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DISCORSO DI PAOLO VI
AL SACRO COLLEGIO DEI CARDINALI

Lunedì, 23 giugno 1969

 

Signori Cardinali!

Grazie dei vostri auguri. Grazie al Signor Cardinale Decano, che per tutti se ne rende interprete con la sua abituale cortesia e con il suo autorevole realismo. L’espressione di sentimenti così nobili e così ispirati dalla coscienza dell’ufficio apostolico a Noi affidato e da voi efficacemente coadiuvato nel suo non facile esercizio, mediante la comune comprensione del mistero della Chiesa, dal quale esso deriva, mediante l’adesione spirituale e pratica alla Nostra quotidiana fatica, mediante la visione vigilante ed amorosa dei bisogni e delle speranze del nostro tempo, Ci è di grande conforto; e, mentre sostiene l’animo Nostro nel compimento dei suoi ardui doveri, Ci obbliga ad una sincera ed umile riflessione sulla sproporzione fra le Nostre troppe esigue forze personali e le immense e soverchianti esigenze dei Nostri doveri, così da apprezzare sopratutto nei voti, che amabilmente Ci presentate, l’assicurazione delle vostre preghiere per ottenere dal Signore quell’ausilio, che solo può colmare le Nostre deficienze, dare efficacia all’opera Nostra, ottenere per Noi e per la Chiesa e l’umanità intera, che portiamo nel cuore, le grazie di luce e di salvezza proprie della divina misericordia.

GRAVI DIFFICOLTÀ

Un più trepido desiderio, un più intrepido proposito di assoluta fedeltà al Nostro impegno apostolico Ci nascono perciò nel cuore, e sentiamo sorgere in Noi una maggiore fiducia che Colui il Quale solo regge le sorti della sua Chiesa guiderà il cammino del Nostro pontificato, secondo i suoi misteriosi e sempre amorosi disegni (cfr. Phil. 1, 6; 1 Petr. 5, 10).

Ella, Signor Cardinale, ha accennato ad alcune difficoltà che in tale cammino Noi oggi incontriamo. Ebbene, sì, esse esistono, e a tutti sono note. Sono anzi più varie e più numerose che non quelle a cui Ella si riferisce.

Alcune di queste difficoltà Ci sembra nascondano pericoli gravi per la Chiesa di Dio, e costituiscano pesanti responsabilità per coloro che ne sono causa; due maggiori fra le tante. E sono: un minore senso dell’ortodossia dottrinale verso quel geloso «deposito» della fede (cfr. 1 Tim. 6, 20), che la Chiesa ha ereditato dalla originaria predicazione apostolica, espressa nella Sacra Scrittura e nella autentica Tradizione, e che essa ha scrupolosamente meditato e attestato nel suo responsabile insegnamento, sotto la guida, promessa da Cristo (Io. 16, 13) dello Spirito Santo (cfr. Cost. Dei Verbum, n. 8). E parimente Ci sembra causa di molteplici malanni, che tutti dobbiamo deplorare se davvero amiamo la Chiesa, una certa diffusa sfiducia verso l’esercizio del ministero gerarchico che, per mandato di Cristo, unisce e guida il Popolo di Dio ai vari livelli della sua compagine. Oggi non è facile avere un posto di responsabilità nella Chiesa. Non è facile reggere una diocesi, e ben comprendiamo le condizioni nelle quali debbono svolgere il loro compito i Nostri Fratelli nell’Episcopato. Non possiamo poi essere insensibili alle critiche, non tutte esatte, e non tutte giuste, né sempre riguardose e opportune, che da varie parti si rivolgono verso questa Sede Apostolica, sotto l’appellativo più facilmente vulnerabile di Curia Romana. Ci sarebbe facile e fors’anche doveroso rettificare certe asserzioni relative a queste dense e conclamate obiezioni: ma pensiamo che il Popolo di Dio, informato della verità delle cose, e illuminato dalla speranza, che procede dalla carità, lo potrà fare facilmente da sé. Noi diremo soltanto che meditiamo serenamente le rimostranze rivolte verso questa Sede Apostolica, con un duplice sentimento nell’animo: quello d’umile e sincera obiettività, pronta a considerare le ragioni plausibili di questi contrastanti atteggiamenti, disposta a modificare le posizioni puramente giuridiche esistenti, quando risulti ragionevole il farlo, desiderosi come siamo di rinnovare continuamente ed interiormente lo spirito della legislazione canonica, per un migliore servizio della Chiesa e per uno sviluppo benefico ed efficace della sua missione nel mondo contemporaneo e parimente con la propensione a comprendere e ad accogliere le buone aspirazioni particolari di un legittimo pluralismo nell’unità. Prova di questo Nostro sentimento, anzi di questo proposito, da voi condiviso e da tutta la Curia Romana, sono la convocazione del Sinodo straordinario, e il grande lavoro in corso della revisione del Diritto Canonico mediante larghe e molteplici consultazioni; come lo sono i continui atti da Noi emanati e dai Dicasteri della Curia medesima, quello, ad esempio, lungamente studiato e d’imminente pubblicazione circa la funzione delle Rappresentanze Pontificie, in conformità al voto del Concilio (cfr. Decreto Christus Dominus, n. 9); così diciamo dei numerosi e susseguenti documenti circa la riforma liturgica, anch’essa voluta dal Concilio, di cui Noi intendiamo fedelmente mandare ad esecuzione la volontà. Possiamo anche aggiungere che è Nostro intendimento raccogliere con amorosa attenzione le varie voci, che si sono espresse nella Chiesa, circa il rinnovamento della vita sacerdotale, per ascoltarne le aspirazioni conformi al vero concetto del Sacerdozio cattolico e del suo indispensabile ministero, alla sua confacente preparazione, al suo migliore perfezionamento, alla sua organica partecipazione alla vita diocesana, al suo più efficace inserimento nella moderna società.

