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DISCORSO DI PAOLO VI
ALLE RELIGIOSE DELL'UNIONE DELLE SUPERIORE MAGGIORI

Lunedì, 16 maggio 1966

 

Vi accogliamo con paterna commozione, dilette Figlie, e, salutando voi, rivolgiamo il Nostro pensiero all’immensa schiera delle vostre Consorelle, che sono certo presenti spiritualmente qui con voi, in questo incontro con l’umile successore di S. Pietro. Ad esse va il Nostro saluto, pieno di rispetto, di gratitudine, di reverenza: a quante, nelle vostre famiglie religiose di varia denominazione e provenienza, pregano e lavorano lietamente e alacremente, quasi apes argumentosae, per gli interessi del Regno di Dio, per l’aiuto alla Chiesa, per il bene delle anime: a tutte le Suore d’Italia, umili e nascoste, generose e sacrificate, che spendono la vita nei conventi di clausura, o a contatto con i poveri, i bambini, i malati, i dimenticati dalla società; negli asili e nelle scuole, negli ospedali e negli orfanotrofi, nei seminari e nelle parrocchie, dietro una cattedra o dietro una macchina tipografica, negli umili servizi di ogni giorno come in delicati incarichi di apostolato.

RINNOVAMENTO PERFEZIONE SANTITÀ NELL'IMITARE CRISTO

A tutte il Nostro ringraziamento e il Nostro incoraggiamento, aperto e commosso.

E a tutte vogliamo dire: la Chiesa vi ama. Per quanto siete e per quanto fate in essa, per quanto dite, per quanto date: per la vostra preghiera, per la vostra rinuncia, per la vostra donazione. Avreste forse dubbi su questo amore della Chiesa per voi? No, certo: le parole dei Nostri Predecessori sono là, a testimoniarvi i sentimenti della Cattedra di Pietro verso di voi; i documenti conciliari, nei bellissimi passi dedicati alla santità e alla perfezione religiosa, come al rinnovamento della vita religiosa, sono anch’essi là a dimostrarvi quanto la Chiesa del tempo nostro vi prediliga, e quanto si aspetti da voi.

La Chiesa vi ama anzitutto per lo stato religioso scelto, perché avete voluto la parte migliore, quella che non vi sarà tolta (cfr. Luc. 10, 42). La vostra vita dice infatti ricerca di Cristo: Cristo messo in cima a tutti i pensieri, Cristo vissuto e testimoniato nel mondo, Cristo veduto e servito nei fratelli. La vostra vita è imitazione di Cristo, portando alla pienezza di sviluppo la consacrazione ricevuta nel Santo Battesimo: come ha detto il Concilio nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, «lo stato religioso più fedelmente imita e continuamente rappresenta nella Chiesa la forma di vita, che il Figlio di Dio abbracciò, quando venne nel mondo per fare la volontà del Padre, e che propose ai discepoli che lo seguivano» (n. 44). E ancora: per vostro mezzo la Chiesa presenta «Cristo ai fedeli e agli infedeli, o mentre Egli contempla sul monte, o annunzia il Regno di Dio alle turbe, o risana i malati e i feriti, e converte a miglior vita i peccatori, o benedice i fanciulli e fa del bene a tutti, e sempre obbedisce alla volontà del Padre che lo ha mandato» (ib., n. 46).

PREDILEZIONI DELLA CHIESA PER GLI ESEMPI ED I SERVIGI ALLE ANIME

In questa luce di imitazione di Cristo si comprende il significato della perfezione, conseguita e da conseguire, che è un continuo protendersi verso di Lui, secondo il pensiero paolino: «Per amore di Lui ho rinunziato a tutte le cose e le reputo come spazzatura, affinché io possa acquistare Cristo, ed essere trovato unito a Lui . . . Così io potrò conoscere Lui e la potenza della sua resurrezione, ed essere messo a parte dei suoi patimenti, trasformato in un’immagine della sua morte . . . Non che io abbia già conseguito la meta o abbia già raggiunto la perfezione, ma proseguo la mia corsa per vedere di conquistarla, poiché a tal fine io stesso fui conquistato da Cristo Gesù» (Phil. 3, 8-12).

Ancora in questa luce, la vostra vita presenta bisogni degni di considerazione, che la Chiesa non mancherà di tenere sempre presenti, affinché lo stato di vita consacrata, in tutti i suoi aspetti, umani e soprannaturali, sia avvalorato sempre di più, e possa corrispondere sempre più luminosamente all’ideale, di cui esso è specchio ed esempio.

