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PIO XII

LETTERA ENCICLICA

AD SINARUM GENTEM(1)

PATERNE ESORTAZIONI
ALLA CHIESA CATTOLICA IN CINA

 

Circa tre anni fa inviammo la lettera apostolica Cupimus imprimis (2) al popolo cinese, a Noi tanto caro, e in modo speciale a voi, venerabili fratelli e diletti figli, che professate la religione cattolica, non soltanto per esprimervi la Nostra partecipazione alle vostre angosce, ma.anche per esortarvi paternamente ad adempiere tutti i doveri della religione cristiana con quella risoluta fedeltà, che qualche volta esige un'eroica fortezza; e nel momento presente, Noi, unitamente alle vostre preghiere, innalziamo un'altra volta le Nostre a Dio onnipotente e Padre delle misericordie, affinché «come il sole di nuovo brilla dopo le tempeste e le procelle, così dopo tante angustie, sconvolgimenti e sofferenze, tornino finalmente a risplendere sulla vostra chiesa la pace, la tranquillità e la libertà».(3)

In questi ultimi anni, purtroppo, le condizioni della chiesa cattolica in mezzo a voi non sono per niente migliorate; anzi sono aumentate le accuse e le calunnie contro questa apostolica sede e contro coloro che si mantengono ad essa fedeli; è stato espulso il nunzio apostolico, che presso di voi rappresentava la Nostra persona; e si sono intensificate le insidie per ingannare le persone meno illuminate.

Però - come già vi abbiamo scritto - «voi opponete la fermezza della vostra volontà alle insidie, anche se presentate con astuzia, con inganno o con false apparenze di verità».(4) Sappiamo che queste Nostre parole contenute nella precedente lettera apostolica, non hanno potuto arrivare fino a voi; e perciò volentieri ve le ripetiamo per mezzo di questa enciclica; e sappiamo anche, con sommo conforto del Nostro animo, che voi avete perseverato nel vostro fermo e santo proposito, e che nessuno sfarzo è riuscito a staccarvi dall'unità della chiesa; perciò Ci congratuliamo vivamente con voi e ve ne diamo la meritata lode.

Ma, siccome dobbiamo preoccuparci dell'eterna salute di ciascuno, non possiamo nascondere la tristezza e l'angoscia del Nostro animo nel venire a conoscere che, pur mantenendosi i cattolici nella grande maggioranza fermi nella fede, tuttavia non sono mancati in mezzo a voi coloro che, ingannati nella loro buona fede, o presi dalla paura, o traviati da nuove e false dottrine, hanno aderito, anche di recente, a pericolosi «movimenti», che sono promossi dai nemici di ogni religione, specialmente di quella divinamente rivelata da Gesù Cristo.

Perciò la coscienza del Nostro dovere esige che vi rivolgiamo un'altra volta la Nostra parola per mezzo di questa lettera enciclica, con la speranza che essa possa arrivare a vostra conoscenza; sia essa di conforto e d'incoraggiamento per coloro che costanti e forti perseverano nella verità e nella virtù; mentre agli altri porti luce e i Nostri paterni ammonimenti.

Prima di tutto, poiché oggi pure, come avveniva anticamente, i persecutori dei cristiani li accusano falsamente di non amare la propria patria e di non essere buoni cittadini, desideriamo ancora una volta proclamare(5) - ciò che del resto non può non essere riconosciuto da chiunque sia guidato dalla retta ragione - che i cattolici cinesi non sono secondi a nessuno nell'ardente amore e nella viva fedeltà verso la loro nobilissima patria. Il popolo cinese - Ci piace ripetere quanto abbiamo già scritto a sua lode nella citata lettera apostolica - «fin dai tempi più remoti si è distinto tra gli altri popoli dell'Asia per le sue imprese, per la sua letteratura, e per lo splendore della sua civiltà; e, dopo essere stato illuminato dalla luce dell'evangelo che supera immensamente la sapienza di questo mondo, trasse da quella luce maggiori ricchezze per il suo spirito, cioè le virtù cristiane, che perfezionano e consolidano le stesse virtù civili.(6)