FIDUCIA NEL POPOLO DI DIO

L’altro sentimento è quello di una grande fiducia, che non vogliamo negare a quelle stesse persone, da cui provengono le contestazioni e le deviazioni, alle quali facevamo cenno, perché vogliamo ammettere in questi figli della Santa Chiesa una loro intenzionale rettitudine di fondo e vogliamo insieme riconoscere il perpetuo bisogno che le cose nostre hanno di correggersi e di perfezionarsi; bisogno tanto più urgente quanto maggiori sono le odierne esigenze di un continuo rinnovamento ecclesiale. Ma, com’è ovvio, la Nostra maggiore fiducia per la difesa e per l’incremento della Chiesa in quest’ora importante è nella Chiesa stessa: è nell’Episcopato, è nel Clero, è nei Religiosi, è nel Laicato cattolico, è nella schiera incalcolabile delle anime buone, che in silenzio pregano, lavorano, soffrono per la causa del Regno di Cristo. A quanti giunge notizia di questo Nostro affidamento sulla loro cooperazione sappiano che li abbiamo molto cari, che li esortiamo a crescere nel fervore e nell’operosità, che preghiamo per loro e che di cuore li benediciamo (cfr. Phil. 1, 8-11).

Ed ora concedeteCi qualche altro momento della vostra benevola ascoltazione.

È ormai abituale in questi Nostri incontri con Voi, Signori Cardinali, spingere il Nostro sguardo all’orizzonte delle Nazioni, vicine e lontane, tutte prossime al Nostro cuore, ed aprirvi il Nostro animo su problemi e situazioni che costituiscono motivo di apprensione per l’umana famiglia ed ostacolo alla tanto auspicata intesa tra i popoli e ad una più stretta collaborazione tra le Nazioni, nell’interesse supremo della pace. Non vi meraviglierete se anche questa volta lo facciamo, benché, purtroppo, per ripetere sentimenti, angosce, voti ed esortazioni ben note, più che per confidarvi notizie di risultati, o di speranze, di realizzazioni già in atto. Valga, questo Nostro ripeterli, almeno a ricordare alla Cristianità e all’umanità - portata talvolta a non avvertire più, come è doveroso, situazioni che si prolungano negli anni - dolori e pericoli che esigono di essere risolutamente affrontati nell’interesse di chi ne è vittima e del mondo intero.

DOLORI E SPERANZE NEL MONDO

Vietnam

Ed il Nostro pensiero corre subito a quel lembo di terra dell’Estremo Oriente, dove tuttora sono in corso aspri combattimenti e vaste operazioni belliche.

È veramente triste il dover notare come nel Vietnam le nuove generazioni neppure sappiano che cosa significhi la parola pace. E che cosa possono pensare bambini e giovani, i quali attorno a sé non vedono che rovine e distruzioni; non sentono parlare che di azioni militari, di atti di terrorismo e di sabotaggio; non odono che il crepitío delle mitraglie e lo scoppio assordante di bombe, oppure ascoltano inviti ad una continua vigilanza per non essere vittime di insidiosi pericoli che ovunque li circondano?

