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DISCORSO DI PAOLO VI
AI REDATTORI E COLLABORATORI DEL
VOLUME
«PAOLO VI E BRESCIA»

Giovedì, 16 marzo 1972

 

Ecco Brescia a noi presente in una cospicua rappresentanza, presieduta dal caro e venerato Vescovo della nostra amatissima Diocesi d’origine, Monsignor Luigi Morstabilini. Non possiamo nascondere la nostra commozione e la nostra soddisfazione; e subito vogliamo ricambiare insieme col nostro cordiale saluto l’espressione della nostra viva riconoscenza. È la vostra una visita che tocca il cuore, e impedisce più che favorisca l’effusione, per l’onda dei sentimenti e dei ricordi, che ci nasce nell’animo, delle parole adeguate a così singolare e gradita circostanza. Grazie, grazie di cuore. Immaginiamo che cosa significa per persone come le vostre organizzare in comitiva un viaggio romano; e vediamo anche in codesta simultanea presenza un segno di particolare premura, che accresce la nostra riconoscenza ed aumenta il nostro piacere di accogliervi insieme.

Ma vi è di più. Le parole che Monsignor Vescovo ci ha rivolte conferiscono un significato speciale alla vostra visita, volendo essa ancora ricordare il nostro giubileo sacerdotale, recentemente compiuto e richiamare al nostro spirito il titolo particolarissimo che ci fa appartenere alla Diocesi dei Santi Filastrio e Gaudenzio e dei Martiri Faustino e Giovita, come voi e con voi: noi siamo stati educati e ordinati sacerdoti a Brescia. La cortesia di codesta venuta conferisce inoltre a questo momento d’incontro una particolare intensità emotiva per il fatto che voi venite per offrirci un bellissimo volume insignito di un titolo, che ci fa allo stesso tempo gioire e trepidare: «Paolo VI e Brescia», per il rapporto che intende confermare ed illustrare fra la nostra umile persona e la nostra gloriosa Città. Sappiamo poi che il libro contiene un saggio affettuosamente selezionato di alcune nostre parole ed un gruppo di scritti originali dovuti a valenti ed a troppo benevoli autori, dei quali alcuni qui presenti, parole e scritti intesi a mettere in vista qualche aspetto della nostra attività durante il lungo periodo del nostro ministero sacerdotale.

Codesto dono, presentato nel quadro d’un'Udienza confidenziale, sì, ma anche ufficiale, e preparato con tanto studio e con tanta cura dalla cara e valorosa Società Editrice «La Scuola», non ci può lasciare insensibili. Un libro simile ci riguarda personalmente, e ci obbliga oltre che a ricambiare con abbondanza fuori misura i più vivi ringraziamenti, a qualificare subito il duplice aspetto della testimonianza documentata dalle pagine del volume in questione.

Essa, diremo dapprima, è una testimonianza eccessiva ed indebita per quanto tocca la nostra modesta persona. Senza nulla togliere alla riconoscenza che vi è dovuta, dovremo dire che una simile pubblicazione suscita in noi non poco disagio, non per una reazione d’umiltà convenzionale, ma per un doveroso ossequio alla verità. Noi conosciamo i nostri limiti personali, ed anche - che il Signore ce le perdoni - le nostre deficienze. Pare a noi che chi ha composto codesta opera abbia usato soverchiamente le lenti d’ingrandimento; saremmo tentati d’intervenire per protestare e per correggere per restituire al suo protagonista le proporzioni veramente esigue della sua statura; e ciò non per abbassare quella dell’altissimo e formidabile ufficio, che la Provvidenza ci ha conferito nella Chiesa di Dio, ma per ravvisare con voi e con quanti ci guardano e ci osservano inseriti nella autentica e misteriosa successione apostolica di Pietro l’osservanza d’un normale criterio selettivo dell’economia divina nel governo della sua Chiesa (criterio che soffre di cospicue eccezioni, come tutti sanno, ma evidente nel caso nostro); criterio così formulato da San Paolo: «quae stulta sunt mundi elegit Deus» (1 Cor. 1, 27). È, come si sa, l’arte del Signore per mettere in evidenza la causa ed il merito della sua paradossale azione nell’esecuzione dei suoi disegni di sapienza e di misericordia; così che per noi l’essere al posto in cui ci trovate è motivo piuttosto di confusione che di convalida delle tante belle e buone cose, di cui il vostro libro ci fa regalo. E sotto questo aspetto avrei da farvi la raccomandazione di non considerare codesta bella pubblicazione un libro di storia.