Inoltre Noi vediamo che voi siete degni di lode anche per questo motivo: cioè perché nelle quotidiane e lunghe prove, in cui vi trovate, voi percorrete proprio la via giusta, quando prestate, come si conviene a cristiani, rispettoso ossequio alle vostre pubbliche autorità nel campo di loro competenza, e, amanti della vostra patria, siete pronti al compimento di tutti i vostri doveri di cittadini. Ma Ci è anche di grande consolazione sapere che voi, all'occasione, avete apertamente affermato e ancora affermate che in nessun modo vi è lecito allontanarvi dai precetti della religione cattolica, e che in nessun modo potete rinnegare il vostro Creatore, per il cui amore molti di voi hanno affrontato tormenti e carcere.

Come già vi abbiamo scritto nella precedente lettera, questa sede apostolica, specialmente in questi ultimi tempi, con la più grande sollecitudine ha avuto cura della retta istruzione e formazione del maggior numero possibile di sacerdoti e di vescovi della vostra nobile nazione. Così il Nostro immediato predecessore Pio XI di f.m, ha consacrato personalmente nella maestosa basilica di San Pietro i primi sei vescovi, scelti dal vostro popolo; e Noi stessi, avendo grandemente a cuore il progressivo stabilirsi e il continuo quotidiano sviluppo della vostra chiesa, di buon grado abbiamo costituito la sacra gerarchia ecclesiastica in Cina; e per la prima volta nella storia, abbiamo conferito la dignità della porpora romana a un vostro cittadino.(7)

Desideriamo poi che venga quanto prima il giorno - a questo fine rivolgiamo a Dio ardentissimi voti e supplichevoli preghiere - in cui, anche presso di voi, vescovi e sacerdoti, tutti della vostra nazione e in numero sufficiente per le necessità, possano governare la chiesa cattolica nell'immenso vostro paese e così non vi sia più bisogno dell'aiuto dei missionari esteri nel campo del vostro apostolato. Ma la verità e il dovere di coscienza esigono che proponiamo alla diligente attenzione di voi tutti quanto segue: primo, questi predicatori dell'evangelo, che, dopo avere abbandonata la propria diletta patria, presso di voi fecondano il campo del Signore con le loro fatiche e i loro sudori, non sono mossi da motivi terreni, ma non cercano altro che illuminare il vostro popolo con la luce del cristianesimo, formarlo a costumi cristiani, aiutarlo con la divina carità; in secondo luogo, anche quando l'aumentato numero del clero cinese non avrà più bisogno dell'aiuto dei missionari esteri, la chiesa cattolica nella vostra nazione, come in tutte le altre, non potrà essere retta con «autonomia di governo», come oggi si usa dire. Infatti, anche allora, come ben sapete, sarà del tutto necessario che la vostra comunità cristiana, se vorrà far parte della società che è stata divinamente fondata dal nostro Redentore, sia del tutto sottomessa al sommo pontefice, vicario di Gesù Cristo in terra e con lui strettamente unita, per quanto riguarda la fede religiosa e la morale. Con le quali parole - è bene notarlo - si abbraccia tutta la vita e l'opera della chiesa: perciò, anche la sua costituzione, il suo governo, la sua disciplina, cose tutte che dipendono senza dubbio dalla volontà di Gesù Cristo, fondatore della chiesa. In forza di questa divina volontà i fedeli si dividono in due classi: clero e laicato; in forza della medesima volontà è costituita la duplice sacra potestà, cioè di ordine e di giurisdizione. Inoltre - ciò che parimenti è stato divinamente stabilito - alla potestà di ordine (per cui la gerarchia ecclesiastica è composta di vescovi, sacerdoti e ministri) si accede ricevendo il sacramento dell'ordine sacro; la potestà di giurisdizione poi, che al sommo pontefice viene conferita direttamente per diritto divino, proviene ai vescovi dal medesimo diritto, ma soltanto mediante il successore di san Pietro, al quale non solamente i semplici fedeli, ma anche tutti i vescovi devono costantemente essere soggetti e legati con l'ossequio dell'obbedienza e con il vincolo dell'unità.