La Provvidenza, nella sua bontà, ci riserva spesso la possibilità di incontri con gruppi di vietnamiti, che a Noi accorrono per udire una parola di incoraggiamento, di sostegno e di speranza. E sentiamo una stretta al cuore, nello scorgere su quei volti un’ansia ed un desiderio: l’ansia ed il desiderio di poter finalmente sperimentare nella loro vita che cosa sia la pace, quali frutti comporti la pace.

Per il ritorno della tranquillità, dell’ordine e della pace nel già tanto provato Vietnam, voi ben lo sapete quanto abbiamo fatto e ciò che vorremmo fare.

Ancora una volta vogliamo rinnovare a tutte le parti coinvolte nel conflitto il Nostro pressante ed accorato appello ad affrettare l’avvento della pace; quella pace vera che, per essere giusta e duratura, deve assicurare il rispetto della persona umana e rispondere pienamente alle legittime aspirazioni di coloro che a non altro aspirano se non alla libertà e all’indipendenza della loro Patria.

Alla considerazione poi di coloro ai quali è stato affidato l’arduo compito di gettare le basi di questa pace, Noi vorremmo richiamare un problema che per il suo carattere umano merita il Nostro particolare interessamento; il problema cioè di due speciali categorie delle vittime del conflitto: quella dei profughi, dei derelitti c di quanti sono costretti ad abbandonare il proprio focolare, e quella dei prigionieri, per i quali spesso anche l’impossibilità di avere contatti epistolari con i propri cari rende ancor più triste e duro l’esilio.

Le cronache non danno talvolta il dovuto risalto a questa angosciosa realtà del conflitto vietnamita; ma quanto Ci è dato conoscere basta per rendere vivo il Nostro dolore.

Norme ed ordinamenti internazionali regolano il trattamento che deve essere riservato ai prigionieri di guerra. Noi facciamo voti nell’interesse comune che come tali siano considerati quelli caduti in mano avversaria e convenientemente trattati. Ad ogni modo, al di sopra di ciò che è formalmente sancito, altre norme esistono non meno vincolanti: sono quelle del sentimento umano di rispetto e di compassione, che dovrebbero ispirare l’azione delle Autorità responsabili verso questi combattenti ad una magnanimità più grande e più nobile.

Per questa speciale categoria di persone colpite dolorosamente dalle conseguenze del conflitto, Noi osiamo rinnovare la Nostra preghiera, perché meno triste e penosa sia resa la loro sorte.

Abbiamo visto con piacere che, tra i vari piani avanzati da parti interessate, per la soluzione negoziata del conflitto, figura anche quello relativo ai prigionieri. Vorremmo perciò sperare che, convenientemente risolto questo punto, anche il cammino verso la pace divenga più spedito.

Nigeria

Del pari, il Nostro pensiero non può non tornare alle regioni nigeriane, dove purtroppo perdura - con le sue atroci conseguenze di sofferenze e di lutti - l’aspro conflitto fraterno.

Quante volte - anche nei giorni ultimamente passati - abbiamo fatto appello alle due parti in lotta e a qualsiasi altra Autorità, che Ci è stato consentito di avvicinare, o di fare avvicinare, perché tutto il possibile fosse fatto per sostituire le trattative alle armi, nella ricerca di una soluzione onorevole e soddisfacente per tutti!

Il mondo sembra talvolta essersi ormai assuefatto a quella dolorosissima vicenda, e manca così al suo dovere di solidarietà umana e cristiana. È solidarietà quella che invia il pane ai bambini e agli innocenti che muoiono di fame; non è solidarietà quella che alimenta con armi la guerra fratricida; è solidarietà quella che ricerca ed attua ogni tentativo per indurre le parti a una ragionevole conclusione del conflitto; non è solidarietà quella che se ne disinteressa, fosse anche soltanto per lo scoraggiamento prodotto dai passi già invano compiuti.

Abbiamo fatto sapere e ripetiamo che Noi siamo pronti a fare qualsiasi cosa, a intraprendere qualsiasi iniziativa in Nostro potere, per favorire incontri di pace. La Santa Sede non parteggia per nessuna delle parti in guerra; non ha propri interessi legati all’una o all’altra soluzione. Il solo Nostro interesse è l’adempimento del Nostro mandato di pace e di carità.

