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PIO XII

ESORTAZIONE APOSTOLICA

ASPERIS COMMOTI

AI SACERDOTI E AI CHIERICI CHIAMATI ALLE ARMI

 

Tra le pungenti preoccupazioni addensatesi nell’animo Nostro per l’infierire di una guerra da Noi invano e con ogni mezzo deprecata, è particolarmente sentita quella che Ci viene dalla penosa situazione vostra, dilettissimi sacerdoti e chierici, che dai vostri spirituali ministeri o pacifici studi siete oggi per forza di cose subitamente allontanati e condotti in pieno mondo militare e bellico.

Non assuefatti al genere di vita che ora conducete, eccovi all’improvviso portati a servire nelle caserme, negli ospedali, nelle ambulanze e perfino nelle file dei combattenti, gli uni con funzioni di Cappellani, gli altri — e sono i più — con uffici di ben diverso genere da quelli a cui la vostra vocazione vi ha destinati.

Vi seguono dapperttutto, con vigile premura, i Vicari Castrensi o Cappellani maggiori, e della loro assistenza, oculata e paterna, Ci rassicurano la buona organizzazione, l’attività incessante, le illuminate iniziative. La loro opera, preziosa in tutti i sensi e ricca di sacrifici, si rivela in ogni paese sommamente efficace, ispirata com’è alla più profonda coscienza del dovere. Ricordandola a voi e confermandole la Nostra fiducia, Noi intendiamo segnalarla in pari tempo alla vostra gratitudine e a quello spirito di volenterosa docilità, che è fattore necessario del suo efficace funzionamento.

Affinché poi non vi manchino gli spirituali conforti di cui avete bisogno, sia per voi che nell’esercizio del vostro ministero, è Nostra intenzione di concedere a tutti i Vicari Castrensi o Cappellani maggiori delle nazioni o regioni nelle quali esiste o esisterà lo stato di guerra o di mobilitazione — ferme restando le facoltà ordinarie già accordate — nuove e straordinarie facoltà, che vi siano pegno dell’affettuosa premura con cui Noi paternamente vi seguiamo nell’angustia della prova.

Ma l’azione da Noi assegnata ai Vicari Castrensi o Cappellani maggiori non dispensa Noi stessi dal venire a voi direttamente per aprirvi l’animo Nostro e in così straordinaria contingenza esortarvi a guardare da vicino i doveri inerenti alle vostre nuove condizioni di vita per compierli senza riserve nello spirito della vostra stessa vocazione.

Anche se aveste mutato l’abito, non deve in voi mutare lo spirito. Questo deve accompagnarvi fra le armi non altrimenti che nell’esercizio del vostro sacerdozio. Chi oggi permette che vi troviate fuori delle vostre abitudini di studio e di lavoro, è quello stesso Padre celeste che vi chiamò all’Altare. Egli vi chiamò — ricordàtelo! — non per fare di voi puri e semplici ministri del culto (non è soltanto questo il sacerdozio cattolico), ma altresì per avere in voi ministri della Parola, propagatori del Vangelo, vivi rappresentanti del suo Cristo, per portarne a tutti la conoscenza, per suscitarne in tutti il desiderio, per accenderne in tutti l’amore. È vostro il programma di San Paolo, il quale si gloriava di non saper altro e di non portar altro alle genti se non Cristo, e Cristo crocifisso. E lo portava con la sua vita non meno che con la parola, in ogni luogo, in ogni congiuntura, in privato e in pubblico, sotto il libero cielo come nelle catene: onde dalla stessa prigione dove riceveva quanti andavano da lui e predicava liberamente il Regno di Dio, egli poteva scrivere ai Filippesi: «Or voglio che voi sappiate, o fratelli, come le cose avvenutemi hanno maggiormente contribuito al progresso del Vangelo »(1).

Oggi Iddio ha permesso che lasciate le ordinarie occupazioni, foste messi in contatto con uomini d’ogni educazione, d’ogni costume, d’ogni cultura e d’ogni fede, spesso alieni da Dio, ignari di Gesù Cristo e del suo Vangelo, vuoti di sentimento religioso, di tutt’altro solleciti che dell’anima e delle cose che la riguardano per la sua eterna salute. Gente cui ripugnava spesso venir da voi per ricevere la parola salvatrice e con essa la Grazia del Salvatore Nostro Gesù, Iddio ve la conduce da presso mandando voi da loro, facendovi loro compagni di fatiche, di stenti, di pericoli, di sacrifizi d’ogni genere.

Sappiate valutare l’ora che passa. Non vogliate giudicare le circostanze, alle quali son dovute le attuali vostre condizioni, da un punto di vista puramente umano, ma sappiate riconoscere in esse la volontà, sempre buona, del Padre celeste, che dai mali sa ricavare il bene e dal fatto della vostra chiamata alle armi vuol trarre, pur tra tante rovine, anime a salvezza, riconducendole per mezzo vostro sulle vie della fede e dell’onestà cristiana. Tutto può giovarvi a questo nuovo apostolato; e chi più ha zelo sacerdotale più trova alla mano, ad ogni passo, vie aperte ed occasioni propizie.

