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DISCORSO DI PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO NAZIONALE
DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

Mercoledì, 20 settembre 1972

 

Venerati fratelli e cari figli e figlie in Cristo,

Il denso programma di lavori del Congresso Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, che vi tiene impegnati in questi giorni, non vi ha impedito di farci visita, per darci segno della vostra attività e per ascoltare la nostra parola. Ve ne siamo veramente grati, carissimi. A nostra volta, voi lo vedete, noi teniamo a ricevervi separatamente in questa mattinata carica di Udienze e intrattenerci, sia pur brevemente, con voi soli. Questo vi dica con quanta attenzione seguiamo le vostre attività e quanta speranza in voi riponiamo.

Il vostro Congresso si svolge quest’anno nella ricorrenza di tre date, che intende commemorare: l’istituzione della S. Congregazione «de Propaganda Fide», avvenuta nel 1622, la nascita dell’Opera della Propagazione della Fede, nel 1822, e il cinquantesimo della elevazione a «pontificie» delle Opere della Propagazione della Fede, del Clero Indigeno e della S. Infanzia. Commemorazione doverosa, questa, perché tali date devono considerarsi come altrettante tappe decisive nella storia delle missioni cattoliche e della cooperazione missionaria.

Carissimi figli! Quanta consolazione ci procura la vostra presenza al Congresso, la quale, anche solo per il numero dei partecipanti, ci assicura che voi avete preso sul serio questo incontro fraterno. Sappiamo anche che non si tratta di una commemorazione puramente accademica, ma che voi intendete prendere motivo da questa circostanza per rispecchiarvi nello spirito delle Opere a cui dedicate le vostre energie, per costatare la fedeltà alle stesse e sforzarvi di renderle sempre più adeguate ai tempi, come strumento principale a servizio della Chiesa universale per l’evangelizzazione dei popoli. Ciò conforta in noi la speranza di un efficace rilancio della cooperazione missionaria fra i cattolici italiani, che è manifestazione della loro vitalità religiosa.

Non abbiamo bisogno di ricordarvi quanto ci stia a cuore la vostra azione generosa, umile, instancabile, per mantenere vivo in seno al Popolo di Dio lo spirito missionario e sensibilizzarlo sempre più circa le sue responsabilità verso il mondo ancora da evangelizzare. Si tratta certamente di un mondo che pone di fronte alla Chiesa problemi formidabili e che in alcune parti si chiude volontariamente al Vangelo; ma non bisogna dimenticare anche le immense possibilità, un tempo impensate, che esso offre alla penetrazione universale e simultanea del messaggio evangelico. Rinunciare a questa provvidenziale situazione per scarsità di mezzi e di vocazioni, significherebbe per la Chiesa perdere un appuntamento con la storia, con l’ora di Dio, e ciò con danni incalcolabili per il suo avvenire.

Come in ogni campo della vita pastorale, anche nel vostro settore il confronto della tradizionale concezione della cooperazione missionaria con le nuove aperture e i nuovi metodi che si appellano al Concilio e alle mutate condizioni dei tempi, possono creare gravi difficoltà. Non per questo dovete diminuire il vostro impegno. Rimanete serenamente aperti a tutto ciò che di nuovo sembra valido, e, senza sconfessare il passato o distruggere valori acquisiti, sforzatevi di identificarlo, «nova et vetera», apportando nella soluzione dei vari problemi, il contributo che la Chiesa ha dato con i suoi insegnamenti, con la dottrina del Concilio e l’esperienza dei suoi missionari. E mantenete inoltre un sano ottimismo, sorretti da una duplice incrollabile fiducia, sulla quale, come su due ali, deve librarsi il vostro lavoro verso nuove conquiste: fiducia nella vostra fatica, perché lavorare per le Pontificie Opere Missionarie non è soltanto apostolato autentico, ma significa altresì - come abbiamo ricordato nel Messaggio per la Giornata Missionaria di quest’anno - tener lontano «l’asfissia spirituale, nella quale oggi tristemente si dibattono in seno alla Chiesa Cattolica tanti individui e istituzioni»; e fiducia in Cristo, che è con voi, vive con voi, e si serve della vostra collaborazione per entrare a contatto di quelle sterminate moltitudini, ancora prive della luce dell’Evangelo, le cui aspirazioni ad una vita più consona alla dignità umana sono come tutto un grido, forse inconsapevole, verso la sua presenza, verso la sua grazia, verso la sua salvezza.

L’Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo a voi qui presenti e a tutti i vostri collaboratori, valga come espressione della nostra gratitudine per quanto voi fate, e insieme sia pegno dell’assistenza divina.

                                                



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