E infine, per la stessa divina volontà, il popolo o l'autorità civile non devono invadere il campo dei diritti e della costituzione della gerarchia ecclesiastica.(8)

Tutti, devono inoltre notare - ciò che del resto per voi, venerabili fratelli e diletti figli, è evidente - che Noi desideriamo vivamente che giunga presto il tempo in cui per le necessità della chiesa cinese possano essere sufficienti i mezzi finanziari che i fedeli cinesi riescono a fornirle; però, come ben sapete, le offerte raccolte per questo presso le altre nazioni, hanno origine da quella carità cristiana per la quale tutti coloro, che sono stati redenti dal sacro sangue di Gesù Cristo, sono necessariamente uniti l'uno all'altro da un'alleanza fraterna e dall'amore divino sono spinti a propagare dappertutto, secondo le loro forze, il regno del Redentore nostro. E ciò non per fini politici o comunque profani, ma soltanto per mettere in pratica utilmente il precetto della carità, che Gesù Cristo ha dato a noi tutti e per il quale si riconoscono i suoi veri discepoli (cf. Gv 13, 35). Così hanno fatto volontariamente i cristiani di tutti i tempi, come già l'apostolo delle genti attestava dei fedeli della Macedonia e dell'Acaia, i quali spontaneamente inviavano le loro offerte «ai poveri dei santi che sono in Gerusalemme» (Rm 15, 26); e a fare la stessa cosa l'apostolo esortava i suoi figli in Cristo, che abitavano a Corinto e nella Galazia (cf.1 Cor 16, 1-2).

Infine, alcuni fra di voi vorrebbero che la vostra chiesa fosse completamente indipendente non soltanto; come abbiamo detto, nel governo e per la parte economica; ma pretendono di rivendicarle un'«autonomia» anche nell'insegnamento della dottrina cristiana e nella sacra predicazione.

Non neghiamo affatto che il modo di predicare e d'insegnare debba essere diverso secondo i luoghi e perciò debba essere conforme, quando è possibile, alla natura e al carattere particolare del popolo cinese, come pure ai suoi antichi tradizionali costumi; che anzi, se ciò verrà fatto nel debito modo, si potranno certamente raccogliere presso di voi maggiori frutti.

Ma - ciò che è assurdo soltanto a pensarsi - con quale diritto possono gli uomini di proprio arbitrio, differentemente secondo le differenti nazioni, interpretare l'evangelo di Gesù Cristo?

Ai vescovi, che sono i successori degli apostoli, e ai sacerdoti, che secondo il proprio ufficio sono i cooperatori dei vescovi, è stato conferito l'incarico di annunziare e insegnare quell'evangelo che per primi annunziarono e insegnarono Gesù stesso e i suoi apostoli, e che questa sede apostolica e tutti i vescovi, a essa uniti, hanno conservato e tramandato illibato e inviolato attraverso il corso dei secoli. Non sono dunque i sacri pastori gli inventori e i compositori di questo evangelo, ma soltanto i custodi autorizzati e i banditori divinamente costituiti. Perciò Noi stessi, e i vescovi insieme con Noi, possiamo e dobbiamo ripetere le parole di Gesù Cristo: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato» (Gv 7, 16). E a tutti i vescovi, di ogni tempo, può essere rivolta l'esortazione di san Paolo: «O Timoteo, custodisci il deposito, evitando le profane novità delle espressioni e le contraddizioni della falsa scienza» (1 Tm 6, 20); e così pure quest'altra affermazione del medesimo apostolo: «Custodisci il buon deposito per mezzo dello Spirito Santo che abita in noi» (2 Tm 1, 14). Non siamo dunque maestri di una dottrina scaturita da mente umana, ma secondo il dovere della nostra coscienza, dobbiamo abbracciare e seguire quella che ha insegnato lo stesso Cristo Signore e che egli, con solenne comando, ha ordinato di insegnare agli apostoli e ai loro successori (cf. Mt 28, 19-20).