Medio Oriente

La inquietante situazione nel Medio Oriente poi non può non far riflettere sul pericolo che la fragile tregua, rotta da frequenti episodi bellici, possa degenerare in più ampi conflitti e condurre ad altre irreparabili rovine.

Dinanzi all’urgenza del problema e alla gravità delle circostanze, le quattro Potenze alle quali sono riconosciute maggiori possibilità d’influsso, anche per la speciale condizione ad esse fatta nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, hanno iniziato, com’è noto, lo scorso aprile, conversazioni nel quadro della Risoluzione delle Nazioni Unite, del 22 novembre 1967, e nell’intento di facilitare la missione dell’Inviato nel Medio Oriente del Segretario Generale dell’ONU.

Questo fatto ha ravvivato non illegittime speranze di una prossima intesa, per un regolamento concordato delle varie questioni.

Convinti, come siamo, che i mezzi pacifici sono l’unica via civile e umana per comporre i dissidi tra i popoli, non possiamo non considerare favorevolmente tale iniziativa e auguriamo che un accordo sia raggiunto, in modo da favorire una soluzione che si presenti onorevole e duratura per le parti in contrasto.

Sempre è presente nel Nostro animo il pensiero degli interessi specialissimi. che il mondo cattolico e la cristianità intera affermano a buon diritto per la tutela dei Luoghi Santi, delle istituzioni e delle genti cristiane in quella Terra benedetta e tormentata; e non Ci abbandona la segreta speranza che la comune fede religiosa monoteista di quelle popolazioni concorra finalmente a stabilire onorevolmente fra loro la giustizia e la pace.

Non dimentichiamo perciò mai, nella Nostra preghiera al Signore, quanti soffrono e quanti si trovano in pericolo, e non abbiamo tralasciato occasione, nei Nostri incontri con Autorità e persone sulle quali gravano responsabilità negli affari internazionali, per parlare del Medio Oriente, e per secondare ogni possibile tentativo e sforzo di pacificazione, richiamando segnatamente l’importanza del problema dei rifugiati.

La Santa Sede è sempre disposta a dare tutto l’appoggio e l’aiuto che le sarà possibile ad ogni seria ed utile iniziativa in tale senso.

La Nostra attenzione cordiale e spirituale è altresì attirata verso altre situazioni, ben differenti da quelle ora accennate e ben diverse fra loro, ma tutte, a vario titolo, ora meritevoli del Nostro particolare interesse, come quelle dell’America Latina, dei Paesi dell’Europa Orientale e dell’Africa, dove Ci proponiamo prossimamente di recarCi.

Sono motivo di apprensione per il Nostro cuore di Padre e di Pastore, le tensioni che, per un complesso di circostanze, vanno acuendosi in alcuni Paesi. A tali tensioni non è estraneo, Noi pensiamo, il ritardato riconoscimento di legittime aspirazioni della persona umana, quali la libertà e la giustizia, maturate nella coscienza contemporanea e capaci di creare un ambiente di serena ed operante collaborazione tra le classi sociali.

Noi formuliamo ardenti voti affinché, soprattutto nei Paesi di antica e radicata tradizione cristiana, i responsabili della cosa pubblica si sentano incoraggiati a mettere in atto tutti i mezzi in loro potere per soddisfare quelle ragionevoli aspirazioni ed assicurare ai loro popoli un quieto e insieme dinamico vivere sociale.

Spagna

Un pensiero di paterno affetto, non privo di qualche apprensione, Ci consentirete di rivolgere alla Spagna, a quei nostri venerati Fratelli nell’Ordine Episcopale, ai Figli carissimi fra tutti, che l’ordine sacro rende parimente nostri Fratelli e collaboratori nel ministero della salvezza, al mondo operaio, ai giovani e al popolo tutto di quella diletta Nazione.

Certe situazioni non lasciano talvolta quei Nostri Figli indifferenti, e provocano reazioni che non possono certo trovare sufficiente giustificazione nell’impeto di una giovanile esuberanza, ma possono tuttavia suggerire almeno una indulgente comprensione. Noi auspichiamo per quel nobile Paese ordinato e pacifico progresso, e auguriamo a tale scopo che non venga meno il sapiente coraggio nella promozione della giustizia sociale, i cui principi la Chiesa ha così spesso chiaramente delineati.