Ma voi soprattutto — e intendiamo dire la vostra persona — dovete essere in mezzo alle armi il vivente apostolato di Gesù Cristo. E lo sarete, anche senza parola, se alla vostra vocazione farete onore, anzitutto, con la esemplare fedeltà ai vostri nuovi doveri e con la più irreprensibile condotta. Quello che San Paolo diceva ai Filippesi per esortarli a far onore alla loro fede nell’ambiente pagano in cui vivevano, Noi pertanto ripetiamo a voi: « Sia la vostra condotta degna del Vangelo »(2).

E aggiungeremo con lui: « Ogni cosa fate senza querimonie e discussioni, affinché siate irreprensibili e sinceri, figliuoli di Dio senza macchia in mezzo a generazione perversa e corrotta, tra cui splendete come luminari del mondo »(3).

Trasparisca in voi sempre il ministro di Dio. E questo vostro carattere se deve far di voi uomini di dovere, esemplarmente ubbidienti alle autorità senza offesa della legge di Dio e pronti al sacrificio, non deve però, non può in nessun modo e per nessuna ragione, farvi ligi all’ambiente in quanto abbia di leggiero, di corrotto, di biasimevole.

Particolarmente austera dev’essere la vostra condotta morale, senza compromessi, né concessioni, né debolezze, perché sia richiamo ed esempio. Austerità questa che ben si associa con la mansuetudine del cuore, per la quale voi dovete farvi tutto a tutti per guadagnar tutti a Gesù Cristo, ed è inoltre perfettamente consona all’austera disciplina della milizia, di questa proprio il coraggio; e di coraggio voi dovete essere maestri per affermare in ogni congiuntura, con serena libertà e indipendenza, il vostro carattere sacerdotale o la vostra iniziazione al sacerdozio.

Che se lo spirito del Vangelo è spirito di libertà e vi consente di farvi, come l’Apostolo, servi di tutti, pur essendo liberi da tutti, per guadagnare maggior numero(4), dell’Apostolo altresì vi sarà spesso necessario richiamare a norma della vostra condotta le salutari parole, piene di tanta saggezza: «Tutto mi è permesso, ma non tutto mi giova; tutto mi è permesso, ma non tutto è in edificazione »(5).

In tal modo voi eserciterete sull’ambiente un’azione salutare; e nel segreto delle anime introdurrete — consapevoli o no — più o meno di quel buon seme di cui Gesù ha detto, che gettato che sia in terra, barbica e cresce senza che il seminatore ci badi(6).

Avrete così la coscienza di non aver tradito la vostra missione e di aver reso a Gesù Cristo — al vostro divin Maestro — la buona testimonianza in mezzo al più vario mondo che sia dato di concepire. Per voi ogni classe sociale, ogni professione libera o meccanica, ogni cultura, ogni forma di spirito avrà udito ancora una volta, tra i rumori delle armi il messaggio evangelico di redenzione; e non su voi peserà il peccato di far credere ai vostri compagni d’armi che non risponde nei discepoli di Cristo e nelle loro guide la vita all’insegnamento. Avrete guadagnato alla Chiesa stima e simpatie; e le amicizie personali che nel vostro servizio militare dignitosamente compiuto vi è dato di contrarre, saranno facilmente anch’esse conquista di anime o via a conquiste.

Non vi cada dall’animo il monito dato ai fedeli dall’Apostolo, nei gloriosi tempi nei quali attraverso le sofferenze si preparava il trionfo della Chiesa: « Non ti far vincere dal male, ma vinci col bene il male »(7).

Voi vedete, figli carissimi, quale campo di bene apre al vostro zelo la divina Provvidenza nell’atto stesso che sembra allontanarvi dal vostro santo ministero o dalla immediata preparazione ad esso. È una missione, che deve esaltare ogni sincero cuore di sacerdote o di levita, e deve attenuare per lui, se non annullargli del tutto, i sacrifizi che le eccezionali condizioni del presente gl’impongono. Del resto, non sono i sacrifizi che fecondano l’azione come fecondano l’insegnamento? E non è soffrendo, più che lavorando, che si rende alla Verità la buona testimonianza? Aggiungete il guadagno vostro personale: intendiamo dire quello dello spirito. Quali esperienze di uomini e di cose non vi è dato di realizzare per la vostra migliore condotta, attraverso le vicende varie e spinose di questo vostro servizio!

L’esperienza sarà precisamente quella che vi farà maturi nella virtù e per essa all’apostolato. Nulla perderà del suo tempo il vostro sacerdozio per questa che sembra nient’altro che una dannosa parentesi nella vostra vita: nulla, se voi avrete senno e camminerete sotto gli occhi di Dio, non lasciando la sua benedetta mano, la quale, pur conducendovi per aspri sentieri — in regione deserta, impervia ed arida — vuol guidarvi al bene e in alto.

