumenti e metodi diversi, si percorre una sola via che deve risolversi in unica consonanza, sì che anche il loro ufficio può considerarsi, in qualche modo, un sacerdozio, poiché i docenti si dedicano alla scienza ed alla educazione delle anime giovanili.

Graditissima, perciò, la visita. Il Papa è venuto per onorare l’Università di Roma che il professor Papi da anni presiede così degnamente; coloro che vi svolgono con tanta competenza il magistero; e per dire ad essi la sua gratitudine e la venerazione che sente per l’alta attività, giacché la loro non è una semplice, per quanto nobile professione, ma una vera missione.

Essi cercano di cogliere le parole segrete che l’universo, per divina disposizione, porta con sé; sono ricercatori e scienziati, e il Papa auspica che il loro numero sia decuplicato e siano tutti arricchiti dei doni dello Spirito Santo affinché la loro parola possa essere ancora più splendida, alata e piena di luce.

Sua Santità vuole infine augurare che il loro cammino sia sempre più glorioso e proficuo, affinché le nuove generazioni fioriscano più belle ed elette, pari alle nuove necessità, per poter dare all’Italia gli uomini di pensiero, di guida, di governo dei quali avrà sempre bisogno.

Ecco pertanto l’auspicio paterno all’Università: vivat, crescat, floreat! con quella sicurezza di pensieri e di propositi aperta all’incontro ineffabile con la luce di Dio, che ci proviene dal di fuori e dall’alto. Possa questa luce risplendere ognora sull’Università, per dare, sorreggere, nutrire la speranza, la sicurezza, la gioia della verità e della vita.

Questo il voto del Papa: con tali intenti Egli dà la Benedizione Apostolica.

Nella chiesa dedicata all’Eterna Sapienza

Ai chiarissimi Professori, ai carissimi Studenti il più cordiale saluto del Santo Padre, lietissimo di trovarsi fra loro. Già alunno dello Studium Urbis, e poi Assistente Ecclesiastico degli Universitari, con tutta la somma di ricordi derivanti da quel ministero, i titoli sono tali da potersi considerare antico collega ed amico. È quindi più agevole scambiare con i giovani d’oggi le molte speranze che nell’Università sorgono e fioriscono, nella comune stima per il domicilio del sapere e di spiritualità. Alla Università di Roma, perciò, uno speciale augurio del Papa, interprete sicuro dei sentimenti degli alunni, maestri, assistenti, affinché il glorioso centro di studi sia sempre più ricco di sapienza, fecondo di opere insigni.

«EGO SUM LUX MUNDI»

Ma non è tutto. L’antico alunno ed amico viene oggi con nuovi e più responsabili titoli. È il Vescovo, il Pastore, il responsabile, l’incaricato di ogni anima. Il Vescovo, inoltre; che possiede prerogativa unica: di essere il Papa, il Capo visibile della Chiesa, l’erede della misteriosa successione da Pietro sino a noi. È dunque in nome di Cristo che Egli si presenta ai diletti figli, si che ciascuno di loro può dire: ho incontrato Gesù, ed Egli mi parla.

Ecco il Salvatore ripetere, nel brano del Vangelo testé letto: «Ego sum lux mundi»: Io sono la luce del mondo. Giungendo tra i giovani, il Papa ha aperto il mantello della sua alta rappresentanza e la lampada, che reca con Sé, effonde il suo improvviso, incomparabile fulgore sopra l’intera assemblea.

Logico, oltreché mirabile, sarebbe il tema per una istruzione di sapienza e verità: ma il Santo Padre, più che soffermarsi a parlare di questa luce ineffabile, e piuttosto che diffonderla con eloquio manifesto, preferisce cogliere il riverbero che del medesimo splendore illumina le menti e i cuori adunati intorno a Lui.

Sua Santità sente vivissima gioia nel vedere sia i professori che i discepoli, festosi per aver Egli accolto il loro invito, offrirgli un’accoglienza fervente, una adesione completa. È, questo, certamente, uno dei momenti più belli della vita del Papa, e proprio anzi del suo Pontificato. Gli sembra, perciò, di poter cogliere dagli attenti volti degli ascoltatori una triplice risposta al dono di Dio.

SIATE FORTI, SIATE FEDELI!

La prima, la più cara, è degli studenti adunati nella chiesa. Essi credono, accettano questa luce del Vangelo. Sono studenti cattolici che vogliono davvero compiere la ineffabile simbiosi del sapere religioso col sapere scientifico, della fede con la scienza divina. Intendono godere la sublime esperienza dell’incontro tra la scienza che studia e la fede che accetta. Sono due luci fatte per convergere e dare allo spirito una speranza, una gioia, una certezza che altrove non potranno mai trovarsi. Ebbene, a questi privilegiati, come chiamando ognuno per nome, il Santo Padre dice: siate forti, siate fedeli, vivete in pienezza tanto privilegio e sentite la responsabilità del dono inestimabile, unico, di possedere la fede. Gli altri, perciò, la devono leggere nelle. vostre anime. Specialmente coloro, che non sono ancora partecipi di tale fortuna, hanno il diritto di interrogare vostri cuori: crede egli veramente? vive la sua fede? E voi, dimostrate che questa testimonianza non è sottratta a chiunque voglia scrutarvi e che; di conseguenza, tutti potranno vedere come l’armonioso prodigio di luci convergenti sulla vostra vita sia costante e sempre si rinnovi.