La Chiesa vi ama, ancora, per ciò che le date, con la vita contemplativa e la vita attiva:

- vi ama per la fedeltà che voi professate a Cristo e allo spirito evangelico delle Beatitudini, delle quali siete nel mondo la testimonianza vivente;

- vi ama per l’esempio vivo e trascinatore che, nonostante tutto, nonostante critiche e avversioni, vi rende sommamente preziose: perché se c’è ancora nel mondo tanto e tanto bene, è anche perché c’è chi guarda a voi, anche se non ve lo dice, e trae dal vostro esempio la forza per mantenersi fedele, pur fra le difficoltà e le tentazioni;

- vi ama per i servizi, che le prestate, nella varietà della vostra vocazione, per l’efficacia con cui sostenete la sua preghiera, il suo apostolato, le sue lotte, col contributo continuo della vita spesa per lei. O no, non siete divenute estranee al mondo o inutili alla città terrestre: anche questo ha voluto dire il Concilio, quando ha sottolineato che i religiosi «anche se talora non assistono direttamente i loro contemporanei, li tengono tuttavia presenti in modo più profondo con la tenerezza di Cristo, e con essi collaborano spiritualmente, affinché l’edificazione della città terrena sia sempre fondata sul Signore e a Lui diretta, né avvenga che lavorino invano quelli che la stanno edificando» (Cost. cit. n. 46).

GENEROSA E FILIALE RISPONDENZA NELLA VIA REGALE DELLA CROCE

Per tutte queste ragioni la Chiesa vi ama. Ma lasciate che, a questo punto, vi facciamo una domanda: e voi, amate la Chiesa? Questo tempo di attesa del Divino Paraclito, nella prossima festa di Pentecoste, è propizio al raccoglimento proficuo, all’esame di coscienza, alle domande serie e forse anche inquietanti.

Amate la Chiesa? La Chiesa del Concilio, che ha voluto preoccuparsi di tutti i problemi della vita di oggi, di tutte le difficoltà dell’apostolato, di tutte le possibilità dell’evangelizzazione: non certo per smania di novità o per calcoli umani, ma per presentare al mondo il messaggio evangelico nella sua intatta bellezza, nel suo slancio missionario, nella sua apertura apostolica verso le anime da salvare? Con quale spirito avete accolto l’invito al rinnovamento, non certo delle immutabili strutture, ma di quanto nella Chiesa può far apparire stanchi, invecchiati, abitudinari i suoi metodi, appannata la sua giovanile freschezza, comoda la sua posizione, quieta la via regale della Croce? Con quale fiducia ne avete accolto le indicazioni nella fede vissuta e consapevole della sua autorità materna e dolce, che è espressione autentica della volontà del suo divino Fondatore? «In verità io vi dico che tutto ciò che legherete sulla terra, sarà legato nel cielo; e tutto ciò che scioglierete sulla terra, sarà sciolto nel cielo» (Matth. 18, 18).

TRE FONDAMENTALI INDICAZIONI DEL SUPREMO PASTORE

Siamo certi che tutte queste domande hanno già trovato, e trovano in voi, come in tutte le vostre Consorelle, la più piena e ardente adesione: e ve ne ringraziamo di cuore. Vorremmo tuttavia indicarvi tre particolari direzioni, sulle quali procedere in questa via di generoso amore alla Chiesa:

- anzitutto la sempre più cosciente partecipazione alla liturgia, come ha indicato il Decreto conciliare sul rinnovamento della vita religiosa: i religiosi, ha detto, «compiano le funzioni liturgiche, soprattutto il sacrosanto mistero dell’Eucaristia, con le disposizioni interne ed esterne volute dalla Chiesa, ed alimentino presso questa ricchissima fonte la propria vita spirituale» (n. 66);

- inoltre, la familiarità con i libri ispirati dell’Antico e, specialmente, del Nuovo Testamento secondo l’invito del Concilio: «Abbiano quotidianamente fra le mani la Sacra Scrittura, affinché dalla lettura e dalla meditazione dei Libri Sacri imparino “la sovreminente scienza di Gesù Cristo” (Phil. 3, 8) . . . In tal modo, nutriti alla mensa della divina Legge e del sacro altare, amino fraternamente le membra di Cristo; con spirito filiale circondino di riverenza e di affetto i Pastori; sempre più intensamente vivano e sentano con la Chiesa, e si mettano a completo servizio della sua missione» (27.);

- infine, raccomandiamo il senso comunitario, che non può certo mancare quando siano posti questi fondamenti così saldi e corroboranti: infatti la liturgia, e soprattutto la vita eucaristica, alimenta essenzialmente la carità dei singoli membri del Corpo Mistico, impedendo alla pietà di anchilosarsi nella sterilità di forme individualistiche e sentimentali; la conoscenza della Scrittura, inoltre, con gli ampi panorami ch’essa apre sulla storia e sullo sviluppo del Popolo di Dio, non può che dare idee aperte, solide, nutrienti, su questo dovere comunitario. E dove meglio esso può brillare in esempio, che nelle famiglie religiose, le quali fanno della vita comune la loro forma caratteristica, aperta a tutti gli sguardi come testimonianza vivente della presenza di Cristo? Ubi caritas et amor, Deus ibi est. Congregavit nos in unum Christi amor.

Ecco, dilette Figlie, quanto oggi abbiamo voluto dirvi. Portate alle vostre Case le parole del Nostro compiacimento, la espressione delle Nostre speranze, l’incoraggiamento delle Nostre consegne. A tanto vi conforti la preghiera, che eleviamo per voi e per tutte le vostre Consorelle: con la Nostra particolare Apostolica Benedizione.

                                                         



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