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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
PER LA GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

"Comunicazione sociale e riconciliazione"

1975

 

Diletti figli della Chiesa,
e voi tutti, uomini di buona volontà.

L'Anno Santo ci offre il tema del nostro messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: la riconciliazione. Stampa, radio, televisione e cinema debbono essere al servizio della riconciliazione fra i cristiani in una unità sempre più visibile e più solida, della riconciliazione e della elevazione verso Dio.

Questa Giornata annuale è un momento privilegiato di preghiera, di meditazione e di riflessione su una realtà che implica un'autentica dimensione spirituale, di interesse vitale per tutti: l'influsso positivo dei mass media sulla vita individuale o sociale, e nello stesso tempo la loro ambivalenza e il pericolo di manipolazioni a cui sono soggetti. Essi sono in grado, infatti, di proteggere e di stimolare gli sforzi che contribuiscono veramente a liberare l'uomo e ad orientarlo verso la realizzazione delle sue più elevate aspirazioni; ma possono, nello stesso tempo, essere asserviti alla moda e alla curiosità superficiale, e perfino appoggiare finalità di sfruttamento e di discriminazione.

Nel nostro messaggio del 25 marzo 1971 abbiamo già trattato dell'impegno per l'unità degli uomini. Quest'anno insistiamo sulla condizione primaria che permette di favorire, nell'ambito delle comunicazioni sociali, un clima di riconciliazione: il rispetto dell'oggettività dei fatti e dell'autentica scala dei valori a cui si riferiscono. A questo riguardo, desideriamo confermare la nostra stima e il nostro incoraggiamento a tutti gli operatori nel campo dei mass media, che si sforzano di far conoscere la verità e di riservare al bene il posto che gli compete. Ma non possiamo fare a meno, nello stesso tempo, di esprimere le nostre ansie riguardo a certe situazioni o a certi pericoli.

L'oggettività è un aspetto essenziale dell'informazione; corrisponde al diritto, che ciascuno possiede, di sviluppare integralmente la propria personalità secondo la verità; e di esercitare le proprie responsabilità sociali con conoscenza di causa; suppone innanzitutto che i fatti siano riportati con onestà. E' lecito arricchire utilmente la narrazione con una certa "interpretazione", che però si giustifica solo nella misura in cui contribuisce a far meglio apparire la natura dei fatti, la dimensione reale che i medesimi assumono nel contesto, nonché nella loro relazione ai valori umani. Al contrario, non potremmo approvare comportamenti che pretendono di essere "neutrali" e "indipendenti", mentre in concreto si rivelano abili manipolazioni, come ad esempio: l'insistenza unilaterale sulle depravazioni umane; la pressione sull'opinione pubblica per suscitare aspirazioni insaziabili, ingannevoli e in fondo irrealizzabili, come quelle di un consumismo incessante di cose superflue; la presentazione di illusori o immorali modelli di comportamento; il tacere, selezionare o presentare in modo deformato i più importanti avvenimenti secondo ideologie che non rispettano la libertà dell'uomo e violano il diritto all'informazione; il gusto di sollevare problemi e di insinuare dubbi che mettono in crisi certezze etiche indiscutibili; il considerare arte ciò che è solo permissività e repressione degli imperativi umani che legittimamente regolano la retta convivenza sociale; il definire giustizia ciò che è solo violenza, vendetta, rappresaglia.

Per rendere un vero servizio alla riconciliazione, l'oggettività nella scelta e nella presentazione dei fatti esige una profonda consapevolezza delle responsabilità, nonché preparazione e competenza adeguate. La medesima obiettività richiede inoltre un autentico rinnovamento degli atteggiamenti deplorevoli troppo spesso assunti da fonti di informazione, da professionisti delle comunicazioni sociali e da un certo pubblico di lettori, di spettatori e di ascoltatori che se ne rendono complici.

A ciò si perverrà più facilmente se in tutti i paesi sarà concretamente garantito un ragionevole pluralismo di fonti di informazione. Invece di costringere, per così dire, gli utenti a limitarsi alle loro notizie e alle proprie interpretazioni, questi organi diversi debbono consentire un dialogo aperto e un confronto leale, che permetta agli individui di esprimere liberamente le loro valide idee. Altrimenti si potrebbe cadere, talvolta, in una specie di "tirannia", oppure in un "terrorismo culturale", diffuso e quasi anonimo, che può perfino trovare, paradossalmente, un'accoglienza favorevole col pretesto che tale monopolio giovi alla promozione personale e sociale, anche se viola le convinzioni religiose, etiche e civiche.

