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DISCORSO DI PAOLO VI
ALL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI BERGAMO

Lunedì, 8 giugno 1964

     

Siamo lieti ed onorati di accogliere visitatori tanto cari e tanto illustri, come quelli che Ci offrono l’occasione di incontrare il Signor Sindaco della Città di Bergamo, l’Avvocato Costantino Simoncini, insieme con la sua Giunta municipale, il Segretario Comunale, in rappresentanza anche dei Funzionari, degli Impiegati, degli Addetti al Comune, e di tutti i Cittadini, così che insieme Ci date la grata impressione della presenza più autorevole e più qualificata della medesima Città.

Cotesto attestato di filiale devozione alla Cattedra di San Pietro risveglia in Noi i sentimenti di particolarissima stima che Noi nutriamo per Bergamo: la sua storia, che la collega con le forti popolazioni orobiche, con le antiche impronte galliche e romane, con le più vetuste e venerabili tradizioni cristiane, con tutto il medio evo lombardo, con l’attività pastorale di San Carlo, con le vicende della dominazione veneta, con gli appassionati rivolgimenti politici del secolo scorso e con l’apporto alla vita italiana del nostro tempo, Ci è davanti allo spirito come una epopea d’un popolo forte e generoso, tutta improntata dal suo carattere buono, semplice e virile, ricco di virtù naturali e di affinamenti cristiani. Ci è presente la bellezza del suo panorama, la robusta eleganza dei suoi monumenti, la fecondità della sua tradizione artistica, architettonica, figurativa e musicale; Ci sta davanti agli occhi lo sviluppo delle sue modernissime industrie, la fecondità della sua pianura agricola, l’amenità e la grandezza dei suoi paesaggi alpestri, tutti disseminati da paesi laboriosi e industriosi. Ma soprattutto codesta visita Ci richiama allo spirito la bontà dei Bergamaschi; vogliamo dire la loro sincera, tenace, operosa professione di fede cattolica, la quale, mentre corrobora le qualità native di così solida e magnifica gente, ne feconda la capacità espressiva, palese nelle molteplici istituzioni culturali, sociali, benefiche, che mettono Bergamo all’avanguardia del cattolicesimo italiano.

Oh! quanto vorremmo dare lode, dare incoraggiamento a codesta espressione di vita cattolica nel concerto delle manifestazioni civili, sociali, religiose della nazione italiana, affinché da un lato Bergamo ricordi che nel suo carattere francamente cattolico ha legittima ragione di fierezza e di onore (di quella fierezza e di quell’onore che fanno risalire in riconoscenza ed in umiltà a Dio, datore d’ogni bene, l’origine di tanta fortuna); e dall’altro, affinché Bergamo senta d’avere in quello splendido carattere uno stringente impegno di fedeltà; una fedeltà non passiva, non puramente conservatrice, non pigramente rivolta a magnificare e a rimpiangere il passato, ma una fedeltà ardimentosa e geniale, tutta tesa a risolvere in bellezza e pienezza di vita il grande problema spirituale del tempo nostro: quello di trasfondere sostanzialmente intatto il patrimonio della tradizione morale e religiosa nelle forme proprie e irrecusabili della vita moderna; e questo non già come consegna d’un retaggio nobile, ma pesante ed inerte; ma come infusione di sempre vivo fermento a sempre nuove ed autentiche espressioni di umanesimo cristiano. Bergamo, diciamo inoltre, deve trovare nel suo carattere di città cattolica una missione di esempio di collaborazione, di animazione per altre città e altre diocesi, affinché il nome cattolico, al quale l’Italia, senza venir meno a se stessa, non può abdicare, non sia per il nostro popolo titolo vano o puramente convenzionale, non sia considerato freno al suo libero passo verso il progresso moderno, nè tanto meno gli sia tale nome imputabile come rimprovero di incoerente contegno verso la sua storia passata e verso la sua perenne missione civile.

Vedete, cari Bergamaschi, come parlando di voi a voi l’entusiasmo Ci prenda. È entusiasmo di stima, di affetto, di fiducia; l’entusiasmo di chi vuol bene, l’entusiasmo d’un amico e d’un padre.

E avremmo due altre ragioni per alimentarlo e per esprimerlo: la prima è data dalla origine della Nostra modesta persona e dalla esperienza del Nostro ministero pastorale: Brescia, la Nostra cara città d’origine e di formazione, non è solo vicina a Bergamo; le è sorella, per tanti aspetti ad essa simile e socia; così che i vincoli di parentela locale e spirituale delle due Città rende più facile, più convinto e più effusivo l’encomio, che Noi a voi ora tributiamo. Così Milano, che diede a Noi, come Metropolita della regione lombarda, titolo per meglio conoscere e per visitare Bergamo in memorabili circostanze, suggerisce a Noi di confermarle la Nostra riconoscente ed ammirata memoria.

L’altra ragion Ci è fornita dal ricordo del Nostro Predecessore amato e compianto, Papa Giovanni XXIII, che illustrò Bergamo, in faccia alla Chiesa ed al mondo, con i suoi scritti, con le sue virtù, con l’orare della sua elevazione al sommo Pontificato, con i favori che copiosamente le elargì, non che con la celebrazione, ch’Egli ne fece con profusione di memorie, di elogi, di benevolenza. Siamo lieti di raccogliere nei tesori spirituali, ereditati da così venerato Pontefice, la stima e l’affetto, ch’Egli ebbe per la sua amatissima Bergamo; e vogliamo assicurare la diletta Città di far Nostri a suo riguardo tali sentimenti, impartendo a Lei, Signor Sindaco, alle degne persone che qui Le fanno corona, al reverendissimo Monsignor Arcivescovo-Vescovo, a tutte le Autorità, al Clero ed ai Fedeli della cara e illustre terra bergamasca, la Nostra Apostolica Benedizione.

    



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