Ai Vescovi, pertanto, che sappiamo lodevolmente impegnati nell’annuncio fedele del Vangelo, rivolgiamo preghiera di svolgere anche una infaticabile opera di pace e di distensione, per portare avanti con lungimirante chiaroveggenza, l’affermazione del Regno di Dio in tutte le sue dimensioni. La presenza attiva dei Pastori in mezzo al gregge - e Ci auguriamo possa avvenire con sollecitudine anche per le diocesi vacanti - e la loro opera sempre inconfondibile di uomini di Chiesa varranno a scongiurare il ripetersi di episodi incresciosi e condurrà - ne siamo certi - sul retto cammino specialmente le buone aspirazioni del Clero, e soprattutto di quello più giovane.

Ai Sacerdoti tutti inviamo una paterna benedicente parola di incoraggiamento, di conforto e di augurio, facendo voti che .essi abbiano sempre davanti a sé nitida la visione dei loro primordiali doveri, operando in stretta unione con i loro Vescovi.

LA QUESTIONE DELLA GIOVENTÙ

Vi sono altre questioni di grande interesse, che non tanto si riferiscono a luoghi determinati, quanto piuttosto alle condizioni spirituali degli uomini del nostro tempo; e prima fra esse è la questione della gioventù, oggi attraversata da inquietudini strane e pericolose, e nello stesso tempo aperta a più alte concezioni della vita, che non quelle d’una società tecnicamente e culturalmente progredita, ma priva di superiori e sicuri ideali morali e religiosi. Accenniamo a tutti questi aspetti dell’ora presente, affinché vogliate ricordarvi quanto sia grave e insieme impegnativo il compito Nostro, e vogliate esserCi larghi della vostra indulgenza e dell’aiuto dell’opera vostra e delle vostre preghiere.

Una notizia

Profittiamo infine di quest’occasione per anticipare a voi una notizia, che riguarda un nuovo ed insigne membro del Sacro Collegio, e tocca da vicino gli interessi della Chiesa in Italia e sotto certi aspetti anche quelli di tutta la Chiesa. Abbiamo nominato Arcivescovo di Cagliari il Signor Cardinale Sebastiano Baggio. Siamo convinti d’aver compiuto un atto significativo ed importante per due precipui motivi; e cioè per immettere nella vita pastorale un Ecclesiastico di grandi attitudini, da lui egregiamente dimostrate nel servizio diplomatico della Santa Sede e con grande Nostra soddisfazione. Avremmo potuto e voluto trattenerlo vicino a Noi per l’utilità di qualche Dicastero della Curia Romana (ch’egli del resto continuerà a servire con la sua esperta e preziosa collaborazione); ma, conoscendo quale preparazione e simpatia egli abbia per il ministero giovanile e popolare, abbiamo profittato della sua generosa ed esemplare disponibilità per affidargli un incarico, che stimiamo molto importante e ben degno d’un Cardinale di Santa Romana Chiesa. E l’altro motivo di questa deliberazione si è il desiderio Nostro di onorare la sede arcivescovile di Cagliari e di dare ad essa, come alla Chiesa di Sardegna, un Pastore per coltura, per virtù e per zelo quanto mai idoneo all’incremento spirituale dell’arcidiocesi e dell’isola intera. Non sarà per il Card. Baggio senza valore di merito e di esempio l’accettazione della missione pastorale che gli abbiamo offerta, come certo non sarà senza frutto per la gloria di Cristo e la causa della Chiesa sarda e italiana l’opera sua, che Noi colmiamo fin d’ora con le Nostre benedizioni.

IL SINODO EPISCOPALE STRAORDINARIO

E un’ultima parola. Come già accennato sopra, è convocato per il prossimo Ottobre, a Roma, come è stato annunciato, il Sinodo Episcopale straordinario Ecco davvero un avvenimento importante per il tema principale che sarà trattato in quella occasione: le Conferenze Episcopali, nuove e perfezionate strutture nella Chiesa cattolica, che per le funzioni ad esse riconosciute e conferite, per la fisionomia etnico-canonica che esse rivestono, per il decentramento e per le relazioni ch’esse mettono in essere rispetto alla Sede Apostolica, per i rapporti ch’esse potranno fra loro stabilire, rappresentano un passo significativo nell’attuazione del Concilio ecumenico, il quale, se compiuto con saggezza ed equilibrio, potrà valorizzare con migliore evidenza e con maggiore funzionalità le due note caratteristiche della Chiesa medesima: la sua cattolicità e la sua unità, secondo il progrediente disegno di Cristo nella nostra storia pellegrina verso l’incontro finale di Lui, nostro Signore e nostro Amore.

Grati di questa vostra visita, Signori Cardinali, tutti di cuore vi benediciamo.



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