Ma testimonianza essa è, sotto un altro aspetto, che riguarda più voi, anzi più Brescia, che noi. Essa è un documento della vostra bontà; voi vi siete rispecchiati, nella fedeltà della vostra memoria per un concittadino, che in fondo ben poco o nulla ha fatto per la sua Diocesi d’origine e che non ha mantenuto stretti rapporti con la vita locale. La lode dovuta all’opera oggi a noi presentata a voi ritorna: essa ha il pregio d’un’amicizia preziosa, d’una comunione di sentimenti a noi carissima e per voi molto onorevole, d’una fedeltà alla Chiesa che ben dice il vigore perenne e rinascente della vostra tradizione cattolica.

E dobbiamo aggiungere che se qualche cosa è sembrato a voi meritevole d’essere messo in vista nel disegno della nostra vita, questo è vostro, giacché noi da voi lo abbiamo attinto e ricevuto. E sotto cotesto aspetto dobbiamo dire che il libro è molto bello, non solo per le emozioni spirituali ch’esso suscita in noi, ma per il merito delle persone che in esso sono ricordate, a cominciare dai nostri Familiari, che il Signore ci ha dati, veramente incomparabili per virtù umane e cristiane, per passare poi alla rassegna commovente e edificante degli Educatori, dei Maestri, degli Amici, di tante Persone degnissime incontrate a Brescia nel primo periodo della nostra vita; Sacerdoti ammirabili, Laici valorosissimi ed esemplari, Istituzioni operanti in stile di milizia e di carità cristiana, atmosfera di fede e di azione impregnata di non comune spirito di sincera pietà religiosa e di virili sentimenti civili e sociali.

Non diciamo di più per non essere incolpati di preferenze e di omissioni involontarie. Ma resti per voi l’elogio di quanto cotesto libro dice di noi. E consentiteci di tradurre l’elogio in esortazione: siate Bresciani; siate i Bresciani che incontrate in codeste pagine. Vorremmo anzi raccomandarvi d’avere cara e meglio conosciuta la vostra tradizione religiosa e civile, e non solo della generazione che fu la nostra, ma altresì la storia, non sempre abbastanza onorata, dei tempi andati, che sono pieni di avvenimenti significativi e di personaggi degni di memoria.

E identificando, nella posizione geografica e nella storia in cui Dio collocò la vostra e la nostra Brescia, la missione assegnatale per il tempo presente, sappiate tenervi fede: diciamo solo per titoli: il lavoro, sia industriale che agricolo, con intenzionale riguardo alla sua presente evoluzione tecnica e sociale; la cultura, specialmente nelle sue istituzioni scolastiche (ecco qui «La Scuola», la cui vita è tutta un programma!); e finalmente la sana e profonda religiosità, che nella fede cattolica trova la sorgente ed il vigore delle caratteristiche virtù bresciane, la franchezza specialmente e la bontà.

A vostro onore questo non è solo programma da attuare, ma è programma in perseverante e tenace sforzo di attuazione; in modo tale che non solo voi potete avere la soddisfazione di avere un Papa per concittadino, ma a maggior ragione questo Papa è grato a Dio e riconoscente a voi d’essere Bresciano.

A voi tutti, presenti di persona o in ispirito, la nostra affettuosa e grande Benedizione Apostolica.

                                             



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