Perciò chi è vescovo, o sacerdote della vera chiesa di Cristo, deve più e più volte meditare ciò che l'apostolo Paolo diceva della sua predicazione dell'evangelo: «Vi rendo... noto, o fratelli, che l'evangelo da me predicato non è secondo l'uomo; poiché io non l'ho né ricevuto né imparato da un uomo, ma per mezzo della rivelazione di Gesù Cristo» (Gal 1, 11-12).

E inoltre, essendo Noi certissimi che questa dottrina (di cui con l'aiuto dello Spirito Santo dobbiamo difendere l'integrità) è stata divinamente rivelata, ripetiamo queste parole dell'apostolo delle genti: «Anche se noi, o un angelo dal cielo, vi insegnasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo insegnato, sia anatema» (Gal 1, 8).

Potete dunque facilmente vedere, venerabili fratelli e diletti figli, come non possa pretendere di essere ritenuto e onorato del nome di cattolico colui che professi o insegni diversamente da quanto abbiamo fin qui brevemente esposto, come fanno coloro che hanno aderito a quei pericolosi principi, da cui è informato il movimento delle «tre autonomie» o ad altri principi dello stesso genere.

I promotori di tali movimenti con somma astuzia cercano di ingannare i semplici o i pavidi, o di allontanarli dalla retta via; a tal fine affermano falsamente che sono veri patrioti soltanto coloro che aderiscono alla chiesa da loro ideata, cioè a quella che ha le «tre autonomie». Ma in realtà essi cercano, per venire alla cosa principale, di costituire finalmente presso di voi una chiesa, come dicono, «nazionale»; la quale non potrebbe più essere cattolica, perché sarebbe la negazione di quella universalità ossia «cattolicità», per cui la società veramente fondata da Gesù Cristo è al di sopra di tutte le nazioni e tutte singole le abbraccia.

Ci piace qui ripetere le parole che sullo stesso argomento vi abbiamo scritte nella ricordata lettera apostolica: la chiesa cattolica «non chiama a sé un solo popolo, non una sola nazione, ma ama le genti di qualsiasi stirpe con quell'amore soprannaturale di Cristo che deve tutti unire tra loro come fratelli.

Perciò nessuno può affermare che essa sia al servizio di una particolare potenza; parimenti da essa non si può richiedere che, spezzata l'unità di cui il suo divin Fondatore l'ha voluta insignire, e costituite chiese particolari in ciascuna nazione, queste miseramente si separino dalla sede apostolica, dove Pietro, vicario di Gesù Cristo, continua a vivere nei suoi successori sino alla fine dei secoli. Se una qualsiasi comunità cristiana compisse tale cosa, inaridirebbe come un tralcio staccato dalla vite (cf. Gv 15, 6), e non potrebbe portare frutti salutari».(9)

Esortiamo dunque vivamente «nell'amore di Cristo» (Fil 1, 8) quei fedeli, di cui prima Ci siamo lamentati; a ritornare sulla via della resipiscenza e della salvezza. Si ricordino essi che se bisogna dare, quando è necessario, a Cesare quello che è di Cesare, a maggior ragione anche bisogna dare a Dio ciò che è di Dio (cf. Lc 20, 25); e quando gli uomini comandano cose contrarie alla volontà divina, allora è necessario mettere in pratica la massima dell'apostolo Pietro: «È necessario ubbidire a Dio più che agli uomini» (At 5, 29). Si ricordino inoltre che è impossibile servire due padroni, se questi comandano cose tra di loro opposte (cf. Mc 6, 24); e anche che è impossibile alle volte piacere a Gesù Cristo e agli uomini (cf. Gal 1, 10). E se talora avvenga che debba subire gravi danni chi vuole rimanere fedele al divin Redentore sino alla morte, egli tolleri ciò con animo forte e sereno.

