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DISCORSO DI PAOLO VI
NEL XX ANNIVERSARIO DI ATTIVITÀ
DEL CENTRO ITALIANO FEMMINILE

Domenica, 30 maggio 1965

 

Il Centro Italiano Femminile ha domandato e promosso questo incontro in occasione del ventesimo anniversario della sua fondazione: esso è presente con la sua Presidente centrale, con il suo Consulente nazionale, con le Presidenti Provinciali, con le varie Dirigenti e collaboratrici sia nazionali che provinciali e con circa tremilacinquecento gentili Signore appartenenti a questo ormai rinomato e benemerito organismo federativo delle organizzazioni cattoliche femminili italiane e delle diverse associazioni caritative, culturali, religiose, sociali femminili del campo cattolico o di professione cristiana, istituzioni delle quali è tuttora fiorente la nazione italiana.

SOLLECITUDINI DI IERI E DI OGGI

Salutiamo con grande rispetto e con grande compiacenza questo magnifico sodalizio: per aver avuto Noi stessi occasione di occuparci, secondo il mandato di Papa Pio XII Nostro venerato Predecessore, della sua fondazione; per averne poi seguito gli sviluppi, le difficoltà, le vicende del suo primo decennio di vita qui, a Roma, e del secondo decennio durante il Nostro ministero pastorale a Milano; lo salutiamo con soddisfazione altresì per l’incremento che il Centro Italiano Femminile ha conseguito, sia sotto l’aspetto organizzativo, che sotto quello operativo: l’attività molteplice e meritoria, compiuta dal Centro Femminile specialmente nel settore assistenziale e in quello della formazione della donna alla vita pubblica, è ormai a tutti ben nota, e non può non raccogliere anche da Noi un paterno ed esplicito suffragio di lode e d’incoraggiamento; e finalmente lo salutiamo per gli scopi che il Centro Femminile Italiano si propone per i suoi programmi per i suoi metodi, rivolti tutti a quel risveglio della coscienza della vita femminile, a quell’educazione, a quell’avviamento pratico e saggio nei nuovi uffici a lei competenti, che devono dare alla donna italiana, in forza dei principii cristiani, la sua moderna statura civile e morale, la sua più ampia capacità d’azione, la sua invitta fedeltà alla missione, che la società democratica da un lato, la Chiesa cattolica dall’altro, meritamente le riconoscono.

Ci vietano i limiti di tempo riservato a questo incontro di passare in rassegna gli anni trascorsi della breve ma intensa e polivalente vita del Centro Italiano Femminile, né tanto meno Ci è consentito di accennare ai tanti e troppi problemi, a cui esso si trova impegnato; ma supplisce al Nostro silenzio la sovrabbondante illustrazione della vita del C.I.F. stesso, storica, statistica, tematica, finalistica, che la Presidenza centrale, in analisi accurata ed in sintesi organica, offre alle partecipanti di questo ventennale convegno. Diremo soltanto, a questo proposito, che basterebbe il quadro amplissimo, che di tale vitalità è stato descritto, per fare la più bella apologia del Centro medesimo, per meritargli riconoscenza, per accordargli fiducia, per presagirne sempre migliore avvenire; e le partecipanti stesse faranno bene a prenderne attenta visione per convincersi sempre più dell’importanza di questo Ente, della serietà che lo distingue, della promessa che reca con sé, allo scopo di confermargli una positiva e operante adesione, e di allargarne, quanto meglio è possibile, la sfera d’azione.

LA VERA UMANA E CRISTIANA FEMMINILITÀ

Due punti Ci piace rilevare in modo speciale, non fosse altro a prova del Nostro interessamento. Il primo riguarda la funzione, che il Centro Italiano Femminile si assume, di fronte, di fianco, insieme con altri organismi interessati ai problemi della vita femminile nella società contemporanea: quella cioè di dare alla donna di oggi la coscienza sua propria.

