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PENSIERI DEL SANTO PADRE PAOLO VI
PER LA SOLENNITÀ DELL’ASCENSIONE

Giovedì, 19 maggio 1977

 

Oggi la festività dell’Ascensione non è più celebrata in Italia; ma lo è ancora nella Città del Vaticano, almeno finché altre disposizioni non estendano il provvedimento anche a questo territorio. Perciò noi qui la ricordiamo. E ricorderemo sempre, con l’aiuto di Dio, la festa del Mistero dell’Ascensione di Nostro Signore al Cielo, anche quando la celebrazione festiva di questo avvenimento sia per tutti trasferita alla successiva domenica. Perché dobbiamo sapere che si tratta di un trasferimento, non di una abolizione. Il culto a Cristo glorioso, che si sottrae alla scena sensibile e temporale di questo mondo, rimane, e noi dovremo renderlo tanto più cosciente e più operante quanto meno necessità d’ordine pratico consentono l’osservanza del calendario che gli sarebbe dovuta.

Perché non dovremo mai dimenticare che la nostra vita è legata mirabilmente all’al di là, allo stato nuovo e misterioso dell’esistenza divino-umana di Gesù Cristo, con il quale noi, se fedeli, già comunichiamo, anche se ora la nostra esperienza è tuttora enigmatica (1 Cor. 13, 12): come dice San Paolo, e come prevede il Profeta Isaia: «orecchio non ha udito, occhio non ha veduto, ciò che Dio ha fatto per chi confida in lui» (Is. 64, 3).

Questo riferimento al Cristo celeste, il quale pur già accompagna il nostro faticoso pellegrinaggio nel tempo (Matth. 28, 20), rende, per così dire, bivalente la nostra terrena esistenza, ch’è parte nella realtà fuggitiva e spesso dolorosa, e parte nella speranza della pienezza futura, e la fa buona, fiduciosa e forte. Dunque onoriamo e invochiamo il Cristo celeste per vivere sapientemente la vita presente, sospesa a quella futura. Dalla quale Maria già ci tende la mano.

                                



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