Vogliamo, invece, ripetutamente congratularci con coloro che, sopportando penose difficoltà, si sono distinti nella fedeltà verso Dio e verso la chiesa cattolica e, perciò, «sono stati fatti degni di patire contumelie per il nome di Gesù» (At 5, 41); con animo paterno li incoraggiamo a continuare forti e intrepidi nel cammino iniziato, tenendo presenti le parole di Cristo: «... Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; ma piuttosto temete chi può far perdere nella Geenna e anima e corpo. ... I capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque. ... Chi dunque mi avrà confessato davanti agli uomini, lo confesserò anch'io davanti al Padre che è nei cieli; ma chi mi avrà rinnegato davanti agli uomini, lo rinnegherò anch'io davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mc 10, 28.30-33).

Certamente, venerabili fratelli e diletti figli, non è leggera la lotta che vi è imposta dalla legge divina. Ma Cristo Signore che ha dichiarato beati coloro che patiscono persecuzione per la giustizia, ha loro comandato di godere ed esultare perché abbondante sarà nei cieli la loro ricompensa (cf. Mc 5, 10-12). Egli stesso benigno vi assisterà dal cielo col suo potentissimo aiuto, affinché possiate combattere il buon combattimento e conservare la fede (cf. 2 Tm 4, 7); tutti, pure, vi assisterà con la sua efficacissima protezione la madre di Dio, Maria Vergine, che è anche la Madre amantissima di tutti. Essa, regina della Cina, vi difenda e vi aiuti in modo particolare in quest'anno mariano, affinché con costanza siate perseveranti nei vostri propositi; vi assistano dal Cielo i santi martiri della Cina, i quali sono andati incontro sereni alla morte per il loro vero amore alla patria terrena, e soprattutto per la loro fedeltà al divino Redentore e alla sua chiesa.

Intanto vi sia auspicio di celesti grazie l'apostolica benedizione che, a testimonianza della Nostra specialissima benevolenza, impartiamo con molto affetto nel Signore tanto a voi, venerabili fratelli e diletti figli, quanto a tutta la carissima nazione cinese.

Roma, presso San Pietro, 7 ottobre, festa del ss.mo rosario della beata vergine Maria, nell'anno 1954, XVI del Nostro pontificato.

 

PIO PP. XII


(1) PIUS PP. XII, Epist. enc. Ad Sinarum gentem qua paterna impertiuntur hortamenta in praesentibus rerum angustiis, [Ad venerabiles Fratres ac dilectos Filios Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios ceterumque cle rum ac populum Sinarum, pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 7 octobris 1954: AAS 47(1955), pp. 5-14.

Esortazione all'adempimento dei doveri cristiani, pur fra le difficoltà, perse verando nell'unità della chiesa, fermi nella fede, senza lasciarsi adescare da pericolosi movimenti promossi da nemici d'ogni religione, nonostante che siano falsa mente accusati di non amare la patria. La Santa Sede ha sempre curato di formare il clero cinese affinché il popolo sia autonomo per governo gerarchico ed economicamente, senza aver bisogno dell'estero; ciò non vuol dire però «autonomia» anche nell'insegnamento e nella predicazione, perché tutti i vescovi devono annunziare l'unico evangelo di Cristo. Non è perciò cattolico chi aderisce alle «tre autonomie» o ad altri simili princìpi, i cui promotori altro non intendono che costituire una chiesa «nazionale», che perciò stesso non sarebbe più «cattolica». Si esortano poi tutti a sopportare ogni persecuzione per rimanere fedeli alla legge divina.

(2) AAS 44(1952), p. 153ss; EE 6/1977.

(3) Ibidem , p. 157; EE 6/1987.

(4) Ibidem, p. 155; EE 6/1983.

(5) Cf. ibidem, p. 155; EE 6/1982.

(6) Ibidem, p. 153: EE 6/1977.

(7) Cf. ibidem, p. 155; EE 6/1983.

(8) Cf. CONC. TRID., sess. XXIII, De Ordine, cann. 2-7: COD 743-744: CONC. VAT. I, sess. IV: COD 811ss; CIC, cann. 108-109.

(9) AAS 44(1952), p. 155; EE 6/1982.

                



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