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DISCORSO DI PAOLO VI
A CHIUSURA DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO

Sabato, 18 febbraio 1967

 

Il Santo Padre desidera esprimere - come già in simili precedenti circostanze - i suoi ringraziamenti quasi a suggello e a conclusione degli Esercizi Spirituali, svoltisi nella Cappella Matilde del palazzo apostolico vaticano.

Il primo atto della nostra sentita riconoscenza - Egli spiega - va al Signore, che ci ha accordato la felice opportunità di alcune giornate di fervoroso raccoglimento nella stessa Casa dove lavoriamo e partecipiamo a tanti avvenimenti e manifestazioni sacre, che ci impegnano e ci attraggono. L’aver ottenuto anche alcuni momenti di silenzio, di riflessione, di preghiera speciale; e comunitaria, unita, tutta intesa all’amore per il Divino Maestro e al perfezionamento delle nostre anime, ci sembra insigne privilegio. È un breve periodo di intensa e felice spiritualità, di cui appunto dobbiamo essere molto grati al Signore. Non saremmo perciò saggi ed avveduti, se non recitassimo, con il più premuroso affetto verso Dio, Datore d’ogni grazia e perfezione, l’agimus Tibi gratias . . .

Il secondo ringraziamento - prosegue il Santo Padre - va a coloro che hanno partecipato a questi Esercizi Spirituali. E ben di cuore Egli intende formularlo per i Signori Cardinali, per i Prelati e per gli altri membri della Curia Romana, che hanno voluto assistere, insieme con il Papa, alla pia pratica: un gruppo eletto che ha bene vissuto le brevi ma così preziose giornate di meditazione e di preghiera. È un edificante esempio dato a tutto il Clero Romano, alla Chiesa, a cui abbiamo l’onore di appartenere; e costituisce un profondo conforto per il Padre delle anime, notando, Egli, che i Suoi più vicini collaboratori con Lui pensano, pregano e sono intenti alla ricerca delle vie di Dio.

Altro ringraziamento, quindi, al Padre Predicatore per il ministero della parola, mediante la quale ci ha portati a contemplare e a godere il grande quadro del mistero della Salvezza. Ben volentieri - tiene a precisare Sua Santità - noi accogliamo il suggerimento dei propositi che il Predicatore ci ha elencati. Il primo è quello di tenere presente questo mirabile quadro. Siamo tentati nella vita quotidiana, da varie distrazioni, ad abbassare lo sguardo alle cose di questo mondo, anche se sono buone, impegnative e oneste. Ma il considerare il panorama delle realtà divine in cui la nostra vita si muove - e questo abbiamo fatto nel succedersi degli Esercizi - deve essere quasi una visione stabile, permanente dinnanzi al nostro spirito. Prolungheremo in maniera adeguata tale contemplazione - anche per accogliere il suggerimento or ora datoci - nel periodo del «tempus acceptabile» , l’attuale santa Quaresima, per concluderla nei santi e luminosi giorni pasquali.

Senza dubbio tutto ciò, oltre ad essere dovere d’ogni sacerdote e d’ogni comunità cristiana, è obbligo singolare e importantissimo per noi Romani. Noi pensiamo, infatti, che siccome questi Misteri hanno in Roma la loro celebrazione perfetta negli imponenti e solenni Riti, devono suscitare, altresì, profonde e sentite rispondenze negli animi, particolarmente in quanti svolgono attività operative o rappresentative nella Santa Sede. Insistiamo dunque, realmente, nel chiedere al Signore, con la nostra promessa e le nostre orazioni, di poter celebrare bene, secondo i suoi doni e la sua grazia, la santa e benedetta festa di Pasqua.

Infine un paterno invito. Quale sintesi fiduciosa del devoto corso di Esercizi, di quanto abbiamo meditato, sentito e promesso, riapriamo le finestre; cioè guardiamo il mondo, in cui queste realtà soprannaturali vengono pure a trovarsi, mediante il nostro ministero. La visione si fa allora estremamente interessante e pure dolorosamente drammatica.

Questo mondo ci ascolta? Come possiamo comunicare i tesori di cui il Signore ci rende depositari e che a noi largisce con abbondanza incommensurabile? In che modo agiremo per farci capire, per accostarci alla odierna società, la quale, nel fermento del suo stesso progresso, sembra dimenticarsi di Cristo e sfuggire alla propria vocazione?

Il nostro ministero si ripresenta: accogliamolo e diffondiamolo nella rinvigorita e confermata volontà di aderirvi con tutto il cuore, impiegandovi ogni nostra energia, in piena cognizione delle nostre insufficienze, ma anche con salda fiducia che il Signore sarà sempre tra noi.

Con questo augurio, desiderio e auspicio, il Santo Padre dona a tutti, raccomandandosi alle preghiere di ciascuno, la sua Benedizione Apostolica.

                                         



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