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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AL COMITATO CENTRALE DELL’ANNO SANTO

Giovedì, 22 gennaio 1976

 

Signor Cardinale e Figli carissimi
del Comitato Centrale per l’Anno Santo!

E’ per noi un incontro atteso e gradito la visita che oggi ci fate, mentre perdura vivissima, nonostante il veloce trascorrere dei giorni, l’eco delle celebrazioni giubilari, culminate nella notte sacra della Natività del Signore col rito di chiusura della Porta Santa. È un’eco che ci procura ancora consolazione e letizia, perché abbiamo tuttora dinanzi agli occhi la visione delle folle che in misura ininterrotta e crescente, sono accorse tanto numerose a venerare le «Memorie Apostoliche» (Cfr. PAULI PP. VI Apostolorum Limina): la nostra mente rievoca con commozione le raccolte assemblee di preghiera, le frequenti manifestazioni di fede religiosa, l’omaggio a noi reso dai pellegrini, la varietà multicolore dei gruppi, lo spettacolo di universale rappresentatività e, se si può solo tentare di intravedere quel che è «passato» all’interno delle coscienze, è già possibile tracciare - sulla base dei dati e delle elaborazioni statistiche - un primo positivo, seppure esterno, bilancio consuntivo.

Da un tale contesto non può certo esser separato o distaccato il vostro e nostro Comitato Centrale. Che cosa, infatti, esso è stato per il Giubileo, testé concluso? È stato l’organo propulsivo e, diremmo, il motore che ha garantito il regolare funzionamento della necessaria «macchina» organizzativa. Non staremo qui a ricordare quale struttura, molto semplice ma efficace, avesse questo Organismo dinanzi a chi ben lo conosce, per averne fatto parte, a diversi livelli, a seconda delle rispettive attribuzioni o per la natura delle responsabilità. Noi desideriamo, piuttosto, riconoscere i meriti ed elogiare la solerzia che vi ha costantemente distinti, già nel periodo preparatorio ed ancor più nel corso dell’Anno Santo, sostenendovi in un lavoro incessante e delicato, a volte urgente e non di rado accompagnato a personali sacrifici. Ci piace, pertanto, ripensare alle molteplici iniziative, e salutare distintamente i componenti delle diverse Commissioni, le quali, preposte a definiti settori d’attività nell’ambito di codesto Comitato, hanno programmato nelle singole sue fasi e nell’articolato ordine delle celebrazioni di salutare evento ecclesiale. Dalle Commissioni per l’assistenza dei pellegrini - integrata e coadiuvata, quest’ultima, dalla «Peregrinatio Romana ad Petri Sedem» - alla Commissione per i giovani ed a quelle incaricate delle funzioni sacre e delle manifestazioni culturali, da tutte è stata avviata e svolta un’intensa opera di sensibilizzazione e di aiuto, dalla quale è dipesa, in gran parte, la riuscita dell’Anno Santo. E come non ricordare - ché ne siamo stati testimoni diretti – le settimanali assemblee in Piazza San Pietro per la recita del Rosario Mariano e per l’esercizio della Via Crucis, ed ancora il ministero sacramentale dei Confessori e dei Penitenzieri nelle Basiliche Patriarcali, come pure le prestazioni volontarie degli Animatori Spirituali? C’è stato, insomma, tutto un congiungimento di sforzi e di energie ad un unico, nobilissimo fine.

Dopo questi doverosi riconoscimenti, vi diremo ancora alcuni dei motivi che fondano la nostra gratitudine. Dobbiamo, anzitutto, ringraziarvi perché di fatto, dal momento dell’annuncio alla conclusione del Giubileo, vi siete trovati quasi soli ad affrontare la mole del lavoro organizzativo e coordinativo, perché è mancata, purtroppo, quella collaborazione, che pure era lecito attendersi. Il vostro è stato, dunque, un indispensabile e prezioso servizio reso alla Chiesa Cattolica, che nel tempo di grazia, da poco terminato - vero tempus acceptabile, diremo con San Paolo (Cor. 6, 2) - aveva convocato i suoi figli invitandoli a partecipare all’Anno Santo, «per essere convertiti nella penitenza, ritemprati nella carità ed uniti maggiormente con i fratelli» (PAULI PP. VI Apostolorum Limina, 1). Grazie appunto al vostro impegno, esso ha avuto l’auspicato e positivo svolgimento, mentre si è potuto supplire abbastanza bene alle accennate carenze.

Ma c’è di più: voi avete resistito, fin dall’inizio, alla tentazione dello scetticismo e della sfiducia. Si diceva da alcuni che l’humus culturale, la mentalità moderna, l’inarrestabile processo di secolarizzazione compromettevano in partenza la celebrazione ed erano di ostacolo all’idea stessa del Giubileo, concepito a torto come anacronistico residuato dell’età medievale. Ma questi dubbi, prospettati ed anche esagerati da certa pubblicistica, non vi hanno sfiorato, e neppure le esitazioni o riserve e, talora, le contestazioni hanno impedito il vostro lavoro né diminuito il vostro impegno.

E dobbiamo, altresì, ricordare che avete lavorato con forze numericamente esigue: non molti, infatti, erano gli officiali assegnati a codesto Organismo e, se pure man mano che i quadri organizzativi si venivano completando, si sono aggiunte altre persone, grave e quotidiano era il peso di quel che c’era da fare. Basta solo pensare all’ovvia esigenza di stabilire contatti ed intese, alla quantità della corrispondenza, al gran numero dei destinatari, quali le Conferenze Episcopali, i Comitati diocesani e nazionali, i vari enti e le stesse persone private.

Grazie, dunque, figli carissimi, per la continuità, l’assiduità, il fervore che avete dimostrato, offrendo alla comunità ecclesiale l’esempio di un generoso servizio!

Ora l’Anno Santo è passato, è finito, è chiuso. Se ne riparlerà nel Duemila! Dunque, ormai si smobilita? Certo, il Giubileo come evento a cadenza venticinquennale, come tappa saliente nella storia religiosa del nostro secolo - chi non ricorda la bella immagine che propone gli Anni Santi come quattuor tempora saeculi? - ha già avuto la sua conclusione; ma la sua sostanza spirituale, il suo contenuto penitenziale, la sua peculiare tematica di chiara ascendenza biblica e, soprattutto, di stampo evangelico (Cfr. Marc. 1, 15; Matth. 4, 17), sono qualcosa di permanente, contengono elementi intrinseci alla fede cristiana, e son dunque destinati ad avere ulteriore sviluppo. Esso - vogliam dire - contiene una materia di per sé inesauribile. Si conclude, sì, la straordinarietà dell’evento giubilare, ma devono rimanere e perdurare i suoi ideali di riconciliazione e di rinnovamento, il suo richiamo, il suo messaggio, il suo spirito e - Dio voglia - i suoi frutti di santità e di vita soprannaturale.

Quanto a voi, dopo aver tenuto l’ultima riunione, cessano ormai le vostre funzioni e prestazioni, tanto meritorie da valervi la riconoscenza di tutto il Popolo di Dio e la nostra personale gratitudine; ma deve in voi restare la consapevolezza dell’importante lavoro compiuto e, con essa, un sentimento di interiore e legittima soddisfazione. Oh quei frutti, che già son derivati a tanti nostri fratelli e figli della Chiesa, possano moltiplicarsi e crescere e maturare rigogliosi in voi e per voi. Questo è l’augurio che, con animo paternamente affettuoso ed in pegno delle più ampie ricompense del Signore, porgiamo ora a ciascuno di voi e che confermiamo volentieri con una speciale Benedizione Apostolica. Così sia!

                         



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