A questa speciale riflessione ci richiama innanzi tutto la trasformazione della mentalità femminile, propria del nostro tempo, caratterizzato (come tra tante voci osserva quella autorevolissima del Nostro immediato Predecessore Papa Giovanni XXIII, di venerata memoria), dall’ingresso della donna nella vita pubblica, con una conseguente più chiara ed operante coscienza della propria dignità (Pacem in terris; A.A.S. 1963, p. 267). Se non che il processo sociale, che deve conferire alla donna un pieno riconoscimento dei suoi diritti, delle sue attitudini, delle sue responsabilità, non è tuttora completo, né sempre è fondato su principii sicuri; così occorre, da un lato, formulare con maggiore ampiezza ed energia tali principii dell’autentico femminismo e determinare certi criteri statutari circa la loro retta e benefica applicazione; e, dall’altro, occorre vigilare circa l’invasione, - l’irruzione, si potrebbe dire sotto certi aspetti -, d’una mentalità, che si compiace di attestarsi spregiudicata e sovvertitrice del costume femminile, non solo in quegli aspetti antiquati o contingenti, che possono essere oggetto di critica e di trasformazione, ma altresì di quei valori che devono in ogni caso costituire l’onore e l’impegno della vera, umana e cristiana femminilità.

«SI SCIRES DONUM DEI . . .»

Il Centro Femminile Italiano, solidale con i movimenti cattolici e con quanti altri fanno propria l’eredità ideale e morale della civiltà cristiana, farà bene a perseverare nell’affermazione e nella divulgazione di quelle premesse ideologiche, o, per meglio dire, di quegli insegnamenti dottrinali sui quali si fonda la giusta concezione femminista del Centro stesso, e dai quali trae origine, forma, vigore la sua provvida attività. Sarà questo un primo modo d’infondere nella coscienza della donna moderna quel senso di chiarezza e di sicurezza, che non sempre pare possedere il movimento femminista: ieri era l’inquietudine delle agitazioni rivendicative dei propri diritti, che lo caratterizzava; oggi l’inquietudine è penetrata negli spiriti; e l’emancipazione reclamata non è tanto rivolta alla abolizione ormai raggiunta della disuguaglianza sociale della donna rispetto ai diritti dell’uomo, quanto alla disgregazione dei criteri morali che ancora dànno una certa figura tradizionale alla donna, dalla quale figura la donna moderna, priva di luce cristiana, vuole affrancarsi, come da uno schema costringente e senza superstite valore, per godere di quella libertà ribelle e incondizionata, alla quale le correnti materialiste ed edoniste del nostro tempo l’hanno spregiudicatamente iniziata, ed a cui la corrosione interiore, logica e psicologica, del nichilismo esistenzialista la viene spietatamente educando.

AGIRE SECONDO I VALORI MORALI

«Si scires donum Dei! . . .», se tu conoscessi il dono di Dio (Io. 4, 10), suggerisce la voce del Vangelo, che voi potete ripetere all’anima femminile in cerca delle vie per la conquista di se stessi e della vita che la circonda. Tu sapresti, potete ben dire alla donna dei tempi nuovi, che la perfetta eguaglianza di natura e di dignità, e perciò di diritti, ti è attribuita fin dalla prima pagina della Sacra Scrittura, là dove la giustizia dovuta al tuo essere non consiste nell’assimilazione banale della tua vita al tipo di vita maschile, e nella negazione delle aspirazioni profonde proprie della tua anima, ma nel rispetto, nell’elevazione della tua femminilità, tanto più soddisfatta e felice quanto più riconosciuta nella distinzione, nell’originalità, nelle prerogative della sua psicologia e della sua funzione, che facendola complementare alla missione dell’uomo, non la deprezzano, non la avviliscono, ma la valorizzano per la sua eterna missione a servizio dei più alti valori della vita umana.