Nell'esprimere queste preoccupazioni, vogliamo offrire il Nostro positivo contributo perché le comunicazioni sociali svolgano il benefico influsso di cui sono capaci, favorendo nello stesso tempo la riconciliazione umana e cristiana. E invitiamo tutti i figli della Chiesa ad operare per questo rinnovamento. In concreto, auspichiamo che quanti si occupano dei mass media si sentano personalmente chiamati a difendere e ad incrementare la loro libertà d'espressione: intendiamo la libertà fondata sulla verità, sull'amore dei fratelli e di Dio. Non ignoriamo, certamente, le difficoltà che essi incontrano e il coraggio che da loro si esige, particolarmente quando si tratta di "soddisfare" un pubblico di lettori, di ascoltatori e di spettatori, il quale ben poco sembra preoccupato di ricercare questa verità e quest'amore. Riflettiamo, allora, alle gravi responsabilità che incombono su di loro a motivo del potere certamente rilevante che esercitano nel campo dell'informazione e di conseguenza, sul modo di pensare e sull'orientamento stesso della vita.

Il nostro invito si rivolge, ancora più pressante, a quanti dispongono di un potere politico, sociale o economico presso i suddetti operatori delle comunicazioni sociali: promuovano anch'essi il progresso di una sana libertà di informazione e di espressione. Quando si soffoca la verità con ingiusti interessi economici, con la violenza di gruppi dediti ad attività sovversive della vita civile o con la prepotenza organizzata a sistema, si ferisce l'uomo stesso: le sue giuste aspirazioni non possono essere più ascoltate e ancor meno soddisfatte. Viceversa, la vera libertà non potrebbe essere esente da una norma morale, intrinseca, protetta da disposizioni legali; infatti essa è sempre correlativa ai diritti degli altri e agli imperativi della vita sociale e, di conseguenza, al dovere di rispettare la reputazione delle persone oneste, il prestigio delle funzioni di responsabilità che sono al servizio del bene comune, il decoro della pubblica moralità. E evidente, ad esempio, che la pubblicità, quando ostenta le depravazioni umane o eccita gli istinti immorali, disonora la stampa, svisa la formazione del senso morale, specie nei giovani, e non potrebbe pretendere di essere giustificata - davanti all'autorità civile - col diritto all'informazione.

La Chiesa, in questo campo come in altri, non rivendica privilegi, e meno ancora monopoli. Essa riafferma semplicemente il diritto e il dovere di tutti gli uomini a rispondere alla chiamata divina e il diritto dei suoi figli di accedere all'uso di questi strumenti di comunicazione, nel rispetto dei legittimi diritti altrui. Ogni persona ed ogni gruppo sociale non aspira forse ad essere presentato secondo la propria autentica fisionomia? Anche la Chiesa ha diritto che l'opinione pubblica conosca la sua vera immagine, la sua dottrina, la sua missione, la sua vita.

Nel richiamare queste esigenze, noi speriamo di favorire la riconciliazione tra gli uomini, che può realizzarsi solo in un clima di rispetto, di ascolto fraterno, di ricerca della verità, di volontà di collaborazione. Siamo sicuri che questo invito troverà un'eco negli uomini di buona volontà, logorati da un condizionamento che rende schiavi e finisce per inasprire le già gravi tensioni. Ma ai nostri fratelli e figli nella fede, noi aggiungiamo: impegnatevi con tutte le forze per la riconciliazione all'interno della Chiesa, come vi invitava già la nostra Esortazione Apostolica dell'8 dicembre scorso. Gli strumenti della comunicazione sociale - lungi dal consolidare le opposizioni tra cristiani, dall'accentuare le polarizzazioni, dal sostenere gruppi di pressione, dal nutrire i particolarismi - si adoperino per la comprensione, per il rispetto e per l'accettazione degli altri nell'amore e nel perdono, per l'edificazione dell'unico Corpo di Cristo nella verità e nella carità. Al di fuori di questo ambito non esiste vero cristianesimo.

Questo è il rinnovamento fondamentale che noi imploriamo da Dio nell'Anno Santo, per i benemeriti promotori e per i ricettori delle comunicazioni sociali: grazie a queste possa la vera riconciliazione progredire tra i gruppi sociali, tra le nazioni, tra coloro che credono in Dio, e specialmente tra i discepoli di Cristo. E il Dio della pace benedica tutti coloro che vi si dedicano.

Dal Vaticano, 19 aprile 1975.

PAULUS PP. VI



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