NECESSARIA ONESTÀ NELLA RICERCA DEL VERO

Complesso, però, e multiforme è l’ambiente universitario. Non tutti accolgono la grande luce; alcuni, alla sua presenza, rimangono reticenti, manifestano dubbi o incertezze. Il fenomeno è assai vasto e, si direbbe, tipico della vita universitaria. Si tratta di individui che credono di essere onesti quando dubitano: ritengono, anzi, di aver raggiunta una certa qual aristocrazia spirituale ponendo in forse l’origine, lo sviluppo, i benefici della verità. Per costoro il Papa ha sempre una parola luminosa e benefica. E dapprima: carissimi, non temete, prolungate sino al convincimento la vostra vigilia, ma siate onesti, sempre. Se così sarà, non vi terrete paghi di uno stato di languida pigrizia, ma spingerete il vostro dubbio sino alle estreme conseguenze. I grandi maestri vi aiutano con quanto hanno esperimentato e detto: e, un giorno, anche le vostre esitazioni saranno benedette. «Rampolla a pie’ del dubbio il vero»: la stessa ricerca non è che un dubbio sistematico. Pascal esclama: «Non mi cercheresti, se già non mi avessi trovato». Così la ricerca è già implicita conquista, e la verità conseguita appare di eccezionale valore. Siete nell’attesa, dunque, nella speranza. C’è, forse già al prossimo crocicchio, Uno che vi aspetta. È il Signore: e il suo giorno può essere vicino, imminente.

CRISTO RISPONDE ALL'UOMO E ALLA SOCIETÀ

Né mancano purtroppo - aggiunge Sua Santità - coloro che tengono a mantenere gli occhi chiusi, l’animo diffidente, talvolta ostile, paghi soltanto d’un repertorio di obiezioni, di luoghi comuni, di toni polemici per cui quasi ci si fossilizza in un atteggiamento oppositorio, in un «no» assoluto, ostinato. Anche a questi il Santo Padre, in un momento quanto mai prezioso, intende rivolgere una parola buona, amichevole, confidente.

Egli certo non forzerà, ora, il loro raziocinio chiuso, non pensa affatto di scardinare le porte che gli impediscono di entrare. Si limiterà a bussare all’uscio come il Signore Gesù: «Ecce sto ad ostium, et pulso». E dirà, nel contempo: studia, capisci te stesso; leggi nella tua anima; guarda l’esperienza autentica che il nostro tempo sta vivendo proprio nella negazione dei valori religiosi e delle verità trascendenti; e troverai, in così diffuso tormento, un numero ingente di paurose rovine, a cominciare dalla più ampia e desolata: la disperazione, l’assurdo, l’arido nulla.

E si potrebbe continuare: se anche solo all’umano vuoi pervenire, ti dico che siamo già amici e che ci possiamo incontrare. Per chiunque cerchi di dare all’uomo una fisionomia, la risposta è pronta e completa. C’è il Cristo, Gesù - «Ipse enim sciebat quid esset in homine» - che sempre da se stesso conosce ciò che è nell’uomo e all’uomo dà vera definizione e insuperabile psicologia. Si vuole dare alla vita umana un senso sociale? Ci si troverà di fronte a Cristo, il quale appunto ha portato nel mondo tutti gli elementi per un’intesa e una comunione perfetta fra i redenti.

Le negazioni poggiano dunque su basi fragili, su malintesi od equivoci. Certuni si credono lontani ed hanno dinanzi un orizzonte cosparso di ombre, mentre la luce è vicina; è dietro le spalle. Dal diaframma opposto a tanta luce insorgono i fantasmi della paura, della negazione e sovente pure della cattiveria. «Voltatevi»: questo l’energico invito del Padre: voltatevi e guardate in faccia Colui che andate cercando, forse senza saperlo. Ed ora, anche voi, ricevete il saluto affabile, amoroso, amico del Papa. Egli vorrebbe che non si considerasse il suo magistero come una macina, da porre al collo, col peso di dogmi incomprensibili, ma sì come l’offerta, con la premura paterna e con tutto il candore, dell’intera verità, della luce e della carità del Salvatore. Si richiede, perciò, la cortesia di pensarci su e si noterà come non c’è affatto inganno, o fallimento, o menzogna. «Qui sequitur me, non ambulat in tenebris, sed habebit lumen vitae»: Chi mi segue non camminerà al buio, ma avrà luce di vita.

IL DONO PIÙ ALTO: IL VANGELO

Il discorso potrebbe assumere proporzioni imponenti. Ma esiste una sintesi ineguagliabile: il Vangelo. Ebbene, una degna ed artistica edizione del sacro Testo dei quattro Evangelisti il Santo Padre è lieto di lasciare, come suo dono speciale, alla chiesa della Università, accompagnando questo gesto con tutto il suo pensiero, l’intenso affetto, la più sentita benevolenza. Tutto ciò conforti i diletti giovani ad ulteriori sane conquiste nel sapere, verso l’età e i destini che li aspettano, verso un avvenire sorretto in ogni ora da Dio, e quindi allietato di luce, speranza, benedizione.

                                



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