Sarà facile che, facendo l’apologia della genuina femminilità, da cui la coscienza della donna attinge la sua ispirazione, venga finalmente alle labbra un termine semplicissimo e naturalissimo, quello della qualifica morale, attribuito appunto ai più alti valori della vita umana; e può darsi anche che incontriate chi di tale termine «morale» non voglia più sentire parlare, come d’un termine ingenuo, buono per altri tempi, o come d’un termine antipatico e pericoloso, capace d’introdurre di soppiatto, nella nuova e libera espansione delle conquiste moderne, delle viete inibizioni, delle ingerenze estranee, dei ceppi autoritari, che ne arrestino la spontaneità, ne restringano l’ampiezza, ne mortifichino la capricciosa genialità. Noi vorremmo esortare voi, Donne italiane, Donne cristiane, a non arrossire, a non temere di parlare di valori morali, d’imperativi morali, quasi che fare ricorso ai concetti e alle realtà, ch’essi mettono in campo, vi escludesse dalla moderna conversazione. Tace quei valori, tace quegli imperativi chi li nega, chi li ha perduti, chi si arroga di offenderli, chi non pensa che le più alte espressioni dello spirito, come la verità, la giustizia, la libertà, l’onestà, la bontà, il coraggio, l’eroismo, si qualificano come morali. Tace questi valori e questi imperativi chi preferisce aprire facile corso ad espressioni inferiori dell’istinto, della passione, del paradosso, che sono pure espressioni umane, ma, lasciate a se stesse, attingono alle zone inferiori e irresponsabili del complesso essere umano; vivacissime, drammatiche e interessanti alle volte, ma ree troppo spesso di attentare all’ordine vero della vita, completo, organico, rivolto al trascendente, all’ordine morale, che altro appunto non è, se non l’esigenza superiore della vita.

Voi, Donne italiane, voi, Donne cristiane, non abbiate timore a farvi tutrici di tale esigenza: lascereste senza difesa l’innocenza, il decoro, la dignità del sentimento e del buon senso, quando tale difesa riguarda i vostri figliuoli, i vostri focolari, le vostre scuole, i vostri campi di lavoro, il vostro paese, e, diciamo pure, la grandezza, la bellezza, la sacralità della vostra capacità di amare? Non crediate con questo di arrestare o frenare l’ascesa della Donna nelle molteplici e meravigliose possibilità della buona, della nuova, dell’avventurosa vita moderna; pensate piuttosto che assicurando oggi nella coscienza della Donna i principii della sana e cristiana moralità, voi le offrite la base, la scala per le sue ascensioni.

UNITÀ ARMONICA ED EFFICIENTE
DELLE DONNE CREDENTI D’ITALIA

E pensate che tocca a voi, Donne italiane e Donne cristiane, riunite dai programmi del vostro attivo sodalizio, rigenerare, come dicevamo, tale coscienza, a tutti i livelli che fanno della vostra vita una vocazione ideale; della vostra vita di fanciulle, di fidanzate, di spose, di madri, di vedove. Ad ogni piano vi attende una bellezza, una dignità, una esemplarità, che fanno non solo la vostra grandezza e la vostra felicità, ma quella altresì della intera società, che ancora sia capace di godere della bellezza, della bontà, dell’amore, della vita, in una parola, e che la Chiesa, quasi canonizzando di santità codeste vocazioni, dolcemente, fortemente, colloca nella casa, nella scuola, nell’officina, nel campo, nell’ufficio, nel foro anche della pubblica vita, e sa che a comprendere la sua parola evangelica, a raccogliere la sua offerta di doni soprannaturali, pia, sensibile, costante, generosa, spesso eroica, nella comunità dei fedeli prima è la Donna.

Perciò è facile concludere accennando al secondo punto di questa Nostra esortazione; e cioè: siate unite. Ridate pieno significato al carattere federativo del vostro Centro, che intende accogliere il più largo numero di Enti femminili associati e di persone singole, che accanto a voi rompono il cerchio del proprio isolamento e si fanno collaboratrici della vostra carità sociale, nelle idee e nelle attività. Tale carattere, mentre consente alle singole unità, sia collettive che individuali, di conservare la loro autonomia, i loro peculiari aspetti e le loro singole finalità, dà armonia, dà efficienza, dà risalto rappresentativo a tutta la compagine delle Donne italiane credenti ed operanti per la rigenerazione civile e spirituale di questa diletta Nazione italiana.

Così credete e così operate, ottime e valorose Donne del Centro Italiano Femminile; e sappiate ch’è sopra di voi la Nostra Apostolica Benedizione.

                                        



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