Ma camminare sotto gli occhi di Dio e non lasciare la sua mano vuoi dire — voi lo sapete — coltivar con fervore la pietà cristiana, per la quale sola vi è dato di mantener alto lo spirito e caldo il cuore nel desiderio del Bene. Come questo sia possibile anche in mezzo alle armi, potete intenderlo, all’infuori d’ogni altra prova, se della pietà evangelica avete presenti gli esempi che il mondo stesso delle armi ha dato con tante nobili figure di cristiani e di santi. In un ambiente non dissimile dal vostro essi riuscirono a vivere in Dio e di Dio, dominati come furono da questa idea centrale, radicata nel loro cuore: il compimento della divina volontà in tutti i loro doveri. Vedere la volontà del Signore sempre, in tutto e dappertutto, e consentirvi nonostante le ripugnanze della natura; ecco lo sforzo che quotidianamente vi s’impone, la via breve, facile, sicura di quella pietà che è, in mezzo ai presenti pericoli, il baluardo della vostra vocazione sacerdotale, come in tutto il corso della vita deve essere la sorgente alimentatrice e fecondatrice di ogni vostra intrapresa.

Affinché però di questa divina volontà sia in voi abituale e vivace il ricordo, è necessario — chi può dubitarne? — che lo spirito di preghiera, lungi dal languire in voi per l’impedimento dei nuovi doveri, più che mai arda nel vostro cuore e sia in questo assiduamente alimentato, oltre che dal Santo Sacrifizio della vostra Messa, dalla fervorosa partecipazione alla Mensa dei forti, da tutto ciò che la costante esperienza dei fedeli, sotto l’impulso dello Spirito di Dio, ha dimostrato eminentemente efficace a proteggere dal male e a stimolar l’anima a virtù e a perfezione. Difficilmente vi è nella vita del cristiano, soprattutto del sacerdote, situazione tale che possa togliere all’anima volenterosa la possibilità di raccoglimento quotidiano per ripiegarsi su se stessa, in pie meditazioni, in sincere indagini della coscienza, in fervorose adorazioni ai piedi del Maestro a cui serviamo e che dai suoi Tabernacoli, così spesso deserti, è sempre in attesa d’illuminare con la sua parola e di corroborare con la sua Grazia.

Nutritevi, figli dilettissimi, quanto più intensamente potete, di questa pietà. Se essa vi accompagna nell’ardua prova alla quale il Signore vi vuole, questa sarà da voi attraversata con vostro vantaggio spirituale e con abbondante frutto per le anime dei fratelli, alle quali non c’è nulla che il ministro del Vangelo non debba essere pronto a dare, operando e soffrendo.

Avrete, al cospetto del mondo, che oggi vi guarda con particolare interesse, fatto onore al sacerdozio cattolico, e alla Chiesa di cui portate tanto peso di responsabilità. Avrete ben meritato della patria stessa, di cui il vostro esempio avrà confortato i figli in un’ora così grave per le sue fortune, e cooperando efficacemente alla tranquillità del loro spirito, ne avrà sorretto il coraggio e aumentato il rendimento.

Vi benediranno a gara spose e madri, che la vostra carità avrà consolato in mille modi nella persona dei loro cari. Con la sua approvazione vi premierà la vostra coscienza, per la quale sentirete, anche nelle presenti circostanze, non diminuito ma elevato anzi il vostro sacerdozio nello spirito, nell’azione, nel sacrifizio.

E soprattutto — premio trascendente ogni umana ricompensa — sentirete nel vostro cuore, palpitante di umile gioia, risonare con l’accento della Verità infallibile quasi encomio anticipato del supremo vostro duce, Gesù, la promessa evangelica: «Chiunque mi riconoscerà innanzi agli uomini, io lo riconoscerò innanzi al Padre mio che è nei cieli »(8).

Nella ferma speranza che tutto ciò si realizzi per voi, Noi vi accompagniamo, figli carissimi, con paterni voti per la vostra incolumità materiale, per la vostra salvezza dai pericoli, per la vostra spirituale prosperità. E mentre chiediamo al Signore che abbrevi per voi e per tutti gli altri i giorni della prova, e, restituita al mondo la pace, restituisca voi stessi alle vostre tranquille sedi di pastorale lavoro o di cultura preparatoria ad esso, vi inviamo di cuore, come pegno della Nostra paterna benevolenza, la confortatrice Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il giorno 8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, l’anno 1939, primo del Nostro Pontificato.


1 Phil., 1, 12.

2 Phil., 1, 27.

3 Phil., 11, 14-15.

4 1 Cor., IX, 19.

5 1 Cor., X, 22-23.

6 Marc., IV, 26 seq.

7 Rom., XII, 21.

8 Matth., X, 32.

 



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